Nell’economia circolare niente deve essere un rifiuto per sempre. Concetto che pare una sorta di filosofia per un mondo migliore, ma che attraverso le ricerche di bioeconomia diventa invece realtà. Come accade ai ricci di castagna del Monte Amiata. Una volta aperti per liberare il frutto prelibato, sono solitamente destinati al cassonetto, ma adesso possono diventare materia prima per realizzare biocosmetici. È infatti dall’estratto dei ricci della castagna amiatina che si realizzano creme per il viso, saponi come Scrub Rose, shampoo solidi, profumi con il nome Castanea, tutti prodotti della linea Biocastanea, accompagnati da uno slogan accattivante: cosmetici per un mondo migliore. Il piccolo miracolo lo ha fatto la start-up innovativa SienabioACTIVE. Si tratta di uno spin off dell’Università di Siena con certificazione biologica internazionale: una benefit company che accompagna i propri obiettivi di profitto con equità, sostenibilità ambientale, inclusione e parità di genere, un’azienda a maggioranza e leadership femminile. La sede operativa è presso il Dipartimento di Biotecnologie Chimica e Farmacia dell’Università di Siena, la sede legale ad Arcidosso. Perché è dal cuore dell’Amiata che giunge l’indispensabile materia prima: i ricci di castagna.
Artefici di questo piccolo miracolo di riciclo sono tre scienziate dell’Università di Siena: Annalisa Santucci, capofila del progetto, professoressa ordinaria di Biochimica, Stefania Lamponi professoressa associata di chimica generale e inorganica, e Michela Geminiani, ricercatrice: “L’idea di partenza – spiega la professoressa Santucci – è nata semplicemente guardando un riccio e il suo contenuto, la castagna. Se la natura ha pensato ad una protezione così particolare e robusta per un frutto prezioso come la castagna, quel riccio pieno di spini doveva avere qualche particolare capacità antiossidante. È bastato passare alle analisi di laboratorio per avere la conferma: l’estratto di riccio ha potenti capacità curative, più degli stessi farmaci cortisonici o degli antibiotici”.
D’altronde, non è un caso che i depliant illustrativi di Biocastanea si aprano con una frase tratta dal “Piccolo Principe” di Antoine de Saint Exupery: “L’essenziale è invisibile agli occhi”. Proprio la ricerca dell’essenziale, cioè dell’estratto benefico contenuto nei ricci di castagna ha ispirato le ricercatrici senesi. Spiega Annalisa Santucci: “Il destino dei ricci di castagna è la combustione con relativa produzione di CO₂, riconosciuta come la causa principale del cambiamento climatico che provoca a sua volta gravi problemi nella produzione castanicola stagionale. Abbiamo voluto trasformare questo circolo vizioso in un virtuoso riutilizzo dello scarto di produzione castanicola. Così, nell’ambito del concetto di bioeconomia circolare, abbiamo deciso di trasformare uno scarto in risorsa. Grazie ad un progetto finanziato su fondi europei dalla Regione Toscana, finalizzato alla lotta al cambiamento climatico, abbiamo sfruttato attraverso la nostra ricerca universitaria la ricchezza antiossidante di uno scarto iconico come il riccio della castagna”.
Tutto di questo progetto divenuto realtà risponde ai criteri dell’economia circolare e della valorizzazione di un prodotto del territorio: “Utilizziamo solo ricci di castagna certificati IGP dalla Associazione per la Valorizzazione della Castagna del Monte Amiata – spiega Santucci – perché nel nostro territorio le castagne sono interamente biologiche. Abbiamo quindi ottimizzato un metodo green per estrarre sostanze antiossidanti dal riccio della castagna. Il nostro estratto e tutti i prodotti che ne derivano sono biocertificati. La nostra linea capelli è anche 100% vegana. Perfino il packaging è in carta riciclata e riciclabile, plastic free, ed è anch’esso frutto della lavorazione dei ricci di castagna”.
I prodotti di Biocastanea sono in vendita online e nelle farmacie comunali senesi. Ma le attività della start up dell’Università di Siena non si fermano ai ricci di castagna: “La bioeconomia è il cuore biologico dell’economia circolare promossa dal Green Deal Europeo e da Agenda 2030 e parte integrante della visione One-Health – dice Annalisa Santucci – Include tutte le attività economiche derivanti da prodotti e processi bio-based che hanno il potenziale di contribuire a soluzioni sostenibili per le sfide globali su cibo, salute, energia, ambiente. Attraverso la valorizzazione degli scarti biologici vogliamo trasformare i boschi, le terre coltivate, le coste e i processi produttivi ad essi collegati in biofabbriche naturali di sostanze bioattive, favorendo la realizzazione di prodotti innovativi secondari e terziari ad alto valore aggiunto. Per noi – conclude Santucci – gli scarti biologici sono in realtà biofabbriche naturali di sostanze bioattive”.
Da queste considerazioni è nato il progetto Chebapack, finalizzato non solo alla sperimentazione di materiali ottenuta dagli scarti della filiera castanicola ed a ottimizzare la tecnica di produzione di imballaggi da scarti della lavorazione della castagna, ma è anche mirato a innovare ed ampliare le possibilità di vendita delle castagne attraverso packaging e design innovativi.
Un altro progetto, sempre con origini toscane, è denominato Omnialgae, nato per una corretta gestione delle microalghe che infestano la Laguna di Orbetello. Anche in questo caso l’obiettivo è quello di riconvertire le alghe in prodotti nuovi, ecosostenibili e inseriti in un percorso di economia circolare evitando il conferimento in discarica con annessi costi economici e problematiche ambientali. Sembrano mission impossible, ma nei laboratori di SienabioActive già si pensa addirittura ad avviare una nuova ricerca legata alla muffa nera che fa morire le castagne.