Firenze – E’ il ventunesimo rapporto di Legambiente sull’ecomafia e riguarda la Toscana: e la conferma è di quelle che fanno male. Male soprattutto per chi ancora si culla sull’illusione che la nostra regione sia terra libera da mafie, una sorta di isola felice. Convinzione, a dire la verità,che nel momento in cui Legambiente Toscana presenta il proprio rapporto 2014, è ormai difficle mantenere se non serrando fortemente occhi e orecchie. Ma diamo voce ai dati: 1989 le infrazioni in senso assoluto rilevate, pari al 7% su scala nazionale; crescita dei reati nel ciclo dei rifiuti, che arrivano a 412 (dati 2013), sostanzialmente invariati quelli del cemento, 330. Unica nota positiva, il decremento deciso degli incendi boschivi. Un bollettino di guerra, soprattutto con riguardo al fatto che il rapporto di Legambiente riguarda in modo specifico i reati “storici” delle ecomafie.
Ma non è solo questo ciò di cui si è parlato stamattina, nel corso della conferenza stampa di presentazione del rapporto di legambiente cui hanno partecipato il presidente di Legambiente Toscana Fausto Ferruzza, Antonio Pergolizzi, coordinatore dell’Osservatorio nazionale ambiente e legalità di Legambiente, don Andrea Bigalli, coordinatore regionale di Libera, il sostituto procuratore della DDA di Firenze Ettore Squillace Greco.
Mafiie e giro d’affari
E ciò che emerge da quello che possiamo definire un vero e proprio pool di esperti soprattutto per quanto riguarda la “mafia economica” è in buona sostanza un principio: le mafie sono infiltrate profondamente e strutturalmente dentro i settori che fanno “guadagno”, e in particolare guadagno ingente. Esempi? La Toscana è la regione più aggredita dagli affaristi di mafia per quanto riguarda il suo ingente patrimonio artistico. Perché la logica mafiosa, e questo è un punto su cui Stamp si soffermò nel corso dell’intervista con un’esperta di confische di beni mafiosi come la docente dell’Università di Bologna Stefania Pellegrini, possiede il “dono” di capire dove si annidano i soldi. Rifiuti? Contraffazioni? Agroalimentare? Specificità delle economie regionali, come appunto il patrimonio artistico senza pari della Toscan? Ecco che i gangli del tumore si allargano e diventano metastasi aggredendo in modo subdolo l’organismo su cui impattano, sfruttando le sue stesse potenzialità. Di questo parla Pergolizzi, dopo l’ampia presentazione del rapporto fornita dal presidente Ferruzza, e sottolinea che il sesto posto della Toscana nella classifica italiana dell’illegalità ambientale non deve ingannare: il nostro territorio è quello maggiorente colpito dopo gli “insediamenti” tradizionali delle 4 regioni del Sud, Campania, Sicilia, Calabria e Puglia). Un occhio particolare per i risultati delle brillanti operazioni antimafia condotte in regione, che vedono un altissimo numero di denunce, 2008, di sequestri, 559, e due arresti.
Mafia e internazionalizzazione
Ma la pervasività della piovra, come sottolinea Pergolizzi, ha assunto un aspetto che va al di là della stessa emergenza, ed è quello dell’internazionalizzazione delle rotte dell’economia di mafia. Particolarmente evidente questo aspetto nel settore dei rifiuti e della contraffazione. la riprova è anche la “specializzazione” che le cosche hanno messo in essere per quanto riguarda i rifiuti; superato il livello della rotta dei rifiuti nord-sud con la scomparsa di ingenti e pericolose quantità in discariche abusive e occulte (la Terra dei Fuochi, dove sono finiti gran parte dei rifiuti di imprese anche toscane insegna) ora le “imprese mafiose” sono alla ricerca di materie prime, (tessili, ferrosi, plastici, terre rare) da riutilizzare e reintrodurre nel ciclo dell’economia illegale procurando non solo danni all’ambiente e alla salute pubblica, ma anche all’economia legale e al sistema stesso delle relazioni sociali. Altri dati, ancora pugnalate alla legalità toscana: rilevati 19 nuovi clan mafiosi sui settori rifiuti e cemento, per un totale, dal primo rapporto del 1994, di 321 clan censiti sul nostro territorio. Per un giro d’affari stimato, per difetto, intorno ai 15 miliardi di euro. E che coinvolge rifiuti, cemento, agroalimentare. Fra gli strumenti di contrasto a livello giuridico, annuncia Pergolizzi, una legge che sta per essere approvata in Parlamento che inserisce finalmente nel codice penale i reati ambientali. “Un testo non bellissimo – dice Perglizzi – ma un compromesso che è un passo in avanti, un segno di civiltà giuridica”.
Mafia e società
Già, perché il cancro mafia, come spiega in particolare Don Andrea Bigalli, non si “limita” ad uccidere il patrimonio ambientale e il tessuto economico dei paesi che aggredisce (ormai il livello è mondiale) ma va a procurare il danno peggiore in prospettiva: quello di distruggere il senso stesso della legalità, che significa in buona sostanza, uccidere il concetto stesso di bene e di male. Esempi? “Il dato sconcertante- dice Don Bigalli – è che, nonostante il dilagare della consapevolezza pubblica, i casi di corruzione aumentano. E’ questa la matrice che rende “facile” il gioco delle mafie, la madre da cui deriva tutto il resto. Se imprenditori e politici sono così deboli, se sono così corruttibili, il segnale è di un’intera società che cede le armi. Dunque, è importante che si concentri l’attenzione sull contrasto alla corruzione. Ci troviamo a fronteggiare non solo una crisi ambientale, ma anche una crisi della democrazia che produce futuro incerto. Ci manca il senso del governo condiviso, vale a dire della democrazia. Dunque, attenzione a parlare solo di politica, ognuno deve fare la propria parte. Ci stiamo allontanando da un parola, la legalità. Che da sola non basta: è necessaario integrarla con il concetto di bene comune”. Fra i vari mezzi di contrasto alle mafie, Don Bigalli ne sottolinea uno che i lettori di Stamp già conoscono: la mappatura regionale dei beni confiscati. Un modo concreto, simbolico e culturale per affermare che il controllo del territorio “non è roba loro”, “deve essere chiaro che questo paese – don Bigalli fa una pausa – non sarà mai loro”.
Mafia, un bilancio ventennale: rifiuti uguale “oro nero”
Di bilancio, dopo vent’anni di impegno anche personale, parla il sostituto procuratore della DDA fiorentina Ettore Gteco Squillace. La considerazione generale: “I dati dii quest’ultimo rapporto sono significativi come quelli degli anni precedenti. Ormai un dato è acquisito: nesso fra criminalità ambientale e interessi mafiosi e il nesso fra corruzione e criminalità organizzata”.
Con i rifiuti si fanno un sacco di soldi, sono una sorta di oro nero: “Prima di noi lo hanno scoperto le mafie, come hanno scoperto e colonizzato un settore essenziale come la contraffazione”. Il fenomeno dunque, secondo il procuratore Greco è il seguente: mafie storiche in segmenti economici nuovi. Settori, sottolinea, in cui i guadagni sono ingentissimi: un’onda pari a uno tsunami che sconvolge e massacra l’economia legale, una forza dirompente che attraverso la corruzione modifica rapporti economici, sociali, un intero tessuto regionale, nazionale, mondiale.
Un’onda di denaro liquido, sporco e insanguinato che guadagna un’altra “gamba” alla sua invasione, quella di una burocrazia complessa e barocca che offre innumerevoli rivoli e svolte, ottimo viatico per la corruzione, spiega Greco. In causa, sono tutte le istituzioni: ad esempio, il reato di traffico di rifiuti ha aiutato, ma non basta, dal momento che può essere richiamato qualora ci siano una serie di condotte che assumono sistematicità. “Se invece si tratta di un solo episodio, nonostante si possa sospettare, non si può indagare e utilizzare intercettazioni. Un episodio singolo senza elementi indiziari sufficienti non può essere utilizzato per svolgere indagini”. E dunque? “Serve un salto di qualità, sia sul piano normativo, sul piano dei controlli e amministrativo”. Insieme a un altro strumento, aggiunge Greco, “dobbiamo trovare anche per la criminalità ambientale il modo per aggredire i patrimoni illeciti”.
Ma come mai l’innalzamento dei reati ambientali, in particolare sui rifiuti, sembra inarrestabile?
“Intanto – risponde Greco – i soggetti mafiosi offrono servizi alle imprese che svolte in condizioni di normalità sono costosi: potere smaltire i rifiuti con un 10% dei costi ordinari è una tentazione fortissima, in particolare in tempi di crisi”.
Mafia e zona grigia
Perché il vero problema, quello su cui si giocherà il futuro della nostra economia e di quella internazionale, è il contrasto alla piovra nella cosiddetta “zona grigia”, quell’umbratile confine in cui i soggetti di mafia stanno sul sottilissimo limite della legalità-illegalità. Quello in cui si avverano anche quei comportamenti che non si possono mettere sul piano dei reati (per cui scatterebbero le indagini) e rimangono sotto il pelo dell’acqua, punibili attraverso contravvenzioni. Non solo: nella sua capacità mimetica, la piovra avanza anche atraverso partecipazioni nel patrimonio (e nei cda) di tante storiche e insospettabili, grandi aziende. “Basta un momento di difficoltà, una necessità imporvvisa di liquido – conclude Greco – e il gioco è fatto. Grisaglia, credibilità e competenze hanno soppiantato lupara e coppola. Ma non per questo è diminuito il pericolo”. Anzi.