Quando c’è odore di poltrone anche le famiglie più felici e recenti rischiano la crisi del…settimo mese. Accade regolarmente in casa Pd alle prese col dualismo messo in campo da due contendenti forti alla carica di Presidente della Regione Emilia Romagna dopo che Vasco Errani è caduto in disgrazia giudiziaria. La poltrona, tenuta in caldo per un Graziano Delrio in rotta con Renzi ma che lui stesso ha rifiutato, è diventata strategica nello scacchiere degli equilibri di partito.
Da una parte Stefano Bonaccini, 47enne modenese segretario regionale del partito democratico, dall’altra Matteo Richetti, deputato 40enne, pure modenese, entrambi renziani chi della prima chi della seconda ora. D’accordo oggi il Pd è in gran parte schierato sulle posizioni ancora trainanti del Capo del Governo e dunque l’affiliazione fa poco testo. Eppure, assicurano da ambienti molti vicini al Premier, nonostante Bonaccini sia diventato renziano per forza inerziale rispetto ad un Richetti dalla fedina renziana più immacolata, se il nostro Matteo Renzi dovesse scegliere sarebbe decisamente più propenso nei confronti del segretario regionale.
Bonaccini è più politico oltre che espressione della intellighenzia bersaniana passata all’ex sindaco di Firenze, Richetti invece troppo “autonomo” per Renzi e meno “governabile” diciamo così, in un momento in cui (seppur lungo mille giorni) la fedeltà indiscussa al Capo è sinonimo di efficienza sia agli occhi del cittadino italiano non più entusiasta, sia a quelli di un’Europa merkeliana che continua ad invocare estremo rigore per il nostro Paese. Ma Richetti ha dalla sua il popolo renziano purista (forse addirittura più volubile agli occhi del Premier) e dunque assolutamente vietato esprimersi in un senso o nell’altro. Lo esige anche la ferrea logica di partito. Renzi dunque nel dibattito in corso in regione non farà nemmeno una delle sue solite battute. Ma noi sappiamo chi, in cuor suo, vorrebbe vedere al posto di Errani.