Prato – Finalmente la prima, l’attesa prima della nuova stagione musicale della Camerata città di Prato. Giovedì 7 novembre alle ore 21, consuete, Jonathan Webb, ha aperto come direttore musicale, la serata dedicata a Beethoven ed a Richard Strauss del cui corre il 150° dalla nascita. Il debutto ufficiale, ha coinciso con un eccellente prova dell’orchestra. La sala era colma di spettatori in tutto il teatro per il giusto omaggio all’ormai fondamentale appuntamento pratese.
Ospite principale, il giovane pianista israeliano Shai Wosner. Tuttavia, l’orchestra è stata la giusta protagonista della serata. L’Ouverture Egmont di Beethoven opera 84, le ha fornito l’opportunità sincera di presentarsi, brillante e sensibile all’ascolto del pubblico. Sulla tragedia omonima di Goethe, la celebre musica è il prologo ad altri nove pezzi che compongono le scene dell’Egmont, ispirata all’eroismo del principe prussiano simbolo dell’indipendenza fiamminga dalla Spagna di Carlo V e Filippo II, infine arrestato e decapitato. L’ardore di queste pagine, che emerge a distanza di sette anni dopo la terza sinfonia in Mi bemolle maggiore, è anche la lode all’arte del poeta tedesco che con Beethoven non trovò mai conferme di simpatia e solidarietà in maniera completa.
Sebbene l’estetica di Goethe mirasse ad altro, Beethoven ne trasse l’energia del nuovo spirito libertario e rivoluzionario che dell’Eroica era e resta, un esempio. Da qui Webb, ha portato l’orchestra a solida espressione; ne ha rilevato vari aspetti orchestrali, chiamato i corni, le trombe e i timpani, sottolineate dall’opera degli archi, in grande spolvero, fino ai delicatissimi passaggi del clarinetto. E’ il Beethoven del linguaggio musicale assoluto che chiama l’umanità ad osservare se stessa nella ricostruzione del sentimento comune della lotta contro il giogo della schiavitù, che dirompente, s’espone nelle pagine dell’Ouverture.
Musica per l’orchestra, che poco dopo trova assieme al pianista Shai Wosner, un altro mondo espressivo, quello del giovane Richard Strauss, con duttile capacità d’esecuzione. Dal pianista israeliano, infatti, sono sorte vivaci note che hanno attratto l’attenzione del pubblico. Nell’esecuzione del concerto, Wosner è apparso efficace, dotato di vasta tecnica e sicura interpretazione. Per tutto il concerto Wosner, ha riprodotto i tempi e i rimandi a Liszt, prima, e a Brahms, poi. Richard Strauss in modo burlesco, appunto, n’aveva approfittato d’esporre alcuni aspetti nel suo concerto per pianoforte. Per lui, infatti, sia l’uno come l’altro, erano stati maestri. Il concerto in re minore per pianoforte ed orchestra, al bivio della scelta estetica di Strauss, ha lasciato tracce ammirate nella serata, di un’anima che percorse altre strade nell’opera geniale ed inconfondibile della sua musica. Nel rispetto della tradizione italiana, al commiato il pianista israeliano ha presentato due brevi bis schubertiani, tra cui una piacevole melodia ungherese.
Nella seconda parte della serata Webb, che non si è stancato di ringraziare il pubblico, ha diretto la terza sinfonia di Beethoven. Nei tratti introduttivi del secondo movimento, il clarinetto va citato per un attimo di luminosa intimità; certo un episodio della marcia funebre, che però coglie impreparati ad un’emozione sì particolare. Il quarto movimento chiude la sinfonia nel trionfo dei legni, fagotti, clarinetti, dei corni e dagli archi, ad attestare il finale irrequieto e gioioso. Webb e l’Orchestra della Camerata, hanno ricevuto un lungo applauso. Hanno poi, a fine del concerto, accordato un bis. In omaggio ad un ragazzo tredicenne che alle prove della mattina, ha raccontato il maestro Jhonathan Webb, era venuto assieme ad altri allievi delle scuole di Parto per ascoltare la prova generale, lasciandogli uno spartito della sua musica. Il sospetto è, che le pagine dedicate, fossero quelle del tredicenne Mozart.