Firenze – Il mondo che Matteo Salvini si era immaginato frequentando spiagge e piazze, bagni di folla e gare di selfie era completamente diverso da quello che si è trovato in Senato.
Ma “il mondo è piccolo e anche tanto cattivo” come dice Klaus Kinski a Clint Eastwood (in Per qualche dollaro in più) e quella che doveva essere la mossa finale di una partita giocata senza esclusione di colpi, si è rivelata nella sostanza un processo con un unico imputato, lui. L’accusa tenuta da un fine giurista, il presidente del Consiglio uscente Giuseppe Conte, la difesa da nessuno (i fedelissimi non contano).
Così l’ex ministro dell’Interno castiga-migranti, ha avuto quello che si meritava: responsabile unico di una crisi irresponsabile, irrispettoso delle regole democratiche, attento solo ai calcoli personali e di partito e non agli interessi del Paese, uno che sbandiera simboli religiosi facendosi beffe dello stato laico e della libertà di religione, totalmente carente di cultura istituzionale, spregiatore del Parlamento democratico, finto amico ma pronto a pugnalare alla schiena un governo in un momento cruciale per la stabilizzazione dei conti pubblici e le misure contro la recessione in arrivo. La requisitoria di Conte.
Accuse fondate? Certo, perché l’imputato non ha fatto altro che condurre per mesi un’ininterrotta campagna elettorale, trascurando il suo ruolo istituzionale e gli obblighi che tale ruolo impone di rispetto della Costituzione e di ragionevole gestione del potere. Aizzando odi e tensioni invece che smorzarli e dirimerli e dunque favorendo un clima di esclusione, discriminazione e umiliazione che è l’anticamera (e si è purtroppo visto) di ogni violenza.
Come un professore pignolo e severo, Conte ha letto il suo atto d’accusa al quale hanno fatto eco gli oratori dell’opposizione e anche ex alleati (sventolare il rosario in certe zone calabresi è un segnale mafioso, ha detto il presidente 5S della Commissione antimafia Nicola Mora, “ma lui forse non lo sapeva”) .
Salvini si è difeso con mosse disarmanti, che hanno più il sapore di un andarsi a nascondere per sfuggire alla resa dei conti. Mozione di sfiducia della Lega ritirata, proposta di continuare nell’alleanza per approvare la riduzione dei parlamentari, aria da grande vittima di un complotto politico, mostrando al popolo le ferite, anche umane poveretto, che questa ignobile congiura contro di lui gli ha inferto. Guardate, guardate se la prendono con me per fare i loro inciuci. L’ultima trincea degli arroganti.
Così, colui che non frequenta le aule parlamentari ha avuto una lezione di democrazia dalla quale farà fatica a riprendersi, mentre altri gestiranno i cocci del cosiddetto governo del cambiamento. Conte si è dimesso e la palla è passata al presidente Sergio Mattarella che comincia subito le consultazioni. Tutto è ancora possibile, ma il dibattito in aula ha messo in luce una maggioranza pronta a sostenere un governo istituzionale che possa almeno condurre in porto una delicatissima manovra finanziaria per scongiurare il pericolo dell’aumento dell’Iva.
Chi guiderà questo governo? Conte ha pronunciato un discorso che conteneva già un programma: lavoro, industria, tutela dei deboli, i giovani che non dovrebbero più migrare. E’ pronto dunque per un governo con il Pd. E in ogni caso ha seguito uno dei consigli più acuti di un suo famoso predecessore, maestro di politica, Giulio Andreotti: “Quando si cade, si cade a sinistra, così si mantengono aperti tutti gli spazi di manovra”