E il Pil s’impenna coi problemi (volutamente?) irrisolvibili di droga, prostituzione, immigrazione clandestina

Come è noto, non si può certo dire che noi italiani manchiamo di creatività. In un Paese condannato da sempre dalla propria avarizia di risorse naturali, dalla frammentarietà delle proprie culture, dalla orografia dissennata e impercorribile, un unico stendardo di affratella e ci unisce: la creatività, ovvero, l’arte di arrangiarsi, di spremere il sangue dalle rape. Nessuno ha da insegnarci niente, proprio niente sul come inventare dal nulla fonti insospettabili di ricavi per far levitare il PIL verso altitudini stratosferiche. C’è un problema? Lo si risolve, e il PIL s’innalza. Non c’è un problema? Lo si crea, indi lo si risolve, e il PIL s’innalza. Ma se poi lo si risolve, direte voi, il guadagno finisce. Appunto.

Per spiegare il meccanismo, prendiamo ad esempio tre problemi molto molto sentiti dalla popolazione tutta, grandemente sanzionati dalla nostra civile società in quanto non solo comportamenti sgradevoli, ma anche reati. Il primo: lo spaccio di stupefacenti. Se assumiamo che gli stupefacenti facciano male, allora certo, distribuirli è anch’esso male, ergo è una pratica da vietarsi; e chi la persegue opererà al di fuori della, e contro la, legge, incorrendo nelle sanzioni a tal proposito previste. E fin qui tutto lineare, giusto? Resta casomai da approfondire alcuni annosi quesiti che sono sempre stati lasciati in sospeso: quale reale danno causano detti stupefacenti? Il danno che causano in che misura incide sulla capacità psicofisiche e sulla qualità della vita di chi li usa, caso per caso? E, nel momento in cui si assume per dato che i due stupefacenti in assoluto più dannosi e spessissimo letali, vale a dire il fumo e l’alcool, sono o amplissimamente tollerati o addirittura promossi nel consumo addirittura dallo Stato, che non vorrebbe perdere le prebende derivanti dal gettito del Monopolio (gettito che comunque non consente di sopperire neppure ad una minima parte dei danni causati, peraltro), questa problematica è davvero tale? Ma torniamo a noi: abbiamo parlato in premessa di vantaggi per l’economia, e come dicevamo poc’anzi, questi non discenderanno certamente dal gettito fiscale.

No; il vero impatto sul PIL lo avranno invece le infinite ramificazioni del commercio illecito che le organizzazioni criminali del nostro Paese, più alcune note internazionali, portano avanti con piglio imprenditoriale che fa da sempre impallidire, quanto a remuneratività e logistica, le migliori imprese del Paese. E’ tutto PIL che fa brodo, eh. Persino nell’antica Roma si era tenuto conto di questa cuccagna, dalla quale deriverano stili di vita e quindi costumi, e consumi, tassabili. Resta misterioso come, per scongiurare il traffico illecito, sia sia deciso di legalizzare fumo e alcool (a fronte di evidenti disastri sia in casa nostra, sia altrove), mentre per sostanze meno dannose si sia intrapresa una diversa strada, che idealmente dovrebbe sempre portare verso la galera. Quindi, è inutile girarci intorno: lo Stato ammette di aver perso la battaglia col vizio, e anzi, ci mette l’imprimatur con tanto di fascette. Ergo, lo Stato spaccia; però non si può dire che spacci se è legale, quindi semplicemente vende e distribuisce.

Sotto lo stesso ombrello di problematiche è da considerarsi anche l’altra annosa onta schivata grazie all’intervento della Senatrice Merlin, ovvero: già abbiamo uno Stato che spaccia, mica vorremo che faccia anche da pappone, no? E quindi, giusto per proseguire con l’impostazione culturale del divieto, che si è visto nei casi di beni la cui domanda è anelastica rispetto all’offerta che fine faccia (per chi mastichi di economia, non saranno misteri irresolubili), ecco il divieto di prostituirsi, perlomeno in una forma che non possa essere immediatamente riconoscibile; tipo, il matrimonio, oppure i contratti formazione lavoro. Ma siccome poi dice, eh ma per queste soggette è una fonte di reddito, allora siccome siamo Repubblica affondata sul lavoro non sia mai, prostituitevi pure liberamente; però diventa un reato essere clienti. Non parliamo poi dello sfruttamento, e giustamente. In sostanza, è facile capire come tutto ciò conduca ad una situazione in cui una domanda sempre in crescita venga soddisfatta in maniera completamente illecita da un’offerta sempre in crescita, che alimenta a sua volta la domanda, e via così; in un gorgo spaventoso i cui costi, essendo i beni indisponibili, dovrebbero essere in crescita verticale, alimentando a loro volta il meccanismo dei beni di Veblen (ossia: beni la cui desiderabilità cresce al crescere del costo). Cosa che invece per fortuna non accade, perché il mercato della prostituzione è sempre ampiamente rifornito da una generosissima immigrazione, sia da Paesi ora UE (e quindi il problema non si pone: sono solo lavoratrici straniere), sia da Paesi extra UE per le quali ancora non si è innescato il giochino a orologeria che invece rifornisce di tante braccia l’attuale mercato di tanti lavori. Manco a dirsi, anche questo genera Mississippi di soldi che finiscono nelle tasche di tutte le mafie italiane e delle consociate straniere sul territorio, che poi comprano da noi un sacco di favolosi beni di consumo, che sono poi posti di lavoro e quindi stipendi e quindi PIL eccetera.

E per pura forza di gravità finiamo dritti dritti nel problema dell’immigrazione clandestina. Che fino a quando non era immaginata come reato, non esisteva; vale a dire, io da domani dico che la cosa che stai facendo è reato, ergo, creo il criminale. Tale è stato l’impatto dei regolamenti di Schengen in materia, di nuovo, importantissimo per il PIL italiano e con ricadute così straordinariamente coordinate coi primi due esempi che facevamo che a farlo apposta non ci si sarebbe riusciti: il Tizio Extra Ue è illegale sul territorio ergo non trova lavoro ergo se vuole mangiare spaccia ergo si prostituisce ergo si presta a servire come manodopera non solo per le pratiche di cui sopra, ma anche in qualità di lavorante prezzo aziende regolarmente riconosciute legali e legittime che lo sfruttano ben sotto i livelli dello schiavismo antico per abbassare il costo del lavoro (con grande scorno e gelosia di Confindustria che da tanto tempo vorrebbe tornare a certi fasti ma trova sempre ingiustificati ostacoli sul proprio cammino). E non fermiamoci qui: la macchina dell’immigrazione clandestina rende non solo a livello di pezzi di ricambio, ma anche di logistica degli stessi, perché da ogni trasporto, da ogni contratto farlocco, da ogni presa di contatto screma la sua parte: un meccanismo geniale ed estremamente remunerativo. E non finisce certo qui; perché siccome se vieni pescato a commettere il reato di aver commesso il reato finisci in galera, alimenti anche il mercato degli sponsor politici di determinati parti, per non dire di quello, prossimo su questi schermi, delle carceri private. Che siccome stiamo parlando né più né meno di leggi criminogene, le carceri sicuramente non restano a secco di ospiti, la gran parte proprio a causa di esse e per i soggetti così descritti; e siccome le strutture disponibili scoppiano, si sta andando zitti zitti, lemmi lemmi a impostare un futuro di nuovi appalti truccati, nuove lotte all’ultimo sacco di cemento, alla conquista del contratto di Stato e fors’anche della partecipata, chi lo sa; tutto PIL, s’intende.

Lasciamo a voi fare il calcolo di quanto costa allo Stato e quindi alla popolazione tutto questo vortice di genialate, e siccome sono soldi spesi vengono immediatamente calcolati nell’attivo del PIL e il debito pubblico in proporzione cala. Semplice e geniale. Non che noi si sia a favore di una legalizzazione tout court di tutto quanto di cui sopra, a prescindere e generalizzando; è certo però che questa antica mossa del vietare, oltre che obsoleta, pigra e inefficace, dovrebbe risultare anche sospetta. Perché se vogliamo continuare a non analizzare i fenomeni per trovare delle soluzioni, laddove possibile, concrete nel campo del reale, delle due l’una: o assumiamo che lo Stato sia inerme di fronte a certi fenomeni, e quindi non si capisce perché non si arrenda subito, oppure dobbiamo riconoscere che lo Stato non può essere spacciatore, pappone, schiavista, però evidentemente fa da palo e viene ricompensato con parte del malloppo.

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