Il premier eletto a furor di primarie ha già le scarpe nella palude. Prima ancora di ricevere l’incarico da re Giorgio, Matteo Renzi trova già alle prese con distinguo e veti incrociati. A destra, dove Alfano ha già alzato la posta sui diritti civili, a sinistra – nel suo partito, con Civati che ventila una scissione, puntando dritto al cuore di Sel. Intanto il capo dello Stato prende tempo è rinvia tutto a lunedì. D’altronde, “servono spazio e serenità”.
Senza andare troppo in là con la fantasia, si sta delineando uno scenario che vede ancora una volta il Gran condannato di Arcore protagonista anche nell’esilio parlamentare. Perché si è dimostrato l’interlocutore più affidabile sul fronte delle riforme istituzionali. E se è vero che Renzi dice di volere tirare al 2018 con una legislazione costituente, il Cavaliere è destinato a giocare un ruolo di protagonista, anche con le manette ai polsi. A questo punto Renzi è costretto a prendere l’aula per le corna, o con me o contro di me. Con l’unica arma deterrente delle elezioni anticipate. Perché non si può chiedere ai tacchini di candidarsi per il giorno del ringraziamento. Il rapporto con la maggioranza rischia di essere un gioco di equilibri fondato sul ricatto reciproco e la paura. Una versione ancora più patologica delle larghe intese che hanno infine stritolato Letta, capro espiatorio di un partito a metà tra la mutazione genetica e la guerra civile.
Dati questi presupposti, è pensabile che l’azzardo del sindaco abbia qualche successo? Razionalmente, la risposta sembrerebbe negativa. Solo Renzi ha il potere, il dovere, (le capacità?) di convincere gli italiani che sì, era giusto andare a palazzo Chigi da nominato, che non si poteva fare altrimenti per evitare il disastro. A costo di rinnegare l’uomo della Leopolda per dimostrare di essere uno statista.
Nel frattempo registriamo che il nostro illustre concittadino Graziano Delrio è pronto per diventare il Gianni Letta di Renzi. Rimasto saggiamente lontano dalle grane ministeriali, l’ex sindaco di Reggio si candida per un posto di potere al riparo dalla tempesta. Facciamo una scommessa: Delrio dura più di Renzi.