Guardare la Molina ballare è una di quelle esperienze da fare nella vita.
E a me il flamenco non piace neanche!
“Afectos” è uno di quegli spettacoli in cui l’esperienza estetica travalica il genere e il gusto, in particolare e soprattutto per quella danzatrice, così perfetta da essere allo stesso tempo bella e brutta, armoniosa e disarmonica.
Accanto a lei e ai suoi gesti, che rubano la scena, che si impongono allo spettatore sopra ogni gusto artistico, Rosario “la Tremendita”, musicista cantante della tradizione del flamenco e Pablo Martin al contrabbasso e loops, un vero tocco di contemporaneità sonora allo spettacolo.
Questo lo spettacolo andato in scena mercoledì 10 febbraio all’interno del Teatro Ariosto.
Il risultato di questo mix a tre è stato entusiasmante. Entusiasmo che, ammetto, mi mancava un po’ prima dell’inizio dello spettacolo e che invece aveva portato a teatro un nutrito numero di estimatori ed estimatrici che durante tutta l’esibizione hanno sospirato e sonoramente espresso il proprio giubilo per quella performance incredibile.
Rocìo Molina era la protagonista assoluta – in questo spettacolo a tre – per la capacità naturale di accentrare l’attenzione su di sé, sui suoi passi e sulle sue movenze. Un po’ flamenco e un po’ Nijinskij, tanta tradizione, tanti passi della scuola tradizionale ma anche tanta capacità interpretativa, tanto estro, tanta sensibilità. Tanta – fondamentale per un performer – capacità di coinvolgere (e lo dice una a cui il flamenco manco piace!) di empatizzare il gesto e l’azione con il pubblico.
Capacità naturale di certo sostenuta dalla forte impronta ritmica dello spettacolo, di contrabbasso, chitarra e loop, ma data anche dello stesso corpo della Molina, strumento percussivo per eccellenza, schioccato, sfregato e pizzicato ossessivamente, fino a diventare musicalmente paritetico ai legni e alla voce roca e ruggente della Tremendita.
Un fascino incredibile e senza tempo che travalica le musiche struggenti e un po’ stucchevolmente patetiche della tradizione spagnola, pur senza poterne fare a meno del tutto, forse, ma che di certo riesce a trasformare – esperimento non sempre riuscito – un’arte antica in una rappresentazione perfettamente moderna.