La notizia è clamorosa e forse, proprio per questo, l’Italia bigotta dei proibizionismi l’ha volgarmente celata. Nulla è uscito sui mass-media televisivi e radiofonici, nulla sulla carta stampata, tranne l’eccezione del Garantista e di due siti internet che meritano di essere citati per il loro scoop: mi riferisco a Linkiesta e Ibtimes.com. Qual è la notizia? Giudicate voi se sia clamorosa o meno: la Direzione nazionale Antimafia (Dna), nella sua relazione annuale (730 pagine), si è espressamente pronunciata per la depenalizzazione delle sostanze stupefacenti leggere, fornendo dati eclatanti e proponendo argomentazioni che sembrano strappate dalla bocca di Marco Pannella. Il quale, da quando fumò in pubblico il famoso spinello – era il 1975! – , non ha mai smesso di battersi per la legalizzazione, peraltro ottenendo successi da più parti giudicati impossibili, come accadde nel referendum radicale del 1993, quello che sancì la non punibilità dei consumatori di droghe illegali. La relazione della Dna riferisce di un rilevantissimo picco di incremento dei sequestri di cannabis rispetto allo scorso anno: siamo arrivati ad un aumento pari al 120 per cento, con 147.132 chilogrammi intercettati e distrutti; il che vuol dire che – essendo il quantitativo sequestrato inferiore di almeno 10-20 volte a quello consumato – la massa circolante di cannabinoidi soddisfa un mercato di “dimensioni gigantesche”. Ogni abitante in Italia, compresi vecchi e bambini, ha a disposizione dalle 100 alle 200 dosi all’anno. Il fenomeno del consumo di cannabis, secondo la Dna, è paragonabile “quanto a radicamento e diffusione sociale” a quello dell’utilizzo di altre sostanze lecite quali alcool e tabacco.
La Direzione nazionale Antimafia ammette il “totale fallimento dell’azione repressiva” nonostante il massimo sforzo profuso dalle Forze dell’ordine nel contrastare il fenomeno, e suggerisce al legislatore di valutare, seppure in un contesto più ampio come quello europeo, la depenalizzazione della materia, di cui descrive con precisione i vantaggi: deflazione dei carichi giudiziari, possibilità da parte delle Forze dell’ordine e della magistratura di dedicarsi con più incisività al contrasto di fenomeni criminali più gravi e, non ultimo, sottrazione alle associazioni di tipo mafioso di un mercato altamente redditizio. Fra i vantaggi non vengono contemplati gli introiti che lo Stato italiano incamererebbe da una legalizzazione simile a quella di alcool e tabacco; si tratterebbe di svariati miliardi di euro che potrebbero essere destinati ad una corretta informazione rivolta alle fasce giovanili sui rischi da abuso. Abbiamo, dunque questa notizia eclatante appena esposta.
Abbiamo avuto una manciata di giorni fa la decisione della Corte di Cassazione che per la seconda volta è intervenuta sulla ex legge Fini-Giovanardi (dichiarata incostituzionale un anno fa) sancendo la necessità di rivedere al ribasso le pene comminate durante gli otto anni di vigenza della famigerata legge. Cosa fanno Parlamento e governo, mentre migliaia di persone continuano a subire nelle infami carceri italiane una pena dichiarata illegale? Niente.
Per i radicali sarebbe d’obbligo un provvedimento di amnistia e di indulto. L’ex Presidente Napolitano si è pronunciato un anno e mezzo fa con il suo inascoltato messaggio alle Camere, ma anche la Consulta, la Suprema corte e da ultimo appunto, udite udite, la Direzione nazionale Antimafia.
Rita Bernardini dal Garantista