Non ci credeva più nessuno. Fino a poche settimane fa la stazione Mediopadana sembrava destinata a restare un bellissimo progetto firmato da un grande architetto. Invece, nel volgere di pochi giorni tutto è cambiato: sono arrivati i soldi e con quelli la certezza, salvo clamorosi colpi di scena, che il cantiere partirà. Ma la partita non è chiusa: al contrario, la stazione porta con sè una serie di problemi che vanno ben oltre i dubbi avanzati dall’ad delle Ferrovie dello Stato Mauro Moretti sul numero di treni che si fermeranno a Reggio. Sono problemi che riguardano l’urbanistica, i trasporti, le infrastrutture, il futuro stesso dell’Area Nord. E’ proprio del futuro che parliamo con l’architetto Mauro Severi, il professionista che ha diretto i lavori di restauro di alcuni fra i più importanti monumenti storici reggiani.
Architetto, partiamo dalla stazione Mediopadana.
Fino a non molto tempo a Reggio erano in pochi a credere che venisse realizzata. Ormai non ne parlava più nessuno e anche qualche politico l’aveva ormai archiviata. Oggi invece la stazione Mediopadana – che io chiamerei “Tricolore” – è una realtà e l’impatto che avrà è tutto da verificare perché ciò che avverrà a Reggio interesserà una vasta area che comprende le provincie di Mantova, Modena, Parma. Nelle ultime settimane, insomma, la situazione è cambiata radicalmente ma gli strumenti urbanistici non sono del tutto adeguati.
Si spieghi meglio architetto.
Ritengo che la nostra pianificazione sia stata dimensionata sul territorio reggiano, senza tenere contro che la stazione interesserà una vasta area. Allora sono necessari collegamenti, servizi che abbiano la possibilità di essere adeguati nel tempo per andare incontro alle esigenze che col passare del tempo inevitabilmente emergeranno. Penso alla viabilità, innanzitutto: la stazione deve essere facilmente raggiungibile. Allora dobbiamo pensare alle strade e ai parcheggi, ma anche all’adeguamento del sistema ferroviario.
Qualsi sono secondo lei gli interventi prioritari?
Sul fronte della viabilità, resta da collegare il nodo del Brennero con una strada parallela alla Tav; la via Emilia Bis, sul fronte opposto, è un’opera fondamentale. Ma non penso solo alle strade, perché l’adeguamento del sistema ferroviario è fondamentale. Un esempio per tutti: in cantiere c’è il collegamento dell’alta velocità Verona-Monaco, ma tra Reggio e Verona manca un collegamento diretto. E’ su tutti questi aspetti che l’amministrazione e non solo ha il dovere di riflettere. Ora che l’opera è finanziata il dovere è quello di non sprecare i soldi che ci costa.
Architetto, le insiste molto sull’adeguamento del sistema ferroviario.
Se non prendiamo coscienza di quanto è importante il sistema ferroviario, è inutile che ci lamentiamo del traffico. Sono convinto che chi ha progettato la Reggio-Ciano era convinto di arrivare fino a Castelnovo Monti. Le cose non sono andate così. Noi dobbiamo invece avere il coraggio di andare avanti, di pensare in prospettiva alle esigenze di domani.
Come cambierà l’urbanistica il volto dell’Area Nord?
C’è una serie di piani particolareggiati già approvati da rivedere alla luce della crisi: non è questo il momento di puntare sugli insediamenti residenziali. Quello che va fatto, invece, è recuperare l’esistente e mantenere “spazi di riserva” per dare risposte alle esigenze tra 10-20 anni. Non c’è solo da recuperare l’area industriale delle ex Reggiane, all’interno della quale sorgerà il Tecnopolo, ma bisogna mettere in relazione una serie di spazi che per storia, collocazione, caratteristiche, meritano di essere messi in relazione: penso, oltre alle Reggiane, al San Lazzaro e all’Oratorio cittadino. Dobbiamo pensare ad un progetto generale unitario a forte vocazione vocazione pubblica.
Reggio non corre il rischio che aumenti lo “strappo” tra le zone nord e sud della città?
C’è questo rischio ed è per questo motivo che i progetti devono puntare anche a “ricucire” questo strappo generato dall’autostrada e dalla ferrovia. I ponti di Calatrava sono il primo passo per avvicinare le due zone della città. Ma non basta. E qui torniamo all’inizio, quando abbiamo parlato di strumenti urbanistici da adeguare alle esigenze della città che verrà.