Firenze – Prima dello stadio, a Firenze, dovremo avere la Moschea! Della Valle prenda nota. Questo Salah è un giocatore vero, tecnico, velocissimo, altruista come lo sono in genere i campioni maturi e non riescono a esserlo i giovani rampanti (vedi lo stesso Cuadrado). Va tenuto. Oltretutto gioca in un ruolo assolutamente strategico. Mourinho al Chelsea ne ha diversi di numeri 10. Aveva anche Marin. Tutte le squadre ambiziose sono fameliche di trequartisti o seconde punte che svariano senza dar punti di riferimento e sanno saltare l’uomo. E, se osserviamo bene, quelle che vogliono rilanciarsi lo fanno partendo da un centrocampista-attaccante di qualità. Il Milan, dall’anno scorso, ne ha cercati cinque: Saponara, Honda, Taraabat, Menez, Suso: l’Inter ora ha puntato tutto su Shaqiri, e prima su Hernanes, Alvarez, Kovacic.
L’importanza di questo ruolo è il motivo per cui Montella si è tenuto stretto anche Ilicic. E ora la Fiorentina ha Salah, Ilicic e Diamanti (senza contare Joaquin perché lui di mestiere è ala, anche se sa fare tutto). In giro per l’Europa, ancora suo, ha Wolski. Quando si fanno discorsi generici sui “progetti” delle squadre bisognerebbe valutare su quanta qualità i tecnici investono nella costruzione del gioco, finanze permettendo. E qui la Fiorentina passa a pieni voti. Può vantare il centrocampo più qualitativo della serie A, e non si scopre oggi. Ora ha anche un attacco di grande tecnica. E qui bisogna levarsi tanto di cappello con la nostra dirigenza. Perché Salah lo voleva la Roma ed è venuto da noi. Dalla partita che la Fiorentina ha giocato contro il Sassuolo e dai sorrisi soddisfatti di Montella alla fine, azzardo a dire che questa è la prima vera partita che il tecnico gioca con la sua squadra ideale, quella che avrebbe voluto impiegare sin dall’inizio.
Che ci sia Pepito, o Diamanti, o Salah, resta il fatto che finalmente tutti i giocatori parlano lo stesso linguaggio; se si velocizza il gioco, non c’è chi lo rallenta; se si va in profondità, vuol dire che si palleggia meno e si sacrificano meno i difensori con sortite che, nelle ultime settimane, erano davvero spericolate e dispendiose (e dispendioso per tutti è il 3-5-2). Ma è chiaro che se si va col possesso palla, a farla girare, allora diventa prezioso l’inserimento da dietro che scompagini le difese piazzate (nelle ultime partite abbiamo segnato più coi difensori che con gli attaccanti); mentre se si gioca come sabato (e, diciamolo, anche con più divertimento) si va veloci, si gioca di prima, ma ecco che serve anche un giocatore di quantità e di fisico, che sappia recuperare, a centrocampo. Perché i Pizarro, i Borja Valero, i Mati ce la fanno poco a rincorrere gli avversari lanciati in contropiede. In questo consiste il capolavoro di Montella.
Nel momento topico dell’annata, graziato (ma facciamo gli scongiuri) dalla sfortuna, con tutti i giocatori a disposizione, e presto anche con Pepito, il tecnico scopre le carte: sa far giocare la squadra in due o tre modi (non mi meraviglierei che prima della fine del campionato, col ritorno di Pepito, provi anche un 4-2-3-1), può tararla sull’avversario, può addirittura, come ha fatto a inizio anno, schierare due undici diversi da una partita a un’altra. E forse si capisce ora perché certi giocatori hanno reso meno o si sono visti meno. Richards non si poteva vedere in una difesa a tre. Ilicic non poteva rendere da par suo da ala. Badelj e Kurtic non possono essere Pizarro e Borja Valero. E meno male che non lo sono: perché è proprio la loro diversità che ci consente alternative nel gioco. Bravo Montella a tenere il gruppo, sapendo far aspettare il momento giusto a tanti giocatori poco impiegati.
Io sono anche contento di aver avuto ragione. Mi sono sempre raccomandato di aspettare il girone di ritorno e di aspettare di recuperare tutti i nostri titolari (neanche la Roma ce la fa senza!). Ora sono sicuro che la squadra non solo è da terzo posto, ma ha messo le basi per un campionato da favorita l’anno prossimo. Lo dico spudoratamente. La testa l’abbiamo da grande squadra (vedi i risultati europei dal 2013); l’allenatore da “sofa” d’oro; i più giovani in crescita, con premesse da campioni; gli “anziani” di valore assoluto e di grande professionalità; la squadra primavera e i suoi ragazzi al top in Italia. Ora abbiamo recuperato anche la fiducia dei tifosi e ci stiamo facendo amare (grazie, Sanremo!) da mezza Italia.
Che all’estero ci guardassero con ammirazione, era dall’anno scorso. Forse Lotito o chi come lui avrebbe detto di noi, fino a poco tempo fa, quello che dice del Carpi. Perché si sa che danno noia in Champions le squadre che non spendono, o che rischiano di uscire nei preliminari. Come si permette una Fiorentina, da tre anni col bilancio in attivo (nonostante i trenta ottimi giocatori in rosa!), prendere il posto a un Napoli che tutti gli anni assicura panem et circenses, spendendo e spandendo? Due anni fa questo tipo di tacita premessa del calcio italiano ci costò il terzo posto a favore del Milan. Ma quest’anno il Napoli è uscito ai preliminari. Vediamo se abbiamo almeno raggiunto una parità di considerazione con lui.