Dopo l’Inter: squadra più razionale, meglio tardi che mai

Firenze – La Fiorentina sta cambiando, un po’ per necessità un po’ per scelte tattiche, e sta cambiando all’insegna del buon senso e di una maggiore razionalità. Intanto la difesa a quattro. Spero proprio che sia una scelta irreversibile, perché è vero che i due terzini ora sono più bassi (soprattutto quello di destra), ma è anche vero che c’è un uomo in più tra centrocampo e trequarti a costruire gioco.

Poi, ieri, abbiamo finalmente visto Bernardeschi a sinistra (e Tello a destra). Anche in questo caso, spero proprio sia finito l’equivoco delle due “ali invertite”. Ieri Berna ha giocato un primo tempo da applausi, più sciolto, trovando i tempi giusti anche per tagliare al centro e per tirare in porta. Molto più macchinoso, come al solito, il suo secondo tempo a destra, quando è sembrato utile solo in fase di ripiegamento. C’è un po’ da meravigliarsi che si arrivi soltanto ora a questi correttivi, ma, come si dice, meglio tardi che mai.

E c’è comunque ancora da fare. Il centrocampo a due continua a provocare vertigini e dissonanze cognitive. Non dico che sia in assoluto un “errore”, ci mancherebbe. Ma in Italia sono anche troppe le dimostrazioni che l’inferiorità numerica a centrocampo si paga. Bisognerebbe che le nostre azioni d’attacco, quelle che prevedono sempre giocatori davanti alla linea della palla, sortissero maggiori finalizzazioni (e più gol!), perché le contromisure delle avversarie, che in genere aspettano, intercettano le linee di passaggio e ripartono, da noi (a differenza che nel calcio inglese) sono una normalità disarmante.

Quindi non si tratta di impraticabilità di quel gioco, ma, nel computo dei pro e dei contro, di scarsa praticità e alla fine di dannosità: una ricerca estetica e neoteristica (giocare il nuovo per il nuovo, senza considerare che dopo poche giornate il nuovo non è più nuovo, per nessuno) che non sortisce i frutti che promette. Sousa vuole dare velocità, ritmo, anticipi a volte frenetici nelle giocate; e tutto questo sarebbe bellissimo se riuscisse, ma (e lo ripeto a perdifiato) in Italia non riesce quasi mai. Lo testimonia il fatto che quest’anno la Fiorentina tira in porta molto meno degli anni scorsi, quando giocava più compassata, facendo più densità a centrocampo, e spesso giocando un orizzontale “tiqui taca”. Eppure concedeva più o meno quello che concede oggi e arrivava di più a tirare in porta.

Sousa ora è pervenuto al 4-2-3-1 che era il suo modulo anche a Basilea. Il mio auspicio è che pervenga quanto prima a quel 4-3-2-1 (o 1-2) che restituirebbe alla squadra gli equilibri più sensati (e collaudati), e restituirebbe a ogni interprete in campo la sua posizione più naturale: davanti a un centrocampo con Vecino, Badelj e Borja, ci sarebbero, dietro a Kalinic, Ilicic e Berna, liberi di inventarsi la posizione attaccando i punti deboli degli avversari.

La squadra, secondo me, dovrebbe tornare anche ad essere più corta, e i ritmi dovrebbero calare; o almeno, ci dovrebbero essere accelerazioni, certo, ma anche più momenti con possesso palla e con gestione dei ritmi della partita. Sousa potrebbe benissimo “inventare” soluzioni nuove su quello schema di base; nel quale, tra l’altro, potrebbe entrare con molta più autorevolezza anche Zarate. Tello, nonostante la prova non brillante di ieri, non è bocciato, ma dovrebbe costituire, insieme a Kuba, la variante esterna per un 4-3-3 da alternare anche in corso di partita quando c’è da allargare una difesa particolarmente chiusa. E non mi si venga a dire che per queste soluzioni ci vuole tempo, perché i giocatori che Sousa impiega le conoscono bene, e sono disposti a “crederci” come ci hanno creduto in passato.

In questi giorni si sono viste partite molto interessanti, sia nel campionato italiano che in quello inglese, dalle quali imparare cose utili e avere conferme di altrettante certezze. Nell’intervista del dopo partita, ieri Sousa ridacchiava ironicamente quando Bergomi gli ha chiesto se la Fiorentina non soffriva un po’ troppo le ripartenze avversarie. Lui, con l’aria di chi la sa lunga e lo mette in conto, ha risposto che una squadra che vuole imporre il proprio gioco e vuole attaccare deve certo aspettarsi i contropiedi!

Mi piacerebbe chiedere a Sousa: ma chi era, sabato sera, che imponeva il proprio gioco, la Juve che si difendeva e teneva spesso quasi tutta la squadra dietro la linea della palla (soprattutto nella fase finale del secondo tempo, quando la partita l’ha vinta) o il Napoli che teneva palla e attaccava di più? Io dico che lo imponeva la Juve, sicura della sua difesa (anche se improvvisata a quattro), e sicura della sua consumata abilità a rubare palla e a smarcare attaccanti micidiali negli spazi.

E la mia morale è sempre la stessa: una squadra diventa grande se un tecnico valorizza al meglio le prerogative dei suoi giocatori. Se il meglio della Juve lo dà una difesa che, notoriamente, è la più forte del mondo, allora si costruisce una squadra perché da quella certezza ne traggano vantaggio anche tutti gli altri reparti, che faranno i movimenti appropriati a creare un equilibrio su quella base. Io continuo a essere convinto che la Fiorentina ha potenzialmente il miglior centrocampo d’Italia (insieme alla Roma, che però spesso perde pezzi e che ora addirittura si è convertita, con Sonetti, al centrocampo a due).

Abbiamo per tre anni giocato alla grande in Italia e in Europa facendo valere quella forza. Perché, caro Sousa, almeno per prova e per far riposare in qualche partita i nostri centrocampisti oberati di rincorse e di volate a perdere, non provare la soluzione più logica, anche se più “facile”? Solo perché gli inglesi storcerebbero la bocca a vederti tradire il Verbo offensivo? Ma intanto, anche in Inghilterra, è l’italianissimo Leicester, con il più italiano dei 4-4-2, che impartisce lezioni di gioco.

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