Firenze – Dopo una partita come quella di ieri sera contro la Juve i rimpianti si sprecano. Non è vero che la Fiorentina quest’anno non aveva i giocatori per giocarsela con le prime. Lo hanno dimostrato proprio le due partite contro Napoli e Juve del girone di ritorno, tra le più belle in assoluto del campionato. Non è neppure vero che la squadra è stanca e moralmente depressa, perché il finale di ieri è stato forse il più sofferto dalla Juve nell’arco dell’intera annata italiana, ed è tutto dire!
Restano invece, e forse aumentano proprio in vista di una prova come quella di ieri, le perplessità su come Sousa ha condotto la squadra e ha gestito il suo patrimonio tecnico e “energetico”. Contro la Juve abbiamo visto applicato il suo schema ideale: il 4-2-3-1. Non c’è dubbio che quello schema Sousa lo sappia giocare e interpretare al meglio, anche con le varianti in corso d’opera che lo rendono plastico e adattabile nelle due fasi di possesso e non possesso palla.
Ma non c’è neanche dubbio che con quel gioco, in Italia, non si va da nessuna parte. Inutile controbattere che non sono gli schemi che vincono ma sono i giocatori. Intanto di questo andrebbe convinto Sousa (incredibile in questi giorni il suo autodafè in cui si è accusato di “un calo di concentrazione” come se lui, il tecnico, le partite le giocasse alla playstation). E poi è ormai chiaro a tutti in Italia che vincono (o giocano al loro meglio) i giocatori negli schemi che si attagliano di più alle loro caratteristiche e prerogative, e non gli schemi da soli o i giocatori da soli.
Al Napoli è bastato un tecnico che togliesse un’ala, Mertens, e inserisse un centrale, Jorginho, per dare alla squadra un equilibrio e una duttilità che mai aveva avuto con Benitez (un altro fondamentalista del 4-2-3-1!). Ma poi basta osservare la Juve. Possibile che, invece di piagnucolare rassegnati perché la Juve vince sempre e vince sempre con un gioco sparagnino e poco spettacolare, non si impari a vincere come vince lei? Allegri non aveva mai giocato con la difesa a tre in vita sua, e a ragione: perché il 3-5-2 o lo giochi all’olandese, con gli esterni di centrocampo che sono ali e con due dei tre difensori che sono veri terzini di fascia, il che in Italia (e oggi ovunque) è improponibile, o diventa un gioco difensivo che sottrae automaticamente un uomo alla costruzione del gioco.
Eppure, quando ha ripreso la squadra di Conte, Allegri è ripartito umilmente da quel gioco, magari abbassando i ritmi a centrocampo per consentire alla squadra di accorciare e curando di più la tecnica individuale; e soltanto in un secondo momento ha provato anche altre soluzioni, ma mai senza considerare contro chi le provava. E Sousa?
Per capire come intende il calcio basterebbe un esempio: le tre partite giocate quest’anno dalla Viola contro il Carpi. La prima, a Carpi, la Fiorentina la vinse con un gollonzo di Kalinic (che rotolò in porta con il pallone colpito non si sa con quale parte del corpo) senza tirare neanche una volta in porta e graziata tre volte da Borriello prima della cura dimagrante. La seconda fu persa in casa e costò amaramente l’eliminazione dalla Coppa Italia. La terza fu vinta 2-1 con un tiro e mezzo nello specchio della porta e con due o tre clamorose occasioni da gol lasciate a un Carpi che Sousa si è ostinato ad affrontare per tre volte di seguito con presunzione e ostinazione; come se giocasse, appunto, alla playstation, e non al cospetto di un avversario reale che gli opponeva contromosse e strategie ad hoc per imbrigliare il suo gioco. Una volta si diceva che l’esperienza insegna. Ma Sousa, e le tre partite contro il Carpi lo dimostrano, piuttosto che imparare dall’esperienza s’impunta a insegnare (ora siamo quasi a cinquanta partite di prova!). E batte la testa nel muro!
E allora perché ieri la squadra ha giocato bene e avrebbe anche meritato di vincere, proprio come contro il Napoli? La risposta è molto semplice. Intanto, contro il Napoli giocò un 4-3-2-1 con i tre centrocampisti per la prima volta allineati e con Mati accanto a Berna dietro Kalinic in uno schema che ripeteva pari pari la bella Fiorentina di Montella (mistero che quel gioco sia stato riprovato nei primi minuti della partita successiva contro la Roma, prima dell’infortunio di Borja, e che poi non si sia più rivisto).
E ieri invece era, sì, un 4-2-3-1; ma la difesa della Juve era talmente bassa, che la Fiorentina forzatamente accorciava i reparti e ravvicinava i giocatori, in modo che di nuovo poteva proporre un gioco palleggato e tecnico, senza quei gran lanci e quelle gran corse e rincorse a vuoto che vediamo quando Sousa applica il suo schema prediletto con tre o quattro giocatori davanti (e quanto davanti!) alla linea del pallone.
Voglio anche aggiungere un particolare, per me molto significativo: il meglio, ieri sera, la Fiorentina l’ha dato nel finale quando è entrato Mati al posto di Tello. Mezz’ora di imprevedibilità e di gioco che ha messo in difficoltà la difesa della Juve proprio perché accorciava ulteriormente la squadra dando ancora meno punti di riferimento, e non perché Mati “è meglio di Tello” (anche se io lo penso, eccome!). È questo che delude di Sousa: il non accorgersi delle potenzialità che la rosa di cui dispone offre (e offriva, quando c’era anche Suarez!) o l’ostinarsi a ignorarle immolando i giocatori (a partire da quelli che lui costringe in ogni partita a giocare fuori ruolo) in nome della “purezza” dei suoi ideali.
Ora siamo al redde rationem e alla programmazione futura della Fiorentina: o i DV fanno a Sousa la squadra con i giocatori che si adattano al suo gioco (che comunque, secondo me, resta improponibile in Italia e ora sempre meno anche all’estero), oppure lo si ringrazia, lo si congeda e si fa valorizzare i giocatori che abbiamo da un tecnico un po’ più aziendalista. La SNAI, conoscendo i DV, non quota neppure la seconda soluzione.