E’ solo questione di tempo, ma prima o poi l’onda lunga dello tsunami arriverà anche qui e non basterà spegnere la webcam puntata sulla piazza. I numeri dicono che il Pd a Reggio e provincia ha perso 8 punti percentuali rispetto alle elezioni politiche del 2008 ed è ampiamente al di sotto della soglia psicologica del 50%. Facendo una media tra Camera e Senato, l’emorragia di voti supera quota 30mila. Si tratta di un dato senza precendenti, il minimo storico in 60 anni di egemonia del Pci e dei partiti che ne hanno raccolto l’eredità. Per il momento prevale la linea del silenzio tra i dirigenti locali, la voglia di parlare è poca dopo lo choc del voto. Qualcuno fa notare che il voto delle politiche è altra cosa rispetto alle amministrative. Vero, ma il crollo di consensi a favore del Movimento 5 Stelle è talmente evidente che non può essere ignorato in vista delle amministrative del prossimo anno.
Lo spettro che agita le riunioni dei vertici del Pd si chiama ballottaggio. Non è la prima volta che viene agitato – ci aveva creduto anche Angelo Alessandri nel 2009 quando la Lega era al suo massimo – ma gli elettori si erano sempre incaricati di smentire i foschi presagi. Questa volta però il quadro è molto diverso perché è radicalmente mutata la situazione del Paese e lo stato di salute del partito a livello nazionale è critico. A Reggio peraltro si corre il rischio che il rinnovamento a questo punto necessario per la sopravvivenza sia rallentato da una classe dirigente abituata al potere. Ma i risultati usciti dalle urne dicono che non c’è più tempo.
Intanto festeggia il Movimento 5 Stelle. Il capogruppo comunale Matteo Olivieri non ha dubbi: “Se la tendenza resta questa si va al ballottaggio senza dubbio a Reggio, ma anche in altri grossi comuni. Quello che non vogliono capire è che la questione non è Bersani o Renzi, ma il linguaggio che usano. Un linguaggio vecchio, a volte incomprensibile, che non affronta i veri problemi”.