Firenze – Quello che stiamo vivendo non è il primo “dopo-voto” in cui mi viene fatto di pensare ad un gioco di carte che a me è sempre sembrato intelligente: il tresette (o ventuno) “alla meno”. Per gli inesperti, si tratta di uno schema rovesciato rispetto a quelli tradizionali: vince chi fa meno punti, e non viceversa.
Usciamo subito da questa metafora, forse un po’ irriverente, e veniamo alla valanga di commenti politici che ci ha sepolti anche dopo questo turno di elezioni regionali. Nessuno, naturalmente, può arrivare al punto di adottare quel modello. Ma, a dire il vero, molti ci si avvicinano: negando di aver perso; affermando di aver rallentato la caduta; adducendo le più svariate giustificazioni al mancato successo, che è solo rinviato alla prossima occasione. Insomma, la competizione elettorale si potrebbe riproporre così: vince chi perde meno.
Le prime analisi obiettive e rigorose, come quelle del CISE, sembrano dirci proprio qualcosa di analogo. Il PD si conferma partito maggioritario, ma vede restringersi il suo consenso reale anche rispetto alle precedenti regionali. Con buona pace dell’immaginato “Partito della Nazione”. Nel centrodestra, la Lega accresce il suo peso specifico e assoluto (unico caso). Il M 5S, pur contraendosi e però insediandosi maggiormente nel territorio, si conferma la seconda formazione politica su scala nazionale. Va segnalato poi che si realizza un sostanziale equilibrio fra i due blocchi (si fa per dire!) di centrosinistra e centrodestra. Da ultimo, com’è stato ampiamente evidenziato, si verifica il record storico di rifiuto-abbandono del voto che di fatto finisce per riguardare 1 elettore su 2.
Fenomeno, che, assieme alla imprevista performance della Lega, coinvolge pesantemente anche la Toscana: i votanti sono il 18,44% in meno rispetto alle europee (12,43 % sulle regionali del 2010).
A scanso di equivoci, voglio dire che questi dati non sminuiscono la qualità del risultato ottenuto da Rossi nella nostra regione. Sarebbe però consigliabile che i gruppi dirigenti del centrosinistra toscano, ed in specie del PD, non li prendessero sotto gamba e indagassero le ragioni di una così vistosa riduzione del loro radicamento sociale reale. Meglio non cantar vittoria: hanno perso, di più, gli altri (anche se non tutti); non si è vinto (o, almeno, stravinto) noi! Così dovrebbero ragionare, se guardano al futuro, anche prossimo.
Sul quale futuro pesano tante variabili ed incognite, interne e soprattutto esterne. Per tentare di governarle, le riassumerei così, sotto forma di quesiti. Organizzandoli in due gruppi.
- Fuori dalla rappresentazione corrente – e, ahimè, realistica – di una Bisanzio dilaniata dalle lotte intestine (correnti) e minacciata dai barbari (CGIL e derivazioni varie), non sarebbe il caso di pensare ad un nuovo patto fondativo della sinistra? Politica e sociale, insieme. Fuori dalle ormai stantie riproposizioni del “nuovo”, eterne riproduttrici solo di “nuove liste”, come l’ultima trovata dell’ottimo Landini. Rendendo davvero protagonista il lavoro, quello oggi centrale: il lavoro cognitivo. Partendo da una impegnativa dichiarazione comune di tutti i contraenti: unire, comunque collegare, mai più dividere. E tanto meno scindere. Chiarendo preliminarmente che si possono, anzi si devono cercare consensi a 360°, per quanto “moderati”. Ma che ha senso farlo a partire dal proprio insediamento. Tutto da consolidare.
- Non sarebbe il caso che una tale ricerca e sperimentazione si svolgesse cercando di collegarsi a quanto, nel bene e nel male, si muove su scala europea? A quanto si muove, come ad esempio nel caso di Podemos, il cui successo viene a torto definito – come si trattasse di una creatura di Grillo o di Salvini – una delle manifestazioni del populismo dilagante, e che comunque si predispone a negoziare col PSOE per un’alleanza di governo delle principali città spagnole. Ma anche a quanto non si muove, come un salto di qualità nell’integrazione politica, economica e di politico-economica dell’UE.
Devo dire che ho molto apprezzato – e mi ha fatto un po’ sperare – che, all’indomani del voto, Enrico Rossi abbia toccato questi temi, in particolare il secondo. Mentre nessuno ci pensa – in un articolo pubblicato da Huffington Post – Rossi ha parlato della necessità di “partiti e sindacati veramente europei”. Di un “orizzonte della sinistra italiana” da iscriversi in questo ambito. L’unico in grado di fare i conti con i problemi reali della contemporaneità. I problemi – anche locali – condizionati dagli stravolgimenti globali.
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