Firenze – Una volta in Toscana i sindaci si facevano al primo turno, spesso con maggioranze ampie e indiscutibili. Quel tempo è finito. Un messaggio inequivocabile da parte degli elettori che hanno partecipato alla consultazione comunale del 5 giugno è che non c’è più chi stravince e comanda e che la politica ritrova il suo habitat naturale che è quello dell’accordo e del compromesso.
E’ accaduto che, simbolicamente, l’unico candidato che può già prendere posto nel suo municipio è Gaetano Guarente, storico sindaco dell’isola di Capraia che ritorna alla fascia tricolore indicato da una lista unica per cui l’unico suo vero avversario è stato il quorum (che peraltro non gli ha risparmiato qualche patema d’animo).
I sei comuni con più di 15mila abitanti sono andati tutti al ballottaggio con la particolarità che al primo posto, con l’esclusione di Csscina e Sesto Fiorentino, ci sono candidati di centrodestra o di liste civiche. Il Pd è secondo anche a Grosseto battuto da Antonfrancesco Vivarelli Colonna, leader di una lista di centrodestra che, caso raro in queste elezioni, aveva messo insieme tutti gli spezzoni di quell’area.
Lo scenario proposto dagli elettori è dunque una frammentazione che vedrà i candidati al ballottaggio lottare voto su voto per i prossimi 13 giorni di campagna. Difficile prevedere quali saranno le scelte dei partiti che sono rimasti fuori, certo, ma che a differenza che nel passato mantengono un ruolo chiave nella scelta del primo cittadino. Una dinamica mobilissima che per i cittadini ha un grosso vantaggio: i programmi diventano il fattore chiave per la formazione dei nuovi schieramenti che si andranno a delineare dietro il duello.
Dal punto di vista dei risultati delle singole forze politiche non c’è dubbio che Grosseto ha confermato il dato nazionale del centrodestra: dove si è presentato unito nelle sue componenti moderate e leghiste ha recuperato molto del terreno perduto: “Forza Italia c’è”, ha ammesso il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Il Movimento 5 Stelle in Toscana, se si esclude proprio Grosseto dove Giacomo Gori ha ottenuto quasi il 20%, in Toscana ha registrato consensi marginali, in diminuzione rispetto alle elezioni comunali precedenti e alle elezioni regionali del 2015.
Si tratta di una tendenza che si è evidenziata in tutto il Paese con l’eccezione di Roma e Torino e sulla quale Renzi ovviamente ha calcato molto la mano nel commento post elettorale. La spiegazione probabilmente sta nel fatto che in elezioni comunali conta molto la scelta del candidato anche dal punto di vista, essendo per lo più sconosciuto, della sua capacità di esprimere “a pelle” autorevolezza e capacità di governo.
Il Pd è stato messo in una posizione difensiva e ha perso suffragi. Sicuramente in parte ha pesato lo sfavore che tradizionalmente colpisce un partito di governo, soprattutto di un governo che governa davvero e dunque prende scelte che possono scontentare qualcuno. Molto, invece, ha contato nella mente degli elettori la defatigante e infinita dialettica interna fra maggioranza renziana e minoranza sinistra dem che mette in mostra all’esterno un partito diviso.
La fotografia del disagio della sinistra dentro e fuori il Pd è il sorprendente risultato di Sesto dove la giunta era caduta proprio a causa del dissenso interno: il risultato di Lorenzo Falchi (27,4%), delle liste di Sinistra Italiana (17,5%) e della lista civica Per Sesto (9,5%) così come quello dell’altro candidato di sinistra Maurizio Quercioli (19,2%) e delle liste a lui collegate “dà un chiaro segnale del cambiamento che il popolo di sinistra reclama”, si commenta a sinistra senza nascondere grande soddisfazione. Il tentativo di integrare le diverse anime attraverso la figura di Lorenzo Zambini non è riuscito e la sinistra può sperare di conquistare il Comune.
Siccome al livello regionale, come a quello nazionale non c’è stato un unico indiscusso vincitore, la partita è ancora apertissima. Ovunque. Tuttavia c’è un altro segnale uscito dalle urne che non piace al presidente del Consiglio, ma appare evidente a un’analisi più attenta. E’ vero che il voto locale non può in generale essere analizzato dal punto di vista politico nazionale, ma è vero anche che come nelle battaglie napoleoniche, le truppe dei suoi avversari hanno messo alla prova la loro capacità di manovra in vista del confronto decisivo del referendum confermativo sulla riforma costituzionale che si terrà a ottobre. I loro commenti post voto mostrano che stanno mettendo a frutto la lezione. Hanno messo alla prova le proprie e le altrui debolezze e, soprattutto, hanno inviato a Renzi un messaggio chiaro e distinto: l’opposizione sta recuperando terreno.
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