Da una parte l’esito del referendum del giugno scorso, dall’altra il piano di investimenti sul ciclo idrico che vale 15 anni. In mezzo i cittadini vessati da bollette insostenibili, a Reggio tra le più care d’Italia, e che attendono una boccata d’ossigeno.
Nell’apparente immobilità, specie governativa, qualcosa però si starebbe muovendo; il prossimo dicembre infatti si riunirà l’assemblea dell’Autorità d’ambito territoriale, composta dai 45 sindaci reggiani e presieduta dal primo cittadino di Albinea Antonella Incerti, per aggiornare il piano d’investimenti ed adeguare la situazione alle indicazioni uscite dal referendum. Ovvero l’abrogazione dalla tariffa della voce “remunerazione del capitale investito”, stimato, un po’ approssimativamente in un 7%. E decretato anche dalla Corte costituzionale.
Molto improbabile però che dal gennaio 2012 le bollette dei reggiani si abbassino di quella percentuale anche perché la lettura dei bilanci è spesso ad interpretazione ed il mercato oltremodo altalenante. Qualcosina in meno da pagare è però lecito attendersi. Anche perché i componenti Ato, ovvero i sindaci locali, che stabiliscono e pianificano le tariffe, hanno fatto decisa campagna per il sì.
Oltre al tasso di remunerazione del capitale investito, c’è un altro problema. L’acqua bene comune: il referendum ha di fatto abrogato la privatizzazione della gestione delle rete idrica aprendo svariati scenari. Per voce dell’assessore provinciale all’Ambiente Mirko Tutino ci sarebbe la volontà di fondo di affidare la gestione dell’acqua di casa nostra ad un soggetto interamente pubblico e per questo partirà a breve uno studio sull’ipotesi di scorporo da Iren del servizio idrico. Saranno coinvolti tutti gli attori necessari al processo e sarebbero già stati contatti esperti francesi, Paese dove l’esperienza ha già fatto il suo corso. C’è l’incognita della convenienza dell’operazione e quella del tempo; che comunque dovrebbe essere entro la fine dell’attuale legislatura