Firenze – Io la partita della Fiorentina l’ho vista così. Un tempo e mezzo di strazio, senza un tiro in porta (tranne una punizione di Pasqual), senza un’occasione pulita, con un gioco sterile e insensato dovuto soprattutto alla scollatura tra i reparti, con le punte lasciate al loro destino e sempre obbligate all’uno contro uno (oltreché a cervellotiche quanto inutili inversioni di “piede” sugli esterni).
Poi un gol che è venuto, guarda caso, quando Borja Valero è subentrato a Bernardeschi. Da quel momento ho visto una squadra più corta e soprattutto più sicura nel palleggio a centrocampo come ai bei tempi, quando i giocatori stavano più vicini, scambiavano stretti, si soccorrevano e si coprivano vicendevolmente; e soprattutto trovavano i tempi di inserimento in attacco in spazi più corti.
Da quel momento ho visto anche una squadra che capiva il beneficio di stare con più giocatori dietro la linea della palla. E infatti il secondo gol è venuto con Mati che ha alzato la testa, ha visto lo scatto di Tello con la squadra avversaria tutta nella metà campo della Fiorentina e gli ha servito un pallone col contagiri. Lo stesso è avvenuto al terzo gol, con l’azione di contropiede iniziata da Kalinic che era ripiegato in aiuto al centrocampo, proseguita da un fresco e lucido Borja e conclusa secondo logica dallo stesso Kalinic.
Dunque, venticinque minuti giocati dalla Fiorentina con la squadra più corta e compatta e con i movimenti e gli inserimenti in avanti meno scontati e meno frenetici, e sempre a partire da dietro. E non dico certo che fino a quel momento era stata colpa dei sostituiti Babacar e Berna, se la squadra aveva fatto pena. Perché in questa vittoria, risicata ma importantissima, c’è la mano di Sousa che ha operato, forse per la prima volta da quando osservo i suoi accorgimenti tattici, cambi ad accorciare la squadra, a modificare il “suo” 4-2-3-1 in un 4-4-2 che poi, nei minuti finali, è diventato un 3-5-1-1.
Due domeniche fa, alla fine della partita contro il Genoa, ho pregato che l’avvicendamento di una difesa a tre con una difesa a quattro (che, da manuale, regala un uomo in più alla costruzione del gioco) fosse definitivo e una “svolta” nel gioco di Sousa. Sono stato esaudito. Ora prego che tutti, e ovviamente Sousa, si rendano conto di quanto è improduttivo il gioco che rinuncia alla manovra di centrocampo.
Ovviamente, non in assoluto, ma di sicuro per una squadra come la Fiorentina, che ha la sua maggiore prerogativa nella tecnica e nelle qualità di palleggio dei suoi centrocampisti. Che poi queste qualità si esplichino con il tiqui taca, con l’aggiramento in orizzontale delle difese altrui che si avvale di ali larghe, con un gioco più verticale ma sempre fatto di uno-due e di inserimenti centrali premiati dal tocco sapiente della mezzala di turno, non fa differenza; purché si controlli il gioco, si tenga palla, si rallenti il ritmo e lo si acceleri quando si ritiene di avere le forze per farlo e si capisce dove gli altri sono in difficoltà nel tenere le posizioni.
Poi, in partita, si possono anche verificare situazioni in cui va bene lasciare alte le ali e il centravanti; ma si è capito ormai, spero senza bisogno di ulteriori controprove, che i giocatori della Fiorentina non sanno giocare il gioco che vorrebbe Sousa, come non lo saprebbe giocare nessuna squadra in Italia, dove regolarmente ci si trova davanti avversari sistemati in modo da intercettare le linee di passaggio e si è costretti sempre a rincorse affannate quando l’azione non va a buon fine. Qualcuno dirà che però, con il gioco di Sousa, i risultati vengono lo stesso. Secondo me, e la partita contro l’Atalanta lo dimostra palesemente, vengono perché le qualità dei singoli sono alte, in tutti i reparti. Solo che mi piacerebbe che queste qualità venissero meglio assecondate dagli schemi di gioco adottati.
Credo che i miei lettori abbiano capito che io stimo la Fiorentina forse più di quanto la stimi il suo tecnico, perché io credo nei suoi giocatori e lui crede solo nel suo gioco. E sono ancora disposto a spendere un sogno in grande, ma non così. Non con gollonzi, rigori e gol casuali dopo essere stati graziati dagli avversari; ma con un gioco che esprima al meglio le prerogative dei suoi eroi, che sono tante e sono, paradossalmente, di più di quelle espresse finora da questa squadra con questo gioco.
Sento dire da Sconcerti che ora la Viola va a incontrare due squadre che sono fuori dalla sua portata. Io non ci credo. Credo che solo la Juve sia fuori dalla portata di tutte le avversarie in Italia, ma credo che il Napoli e questa Roma siano eccome alla nostra portata. Il Napoli, per esempio, non ha una rosa migliore della Fiorentina e ha solo un tecnico che, quest’anno, ha saputo sfruttare al massimo le potenzialità dei giocatori che ha. Le analogie tra Napoli e Fiorentina mi vengono a pennello per quello che sto cercando di dimostrare.
L’anno scorso il Napoli di Benitez soffriva per la fissa del suo tecnico di giocare quel maledetto 4-2-3-1, e la Fiorentina dei mille problemi e degli altrettanti infortuni le è arrivata davanti. Quest’anno Sarri ha rispolverato Jorginho (ignorato da Benitez) e lo ha messo in mezzo al campo, togliendo Mertens e giocando un più realistico 4-3-2-1. I risultati si vedono, eccome. E siccome si spaccia il 4-2-3-1 come il gioco “europeo”, riflettiamo sul fatto che Benitez è poi andato a giocarlo al Real Madrid ed è stato licenziato a meno di metà corsa, a favore del novizio Zidane, che non sta facendo sconquassi ma fa giocare più sensatamente tre uomini in linea a centrocampo.
E allora, se calcio europeo deve essere, cerchiamo di guardare all’Europa giusta. Inoltre, come scrivevo in un mio precedente intervento, non dimentichiamoci del calcio italiano: che da sempre rende il calcio europeo (e mondiale) difficile, quando non impossibile, da giocare da noi.
Foto: Mati Fernandez