Donne, letteratura e cinema, angeli o demoni ma sempre bionde

Firenze – Da secoli i poeti hanno esaltato le chiome bionde anzi d’oro, come leggiamo nel noto saggio del Prof. Roberto Fedi che è stato docente di Letteratura italiana presso numerosi atenei. Questo libro (I poeti preferiscono le bionde. Chiome d’oro e letteratura 2007 Editrice Le Cariti Firenze 2007 ) scritto in modo agile, talora scherzoso ma che è in realtà un saggio profondo e ricco di spunti, ci spiega il perché.
Si tratta di uno studio che è divenuto una sorta “manuale” di primaria importanza quando si affrontano questi argomenti in relazione alla poesia lirica, epica, ai romanzi. Dal tempo dei provenzali, della scuola siciliana e dagli stilnovisti per arrivare a Dante e alla svolta operata da Petrarca con “i capei d’oro all’aura sparsi” che consacra il mito di Laura destinato a intersecare generazioni di poeti, fino ai tempi nostri. E, infine Mogol con le bionde trecce e gli occhi azzurri ne La canzone del sole. E’ sempre meglio non entrare troppo nel merito dei libri per non togliere il piacere della lettura. E anche in questo caso mi limito a sottolineare come interrogativi alcuni passaggi della trattazione.

Ad esempio, perché questa predilezione per i capelli biondi che non può essere spiegata solo con la rarità rispetto alle donne more o castane? Quale differenza tra auree chiome e capelli biondi? Perché le eroine del Tasso sono bionde anche quando sono di origine asiatica? E come mai il Foscolo nell’ Ortis cambiò i capelli di Teresa che nella prima stesura erano neri e divennero poi biondissimi ?
Nel XIX secolo ci fu un’inversione di tendenza, a partire dalla leopardiana Silvia. Ma nel ‘900 c’è stato un soprassalto di appeal dei capelli biondi. Esempio emblematico.- scrive Roberto Fedi – Norma Jean Baker che nel 1945 da mora si fa bionda e segna il suo destino: diviene Marilyn Monroe e per alcuni decenni innesca un nuovo fenomeno di costume (si ricorda Gli uomini preferiscono le bionde del 1953 ma già nel 1948 uno dei suoi primi film Ladies of the Chorus in Italia era stato intitolato Orchidea bionda).
“Ciò forse non sarebbe accaduto –sottolinea Fedi- se qualche secolo prima Petrarca non avesse fatto di Laura un modello non contingente ma neppure astratto di bellezza. Analizzando questo topos della cultura occidentale il libro compie anche un lungo excursus dalla mitologia greca (non a caso erano bionde Venere, Diana ed Elena di Troia).  Per terminare con il già citato riferimento al brano cult di Mogol-Battisti ma anche a varie altre canzoni. E una curiosità: questa preferenza è ribadita con un procedimento a contrario anche dalla canzone Marina che parla di “ una ragazza mora ma carina”.

A questo punto scendo su un altro terreno per rilevare che mentre si attenuava nella letteratura, la seduzione delle chiome bionde si affermava nel cinema ma con una diversa valenza. Dopo la prima guerra mondiale il nuovo ruolo delle donne che, entrate nel mondo del lavoro, acquistano indipendenza economica, genera preoccupazione nell’universo maschile. La donna autonoma, emancipata faceva paura….. ed era accusata di condurre gli uomini alla perdizione. Nascono la femme fatale e la dark lady che trovano uno spazio particolarmente significativo nel cinema.
Anche perché attraverso i dettagli, le inquadrature sottolineano con efficacia la perfidia che si nasconde dietro la seduzione ammantata di un apparente candore: i contrasti di luce esaltano uno sguardo, un movimento delle labbra. E nel cinema in bianco e nero i capelli biondi hanno un particolare risalto.
Da qui uno specifico appeal nei thriller e nei noir come La chiave di vetro (1942 ) e La dalia azzurra (1946) nei quali vediamo la diafana Veronica Lake con il celebre taglio che, coprendo una parte del volto, le conferisce un’aura di mistero.
L’emblema della dark lady è Barbara Stanwyck de La fiamma del peccato (Double Indemnity) del 1944. Da notare che la Stanwyck era castana ma divenne bionda per l’occasione.
Ma oltre al fatto che i capelli biondi emanano luminosità nel chiaroscuro del film in bianco e  nero, c’è un fattore più profondo. L’inganno, della dark lady si cela dietro la cortina dei capei d’oro considerata da secoli simbolo di virtù, di bellezza casta o addirittura eterea, come la donna angelicata. E anche le eroine di vari film americani, delicate ragazze in pericolo salvate dal protagonista, erano molto spesso bionde.
Quindi la dark lady è bionda perché, per contrasto con l’aspetto da fata, risaltano la sua perfidia C’è poi per il consueto motivo dell’agnizione: si  prepara il colpo di scena quando si scopre che dietro a un aspetto romantico si cela una mente criminale, perversa.
Lo conferma la scelta di Orson Wells di avere una Rita Hayworth  biondo-platino, nel ruolo di un’algida dark lady ne La signora di Shanghai un noir del 1947. Di diverso tenore le famose bionde hitchcokiane che risaltano soprattutto, con le loro diverse tonalità, nei suoi film a colori. Thilo Wydra, in “Le bionde di Hitchcock” (Jaca Book Milano 2019), facendo riferimento a un’intervista di François Truffaut a sir Alfred, scrive che quest’ultimo voleva che le sue protagoniste apparissero algide, ambigue misteriose, ma in grado di trasformarsi inaspettatamente in sex-symbol: se la seduzione è troppo evidente – sosteneva Hitchcock – non è più suspense”.

Nei film in bianco e nero si va da Joan Fontaine (Rebecca e Il Sospetto) a Vera Miles, (Il ladro) e Ingrid Bergman (Notorius). Ne Il caso Paradine del 1947 la bionda Anne Todd è la moglie che si confronta con la femme fatale interpretata da Alida Valli E Anne Baxter (Io confesso -1953). Poi i film a colori con Grace Kelly (Il delitto perfetto, La finestra sul cortile, Caccia al ladro). Quindi Doris Day (L’uomo che sapeva troppo), la bionda platino Kim Novak,(La donna che visse due volte) , Eva Marie Saint: (Intrigo internazionale) Tippi Hedren (Gli uccelli, Marnie), Julie Andrews (Il sipario strappato). L’epoca delle bionde fatali Hitchcock finisce con i film post -1966. Sono state definite donne forti con una maschera di fragilità, ed è noto che il grande regista disse che la mora Karin Dor era “bionda dentro” (Topaz, 1969). Per Wydra le bionde hitchcokiane avevano qualcosa di ultraterreno furono le protagonist dei film di maggior successo .
Passando ad altri registi, nelle diverse versioni de Il postino suona sempre due volte sono bionde sia Lara Turner che Jessica Lange. I capelli di Jessica Lange sono ondulati con splendidi riccioli ribelli ,quasi a figurare la mente contorta. Sono decisamente  bionde Sharon Stone in Basic instinct, Joan Severance in Payback, Theresa Russel ne La vedova nera.

Termino osservando che al nome Laura sono associati differenti, antitetici caratteri di donna fatale (sempre rigorosamente bionda): da quella petrarchesca seducente e casta passiamo alla dolce Teresa(ma inizialmente Laura) del Foscolo, al film Laura (in italiano Vertigine) di Otto Preminger ,con un amore morboso e atmosfere da incubo (1944) arriviamo nel 1990 alla misteriosa, ambigua Laura Palmer nel serial I segreti di Twin Peaks ideato da David Lynch e Mark Frost.
Il “rovesciamento” raggiunge l’acme in Femme fatale di Brian de Palma (2002). Dopo essere apparsa come scaltra ladra, come raffinata signora angosciata, la protagonista Laure Ash, (Rebecca Romijn) si fa bionda quando getta la maschera e si mostra come dominatrice e per perversa. Afferma di essere “guasta dentro” parafrasando le parole di Phyllis Dietrichson ne La fiamma del peccato.

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