Formidabile il mese di luglio per Donald Trump. Non solo per essere scampato all’attentato in Pennsylvania, uscendone con una scalfittura all’orecchio e l’immagine di martire combattente, ideale per affossare ancora di più l’acciaccato rivale Joe Biden. Ma a distanza di una decina di giorni, l’ex presidente che fu sconfitto dallo stesso Biden nel novembre 2020, incassa due punti importanti. Il 1° luglio la Corte Suprema pronuncia una sentenza che entrerà nella storia degli States e delle democrazie occidentali, decretando l’immunità da responsabilità penali di Trump per gli atti accaduti nell’immediatezza della sconfitta elettorale, che sfociarono poi nell’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2020. Sancendo così, di fatto, l’intangibilità legale di un ex presidente. Come accadeva ai monarchi assoluti prima della Rivoluzione Francese.
Il secondo fortissimo elemento a favore di Trump arriva il giorno prima del fallito attentato, quando Mark Zuckerberg annuncia la fine delle restrizioni degli account social su Facebook e Instagram direttamente o indirettamente legati all’ormai designato candidato conservatore alle elezioni presidenziali del prossimo 5 novembre. Questo prima ancora della investitura ufficiale da parte della Convention repubblicana di pochi giorni fa, quando Trump ha annunciato anche il candidato vicepresidente James David Vance
Meta ha spiegato la decisione con la necessità di una sorta di equidistanza fra i due candidati: “Nel valutare la nostra responsabilità di consentire l’espressione politica, crediamo che il popolo americano debba essere in grado di ascoltare i candidati alla presidenza sulla stessa base – si legge in un comunicato di Meta – Di conseguenza, l’ex presidente Trump, in quanto candidato del Partito Repubblicano, non sarà più soggetto alle sanzioni di sospensione aggravate”.
In realtà i profili di Trump sia su Facebook che su Instagram erano semplicemente in “libertà vigilata” dal gennaio del 2023, dopo essere stati effettivamente bloccati per due anni, all’indomani dell’assalto al Senato americano. Era il 7 gennaio 2021, infatti, quando con un post Zuckerberg annunciò la “punizione”: “Il rischio di consentire al presidente di continuare a usare il nostro servizio” in questo momento – scriveva il proprietario di Meta – è semplicemente troppo grande. Per questo estendiamo il blocco che abbiamo deciso sui suoi account Facebook e Instagram a tempo indeterminato e per almeno le prossime due settimane, fino a quando una pacifica transizione di potere sarà completata. Gli scioccanti eventi delle ultime 24 ore – spiegava Zuck – mostrano chiaramente che il presidente Trump intende usare il resto della sua permanenza in carica minando una pacifica e legale transizione di potere al suo successore, Joe Biden. La sua decisione di usare la piattaforma per giustificare invece di condannare le azioni dei suoi sostenitori all’edificio del Capitol hanno giustamente infastidito molte persone negli Stati Uniti e nel mondo – aggiunse il fondatore di Facebook -. Abbiamo rimosso le sue dichiarazioni ieri perché abbiamo ritenuto che il loro effetto, e probabilmente il loro intento, era quello di provocare ulteriore violenza”.
Mark Zuckerberg volle argomentare a fondo la decisione, scrivendo ancora nel suo post: “Dopo la certificazione dei risultati elettorali da parte del Congresso, la priorità per l’intero Paese deve essere ora quella di assicurare che i restanti 13 giorni e i giorni successivi all’inaugurazione trascorrano pacificamente e in linea con le norme democratiche. Negli ultimi anni abbiamo consentito al presidente Trump di usare la nostra piattaforma in linea con le nostre regole, rimuovendo in alcuni casi i contenuti o bollando i suoi post quando violavano le nostre politiche. Lo abbiamo fatto – spiegava ancora Zuckerberg – perché crediamo che il pubblico abbia diritto al più ampio accesso possibile ai discorsi politici, anche quelli controversi. Ma l’attuale contesto è ora profondamente diverso e include l’uso della nostra piattaforma per incitare l’insurrezione violenta contro un governo democraticamente eletto. Da qui la decisione di “bloccare” a tempo “indeterminato o almeno per le prossime due settimane” fino al giuramento gli account del presidente.
I profili di Trump rimasero in realtà bloccati fino al 2023, anche in virtù del pronunciamento a favore della restrizione da parte dell’Oversight Board di Facebook. Si tratta di una sorta di “tribunale dei social” che viene definito “indipendente”. L’avallo della decisione di Zuckerberg, il 5 maggio 2021, fu in realtà accompagnato dall’affermazione che “non era appropriato imporre un blocco temporalmente indeterminato”. Insomma, per l’Oversight Board, Trump non doveva essere bandito a vita da Facebook. E questo, nonostante lo stesso “tribunale” avesse ribadito che i post del presidente allora sconfitto da Biden avevano supportato i “patrioti” di Capitol Hill, creando “un ambiente in cui era possibile un serio rischio di violenza”.
Giova adesso ricordare cosa accadde dopo le elezioni presidenziali del novembre 2020. Trump denunciò per settimane brogli che tutti gli organismi di controllo bipartisan negarono: “Mi hanno rubato le elezioni” continuò a ripetere come un mantra senza riconoscere la sconfitta. L’11 dicembre 2020, la Corte Suprema americana, nettamente a maggioranza conservatrice, con tre giudici che erano stati nominati da Trump, respinse l’ultimo ricorso contro la legittimità della vittoria di Biden. Ma il 6 gennaio, proprio nel giorno in cui il Congresso avrebbe dovuto proclamare il nuovo presidente degli Stati Uniti, Trump invitò le sue truppe di irriducibili ad una manifestazione davanti a Capitol Hill. E le aizzò, ribadendo il “furto della sua vittoria”. Così, migliaia di fanatici sostenitori di Donald Trump fecero irruzione nel Congresso, bloccando la proclamazione di Biden. Le immagini di uomini armati dentro l’aula, dei fedelissimi trumpiani che siedono negli scranni del Senato, rimarranno una ferita indelebile nella storia degli Stati Uniti e della democrazia. Capitolo che la Corte Suprema, il 1° luglio 2024 ha però deciso di chiudere sancendo l’immunità penale di Trump. Sarà un caso che dieci giorni dopo Meta abbia riabilitato all’uso dei propri social lo stesso ex presidente?
In realtà il favoritissimo candidato repubblicano al ritorno alla Casa Bianca non si era pianto addosso rispetto al blocco su Facebook, creando dal nulla un altro social, denominato Truth (in italiano, verità), andato on line nel febbraio 2022, capace di conquistare una decina di milioni di iscritti in pochi mesi. Nulla, rispetto ai 500 milioni di utenti di X o ai 3 miliardi di Facebook. Ma un vero e proprio fiore all’occhiello per il tycoon, che gli ha tra l’altro consentito enormi guadagni in Borsa nei giorni successivi al fallito attentato. Proprio a Truth, Donald Trump ha infatti affidato il suo messaggio subito dopo essere scampato alla sparatoria: “Non avremo paura, ma piuttosto resteremo resilienti nella nostra fede e ribelli di fronte alla malvagità – ha scritto il candidato repubblicano – È stato solo Dio a impedire l’impensabile. Siamo vicini alle vittime e alle loro famiglie. Preghiamo per la guarigione di coloro che sono rimasti feriti e teniamo nel cuore la memoria del cittadino che è stato ucciso in modo orribile’. In questo momento è più importante che mai che restiamo uniti e che dimostriamo il nostro vero carattere come americani, restando forti e determinati, non permetteremo al Male di vincere”. E nei video aggiungeva quel “Fight! Fight! Fight!”, divenuto ufficialmente, con l’intronizzazione da parte della Convention repubblicana, il suo energico grido di battaglia elettorale, che oscura ancora di più l’esanime rivale Biden.
Reso immune da azioni penali da parte della Corte Suprema, riabilitato da Facebook, rivestito con una nuova immagine di leader combattente pronto a suscitare l’orgoglio patriottico della “pancia” dell’America, Trump in questo luglio di decollo, può mettere all’incasso anche un altro colpo da maestro: l’annuncio di un contributo alla campagna elettorale di 45 milioni di dollari al mese da parte di Elon Musk, il patron di X (ex Twitter). I soldi andranno ad America Pac, il fondo creato per sostenere Trump nella sfida contro Biden o chi per lui. Strane cose accadono negli States: solo pochi mesi fa Trump definiva Musk un “artista di cazzate” e il patron di Tesla consigliava Donald di “appendere il cappello al chiodo”. Adesso il ribaltone all’insegna di amorosi sensi e le voci sempre più insistenti che indicano proprio Elon Musk come futuro Consigliere speciale di Trump nel caso di un suo ritorno alla Casa Bianca. Ovviamente, nel nome dei social, sempre più determinanti nelle lotte di potere del terzo millennio.
In foto Donald Trump
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