Don Vincenzo Russo, lettera a tutti i credenti

Firenze – Riceviamo e pubblichiamo da don Vincenzo Russo, cappellano del carcere Sollicciano e presidente dell’Opera della Divina Provvidenza Madonnina del Grappa di Firenze:

“A tutte le comunità della Chiesa Cristiana Cattolica
A tutti i credenti
Questa riflessione trova la sua radice ed il suo motivo in ciò che sta accadendo ogni giorno intorno a noi, spesso nell’ indifferenza di chi non ha tempo per sottrarsi agli affanni e alle incombenze della vita e non riesce o non vuole sollevare lo sguardo oltre il suo ristretto recinto.
Mi riferisco alle tristi e quotidiane vicende che coinvolgono giovani, famiglie, lavoratori, tutti alle prese con condizioni difficili di vita, precarietà, assenza di prospettive, in un contesto di crescente smarrimento, di disgregazione sociale e di impoverimento valoriale. Di fronte al verificarsi di questo dovrebbe emergere forte una viva reazione, che attinge al patrimonio di cultura e principi ereditato da una storia di umanesimo che ha conosciuto notevoli progressi fino ad oggi. In questa storia si colloca anche l’annuncio cristiano, che è patrimonio condiviso di valori e principi che appartiene alle radici del nostro continente e che si è reso protagonista e motore di un’evoluzione antropologica e culturale nella direzione di valori irrinunciabili quali la libertà, la condanna di ogni oppressione, il superamento della logica della forza e della violenza quale mezzo di risoluzione delle questioni umane.
La reazione auspicata, che non può limitarsi ad una mera indignazione, tarda invece a verificarsi ed è poco o nulla incisiva, pure essendocene un gran bisogno.
Nonostante progressi e sviluppi, infatti, la storia, fino ai giorni nostri, non ci risparmia il permanere di grandi e irrisolte contraddizioni. Ancora oggi il profitto, l’interesse particolare, lo sfruttamento ed il possesso appaiono obiettivi irrinunciabili da conquistare quali elargitori di felicità. E così continuano ad esserci gli sfruttati, i poveri, i disoccupati, coloro che non contano nelle decisioni e subiscono l’arbitraria volontà altrui. Eppure sappiamo che nell’umanesimo cristiano sono proprio costoro ad essere indicati quali protagonisti e meritevoli di giustizia e che non è contemplata giustificazione al prender decisioni e al mettere in campo azioni che finiscano per schiacciarli, emarginarli, metterli in una condizione di non vita.
Tutto questo, purtroppo, è però cronaca dei nostri giorni, cronaca infausta di un’ingiustizia apparentemente impunita.
Di fronte a tali eventi non posso non chiedermi, insieme a tutte le persone di retta coscienza, come sia possibile essere cristiani e tollerare tutto ciò. Come è possibile, infatti, professarsi credenti nella forma e poi essere inerti e passivi di fronte al verificarsi di tali circostanze? Oppure peggio, come potersi annoverare tra i credenti e poi, più o meno direttamente, essere persone che operano negando giustizia, ostacolando diritti, togliendo futuro, pronti a sacrificare agli idoli della ricchezza e del potere la vita degli altri, particolarmente dei più deboli?
Voglio essere concreto e diretto nel mio parlare, perché concreta e diretta è la sofferenza di coloro che subiscono e la durezza dei problemi che li affliggono. Sin quasi dall’inizio, sono vicino alla sofferta vicenda che coinvolge gli operai della ex GKN di Campi Bisenzio. Sono vicino a loro come lo sono a tutti i lavoratori, cioè a tutte le persone che per una serie di fattori si trovano spesso in una condizione di maggiore debolezza e dipendenza. Non posso non avere davanti a me i loro volti preoccupati, provati dall’incertezza e dalla precarietà che ha avvolto le loro esistenze. Riguardo a questa dolorosa vicenda, un triste futuro si prepara per queste persone, adesso che la speranza di occupazione lavorativa sembra avviarsi verso il definitivo tramonto. La loro vita e quella delle loro famiglie è segnata, perché evidentemente ritenuta di minore importanza rispetto ad un buon investimento e ad un redditizio affare. Tutto questo è inammissibile e sconcertante, collocandosi nel campo del disconoscimento del valore della persona, considerata sacrificabile a poco prezzo.
Davvero non vi è logica, umana e cristiana, in questa ed in altre simili vicende. Tutto scorreva nella normalità per centinaia di operai e altrettante famiglie, nella semplice quotidianità fatta di piccole cose quando, ormai quasi due anni fa, si è deciso di consegnare a incertezza e disperazione la loro vita. Grazie alla reazione coraggiosa di queste persone, alle determinazioni della Legge e al soccorso di tutto un mondo di solidarietà che si è raccolto intorno, sono inizialmente rimasti aperti spiragli che hanno tenuta accesa la fiammella della speranza. Ma poi il tempo è trascorso e nulla si è concretizzato consegnando al presente un esito preoccupante, che affossa ulteriormente le speranze dei lavoratori. E così, ancora una volta, la vita diventa palcoscenico nel quale rischia di consumarsi la divisione tra vinti e vincitori.
Io mi chiedo se possano esservi dubbi circa da che parte schierarsi! Cosa siamo disposti a fare come Chiesa, come comunità credente? Quanto va accadendo per la fabbrica di Campi Bisenzio sta succedendo in molte parti. Nessun valore è realmente conosciuto alla persona, sempre più oggetto di finalità economiche, in un contesto in cui il lavoro non sembra più essere elemento importante e non è difeso come argine di dignità e futuro.
Non è più tempo di assistere passivamente e di voltarsi dall’altra parte. Ora è il momento dell’esserci e dell’agire, quello nel quale, come credenti, siamo chiamati a scegliere e a prendere posizione. Siamo pronti a stare dalla parte degli “apparenti vinti”, come logica evangelica vorrebbe, adoperandosi per migliorare la loro condizione fino a rovesciarla in positivo? Oppure, più comodamente, preferiamo essere tra i ritenuti vincitori (in realtà perdenti!) cioè tra quelli che, dall’alto delle proprie condizioni e possibilità, dispongono delle vite altrui per meglio finalizzare i propri interessi?
Io non ho dubbi rispetto a con chi stare. Ho scelto, da sempre, coloro che il mondo bistratta e ignora, ho scelto coloro che pagano per i fini di pochi. Ho scelto loro perché ho scelto Dio.
Provo tristezza per quanto avviene e che stento a comprendere. La mia storia personale così come il mio servizio nell’Opera Madonnina del Grappa di Firenze sono espressioni di un mio modo di sentire ed essere che non può essere diverso. Io sto con gli operai, con chi vive la mancanza di lavoro, con chi fa fatica ad affrontare la giornata: questo è ciò che credo fermamente scaturire dal Vangelo. Tanti, cui guardo con ammirazione, hanno scelto questa parte e l’hanno servita in modo ancora più grande. Desidero ricordare qui Don Lorenzo Milani con il suo “I care”, attraverso il quale diceva il suo avere davvero a cuore la vita degli esclusi.
Anche la mia storia di uomo e di prete, senza tentennamenti, mi porta a questa scelta e alla fedeltà a questi principi. Nessun radicalismo, ma solo l’irrinunciabile esigenza di stare dalla parte di chi ha fame e sete in ogni senso, di chi è sconfitto, di chi soffre, di chi è schiacciato dalle tante contraddizioni del nostro tempo.
Più passa il tempo e più provo dolore nel fissare il volto di questi operai. Essi mi interrogano, si interrogano, lontani da un perché che appaia plausibile e che, senza dubbio, non c’è all’interno di un orizzonte di vera umanità. Essi sono come abbandonati, messi da parte, spinti verso una prospettiva cieca. La loro sensazione, che condivido, è di essere diventati strumento per gli interessi di qualcun altro, ingranaggi di un meccanismo perverso più grande di loro. Ed intanto, ogni giorno che passa, è tempo che, lentamente, sgretola l’edificio della loro vita.
Tutti siamo chiamati in causa, ad ogni livello e secondo diverse responsabilità, di fronte a quanto sta accadendo e che sempre più colpisce la vita di tante persone. Nessuno può dirsi non coinvolto, se è vero che apparteniamo all’unica comunità umana. Occorre fare scelte, importanti e coraggiose, assumere pienamente una posizione in questo senso, liberandosi da compromessi e timori. Non si tratta di comprendere se lo vogliamo o meno, se ne abbiamo la forza. Si tratta, piuttosto e veramente, di testimoniare con la vita quale parte abbiamo scelto: se quella che cammina nella strada di un’umanità rinnovata o quella che è oggettivamente fuori dall’ orizzonte umano e cristiano.
Non c’è spazio per incertezze. La questione è urgente e la concretezza dei problemi è massima, non è possibile indugiare oltre. Tante famiglie non hanno più di che vivere, stanno male.
Insieme ai lavoratori di ex GKN, rivolgo a ciascuno la domanda: “E tu come stai?”. E’ un invito a guardarsi dentro per cogliersi in questa realtà così problematica nella quale ci ritroviamo più immersi di quanto si possa pensare. È un’esortazione a prendere coscienza di chi realmente siamo e di cosa possiamo fare coerentemente con quanto crediamo. La risposta non può ancora tardare”.
Vincenzo Russo
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