In vista del centenario della nascita di don Lorenzo Milani nel 2023, Firenze, con il suo territorio metropolitano, sta riscoprendo figure di sacerdoti e di laici che hanno contraddistinto, sia pure con meno notorietà rispetto ad altri, la grande stagione del cattolicesimo fiorentino nella seconda metà del Novecento. Anni segnati soprattutto dalla presenza, dal pensiero e dall’opera di personaggi di primo piano come Giorgio La Pira, il cardinale Elia Dalla Costa e don Giulio Facibeni per i quali, tra l’altro, è in corso la causa di beatificazione.
Accanto a questi giganti non sfigurano comunque, ad esempio, tre sacerdoti che l’Associazione degli Archivi di cristiani nella Toscana del Novecento (Arcton), presieduta da Piero Meucci, ha indicato alla riflessione pubblica attraverso varie iniziative (mostre, convegni, incontri, biografie…). Si tratta di don Ajmo Petracchi, di don Renzo Rossi e di don Gino Bonanni.
Don Ajmo Petracchi (Carmignano, 1928 – Firenze, 2001) è stato un prete di grande umanità con la missione dell’educatore. Ha ricoperto in diocesi di Firenze molti incarichi: da assistente dell’Azione cattolica a segretario personale degli arcivescovi Giovanni Benelli e Silvano Piovanelli; da direttore spirituale del Seminario a Vicario generale. Ma è nella formazione dei giovani e nell’impegno sociale che ha speso molte delle sue energie. Dapprima come insegnante di religione nelle scuole e poi, in modo particolare, guidando assieme a don Mario Lupori la Comunità giovanile San Michele, diventando l’amico, il padre e il confidente di tantissimi ragazzi nei momenti difficili della loro adolescenza e della loro giovinezza.
Don Renzo Rossi, cappellano delle fabbriche, per molti anni missionario in Brasile, è stato un prete per gli altri, che ha lasciato ampia traccia di sé attraverso il suo apostolato, ma anche attraverso la scrittura compilando in settant’anni, dal 1943 al 2012, in forma di diario ben 743 quaderni ora raccolti in 115 piccoli faldoni presso Arcton. Li ha anche utilizzati come revisione della sua vita dai 17 agli 87 anni essendo nato a Firenze nel 1925 e morto nel 2013. Anche dagli scritti emerge il suo essere prete coerente con il Vangelo, al punto di chiedere di andare in missione perché gli sembrava di stare troppo bene a Firenze. Eppure aveva vissuto le difficoltà del mondo operaio, la povertà delle periferie e della campagna. La sua missione è stata tra i più poveri a qualunque latitudine si trovassero, vivendo in profonda intimità con Dio, riconoscendolo nel volto del prossimo, soprattutto in coloro che soffrono.
Don Gino Bonanni, nato a Vicchio del Mugello nel 1913 e morto nel capoluogo toscano nel 1995, è stato, tra l’altro, parroco a Montespertoli con l’impegnativo compito affidatogli dal cardinale Elia Dalla Costa di ricostruire la chiesa distrutta dalla guerra e poi pievano a Borgo San Lorenzo. Ma è con la nomina a rettore del Seminario di Firenze, nel 1958, che ha modo di mettere in pratica le sue idee innovative, diventando punto di riferimento della formazione di una generazione di preti, ma anche personaggio scomodo al nuovo arcivescovo, il cardinale Ermenegildo Florit, che nel 1964 lo rimuove dall’incarico provocando la «Lettera ai sacerdoti della diocesi fiorentina», scritta da don Bruno Borghi e don Lorenzo Milani per sollecitare i confratelli a chiedere maggiore dialogo da parte della gerarchia. Bonanni ha chiuso la sua esistenza terrena da parroco della Badia Fiorentina diventando per molti una preziosa guida spirituale.
Petracchi, Rossi e Bonanni, assieme a laici come Ettore Bernabei e Raffaello Torricelli oggetto anch’essi di studi promossi da Arcton, possono essere affiancati in questo momento ad altri due sacerdoti, padre Ernesto Balducci e don Danilo Cubattoli, di cui si stanno celebrando i rispettivi centenari della nascita e che rientrano a pieno titolo nella grande stagione del cattolicesimo fiorentino.
Il lascito di padre Balducci (Santa Fiora, 6 agosto 1922 – Cesena, 25 aprile 1992) è contenuto nei suoi libri, nella rivista «Testimonianze» e nell’opera costante della fondazione a lui intitola. Mentre di don Cubattoli (Tavernelle Val di Pesa, 24 settembre 1922 – Firenze, 2 dicembre 2006), che tutti chiamavano «don Cuba» o anche solo «Cuba», la memoria passa dal ricordo vivo di chi lo ha conosciuto apprezzando la sua capacità di portare il Vangelo nei luoghi più difficili.
Per moltissimi anni è stato il cappellano delle carceri fiorentine. Insieme a Ghita Vogel e a Fioretta Mazzei, alla fine degli Anni Quaranta, aveva fondato l’Opera di San Procolo per giovani che avevano problemi con la giustizia e che provenivano da famiglie umili o disadattate. Nel popolare quartiere fiorentino di San Frediano, dove Cuba ha vissuto ed è morto, i più anziani ricordano ancora quando negli anni della guerra il giovane Danilo calava dalla finestra del Seminario un sacchetto con dentro un po’ di pane o quel poco che da mangiare riusciva a recuperare tra i seminaristi aiutato, tra gli altri, da Lorenzo Milani e Renzo Rossi.
Molti ricordano anche l’esuberanza, la prestanza fisica, la passione per lo sport, ma anche la profonda spiritualità e la fede autentica di un prete all’apparenza così poco prete, che con uno spirito tutto toscano riusciva a mettere d’accordo, si direbbe, il diavolo e l’acqua santa.
Nella foto: Don Lorenzo Milani