Firenze – L’Ufficio delle Dogane da Via Panciatichi si trasferisce all’Osmannoro, a 3 chilometri dal medesimo Ufficio di Prato: motivo, la ricerca di una sistemazione meno onerosa rispetto a quella attuale, ma la nuova sede presenta già problemi di impiantistica.
I lavoratori, a 10 giorni dal trasloco previsto per il 12 Dicembre, tentano la strada del presidio: bandiere di CGIL, CISL, USB, FLP e UILPA unite insieme di fronte all’entrata in Via Panciatichi. I sindacati hanno elaborato la proposta alternativa di un trasferimento all’Interporto di Gofienti, a Prato, “la cui proprietà si è detta disponibile a un comodato d’uso dei locali”, si legge nel comunicato congiunto.
Giulietta Oberosler, di Funzione Pubblica CGIL, spiega che non vi è stato alcun bando pubblico per la nuova sistemazione, ma l’Ufficio ha accettato la prima proposta avanzata dall’Agenzia del Demanio – con contratto, tra l’altro, non rescindibile per 9 anni. L’immobile all’Osmannoro necessita ancora di lavori, adesso “in fase di completamento”, il cui onere- “che supera i 150.000 euro” – è previsto, spiegano i lavoratori, a carico della stessa Agenzia delle Dogane. “Le spese di affitto saranno inferiori”, osserva la sindacalista, “ma bisogna tener conto anche delle spese di adeguamento”. Inoltre, il palazzo non sembra essere ancora idoneo a ospitare un’attività: “non sono state ancora fornite tutte le certificazioni di legge (certificato di agibilità previsto per gli immobili privati; certificati di conformità relativi a tutti gli impianti strutturali; certificati autorizzativi per cambio di destinazione d’uso di alcuni locali; certificazione antincendio dei vari ambienti, tanto che il Documento di Valutazione del Rischio ha dichiarato non idonei i locali della nuova sede.”
Ma non è tutto. Lo stabile, spiegano i lavoratori, è situato a 400 metri dall’area dove è prevista la costruzione del futuro termovalorizzatore: i lavoratori prevedono potenziali rischi per la salute. I sospetti che la sistemazione possa non essere del tutto salutare viene adombrata anche da una relazione dell’ASL Firenze Nord-Ovest, incaricata di provvedere a un “piano di sorveglianza sanitaria e di monitoraggio dello stato di salute” di chi risiede o lavora nelle vicinanze.
Ancora, il magazzino sarebbe troppo piccolo tanto che, dopo una prova dei giorni scorsi, secondo quanto raccontano i dipendenti, un camion vi si è incastrato. Inoltre, sarebbe soggetto a esondazione. In effetti lo stabile si trova in una ex zona palustre, e le merci di pregio che andrebbero a occupare il magazzino potrebbero non essere sicure: capi di alta moda e prodotti tecnologici rischierebbero un danneggiamento non indifferente.
Ciò che preoccupa i dipendenti, è che questa rilevata carenza di sicurezza per le merci potrebbe andare a ripercuotersi sui lavoratori attraverso una catena che parte dalle imprese: queste ultime, spiegano, non ricevendo garanzie di sicurezza per la propria merce, potrebbero trasferire le operazioni da un’altra parte. Con la diminuzione dei clienti, si verificherebbe un esubero di personale e quindi la possibilità di licenziamenti di “piccoli e medi trasportatori, confezionatori, imballatori dei prodotti, fornitori di servizi sia professionali che logistici, case di spedizioni etc.”: i primi licenziamenti sono già stati effettuati ad opera della Società Magazzini Generali.
Il palazzo all’Osmannoro rientra nelle proprietà del FIP, il Fondo per gli Immobili Pubblici nato su iniziativa del Ministero Economia e Finanze e dato in gestione a un ente privato, la società “Investire Immobiliare SGR S.p.A.” che fa capo a Banca FINNAT EURAMERICA. Il Fondo, costituito nel 2004, ha una durata massima di 15 anni, prorogabili di altri 3 su concessione della Banca d’Italia: alla scadenza dei 15 anni, si prevede la liquidazione dell’intero portafoglio – che ad oggi comprende 238 immobili ad uso non residenziale per un valore di poco meno di 3 miliardi di euro.