Ho conosciuto le persone del Movimento 5 Stelle ben prima di questo boom elettorale. Grazie anche a loro, e in particolare a Matteo Olivieri, sono riuscita a impostare il lavoro del mio libro sulla ‘ndrangheta in Emilia Romagna. Ne parlavano già quando nessuno ne parlava, quando la sfida della legalità non era così pressante e forte sulla nostra città. Il loro striscione in quel plumbeo pomeriggio di maggio, all’indomani delle auto bruciate a Reggio Emilia, contro la presidente Masini, fece il giro del web. Da allora, tanti temi lanciati dal Movimento sono stati a volte inseguiti, a volte no, dalle forze politiche. Olivieri aveva chiaro cosa stava succedendo in città a causa della penetrazione delle mafie, altri meno. Significa che, mentre gli altri governavano, loro avevano tempo e voglia di capire, fermarsi, ascoltare. Nel Pd, si guardava a loro come si osserva il vicino malvestito, che ci parla di banda larga e detersivi alla spina con toni un po’ entusiastici, elegiaci. Come cioè se un serie di comportamenti individuali virtuosi potessero cambiare, per forza d’inerzia, l’andamento di una intera società. E pochi abbracciavano la tesi di Pippo Civati, quando disse a Rio Saliceto che tra i giovani grillini ci sono “tante facce da Pd, tanti giovani volenterosi che non abbiamo saputo intercettare”. Solitamente, di fronte a queste osservazioni si scrollavano le spalle.
Divergenze parallele del PD
L’outing grillino di una donna che resta di centrosinistra; perché molti giovani “potenziali” Pd hanno votato il movimento dell’ex comico. Humus di base senza inciuci
Però ora il Pd fa i conti su un movimento grande, forte, che guadagna di intensità, e si evoca un dialogo per riuscire a governare almeno pochi mesi.
Conosciamo le criticità del Pd, le abbiamo vissute e digerite tra tanti mal di pancia. Cooptazione, chiusura all’esterno, omologazione verso il basso sono i mali che lo affliggono. Su Facebook impazza l’account L’Apparato, i cui status fotografano ironicamente una forma mentis macchinosa ma tutt’altro che dimenticata (“anche dietro le dimissioni del Papa c’è l’ombra di D’Alema”) e che proprio per questo fanno sbellicare gli elettori e i non elettori democratici.
Un vizio di forma che non è stato perdonato dai votanti.
Tuttavia, non si possono buttare via un programma elettorale serio, la capacità di tante figure di cui il Pd può andare giustamente fiero e le idee progressiste di un centrosinistra riformatore, di cui penso che ci sia ancora un disperato bisogno in questo sciagurato Paese. Non si possono buttare via neppure l’entusiasmo e la passione di uomini altrettanto onesti e seri dei grillini, che si sono confrontati nel governo di tante amministrazioni italiane e che credono fortemente nella giustizia sociale. Non si può buttare via un’idea di donna che può farcela da sola, misurandosi solo con i destini della politica, e non con quelli degli uomini che le è dato di incontrare. Chapeau a Grillo e alle persone che con entusiasmo hanno contribuito al suo successo. Ma io continuo a essere ancora, ostinatamente e orgogliosamente, una donna di sinistra.