Firenze – Intervento sulle polemiche che accompagnano la rappresentazione della Carmen fiorentina con il finale cambiato al Teatro del Maggio Fiorentino.
Caro direttore,
devo dire che ho molto apprezzato il tuo intervento sulla Carmen presentata alé Fiorentino di Firenze, perché almeno si stacca dall’universale stupidario che si è scatenato intorno a questa inedita trasformazione dell’eroina di Prosper Merimèe. La sera della Prima c’ero anch’io e vorrei dire la mia. Ho letto quasi incredula le decine di articoli, prese di posizione militanti intorno a questa vicenda. Di questa Carmen antifemminicidio si è appropriata perfino la politica. E come potrebbe essere altrimenti in Italia? La leva dei democratici in campagna preelettorale, vedi il sindaco Dario Nardella e Matteo Renzi, l’ha osannata. La destra ha dato fondo alla scarsa riserva di ironia che gli è propria, trovando però qualche battuta carina, talvolta. Vogliamo cambiare la fine di Cappuccetto rosso perché il lupo è protetto dal WWF? Oppure trasformare I Promessi sposi consigliando a Renzo e Lucia di mettersi l’anima in pace una volta per tutte e vivere more uxorio, come si usa oggi?
Ma come si fa ad appiattirsi il cervello così? Oggi, è vero, il dibattito, condannato com’è all’immediatezza mediatica, non raggiunge mai vette stellari. Ma questa volta…
Personalmente ritengo, da ascoltatrice con scarsa cultura operistica, che ogni cambiamento, riadattamento vada apprezzato e giudicato per la coerenza interna (estetica, logica, letteraria) che riesce a mantenere con il prodotto artistico con cui si confronta. La Carmen fiorentina lo ha fatto? La scena finale, mi dispiace, ma è stata un pasticcio. Don Josè neanche si è accorto che doveva morire. E’ rimasto sospeso a mezz’aria cantando: “Portatemi via, questa donna l’ho uccisa io”. Carmen per parte sua, imbarazzata, è rimasta in ginocchio un po’ acciaccata pure lei, senza sapere bene che fare. Anche perché, come tutti i giornali hanno riportato, uno spiritello maligno – sarà stato quello di Merimée, lo scrittore, o quello di Georges Bizet che ha scritto le splendide musiche – ha pensato bene di mettere ko la pistola con cui Carmen doveva uccidere il suo ex. Risultato, un bel guazzabuglio. Per fortuna radio e giornali ci avevano già preavvertito dello stravolgimento finale, se no io avrei timidamente chiesto alla vicina di poltrona: ma che sta succedendo? Il pubblico in sala non ha gradito. Ha applaudito tutti: cantanti, coro, orchestra, ma ha “buato” come si dice in gergo il povero regista. Lo meritava?
Io, da animo semplice, avrei preferito una Carmen vestita da gitana che sventolava le sue gonne provocatoria. Avrei voluto vederla danzare come una diavola, con la sua aggressiva sensualità e i suoi lunghi riccioli neri. Invece ho trovato Carmen che seduceva il suo torero Escamillo inserendo un gettone in una cabina telefonica gridandogli: “Ti amo” con tutti i decibel che aveva in gola. Lui le risponde “ti amo” con eguale potenza. Poveri timpani loro! Ho trovato anche Micaela, la potenziale fidanzatina di don Josè se lui mai avesse messo la testa a posto, vestita come Cappuccetto rosso: con i calzettoni bianchi e un basco rosso in testa. Il pubblico sorrideva ironico. Poi c’è stata l’uscita finale così poco riuscita. Ha peccato di troppo conservatorismo quando ha fischiato il regista? Forse. Però vorrei aggiungere una cosa per onestà. E da donna. Ma è mai possibile che per opporsi al femminicidio si debba osannare…l’omicidio (l’”ominicidio”)? E, si badi bene, negando anche la circostanza della legittima difesa come asserisci tu, direttore. E dunque uccidere per evocare una vendetta simbolica contro un eterno maschile rozzo, prepotente e sopraffattore. Ma dove siamo?
Sarò impopolare, mi rendo conto, ma io vorrei spezzare una lancia in favore di questo Josè. Una donna di dubbia moralità ti costringe a mollare tutto: il reggimento, il posto fisso, la mamma e una potenziale fidanzatina dai calzettoni bianchi. Ti fa diventare bandito e non contenta di ciò, appena giri la testa ti tradisce senza ritegno con il primo torero che passa. Francamente, se alla fine don Josè è un po’ irritato possiamo capirlo….
Amore e Morte è un binomio fatto proprio da secoli di letteratura. Armare la mano di Carmen più che la soluzione di un dilemma psichico e storico di questa levatura appare una banalizzazione tirata fuori dai giochi infantili maschili dove ci si prende a pistolettate. Ah uomini, questa è materia vostra, non nostra! Non è mettendo in mano alle donne una pistola che si combatte il femminicidio. Non è replicando “Duello al sole” che si risolve questa piaga. Purtroppo questa è una sfida ardua, complessa. E tutta nostra.