Firenze – Un nuova gara d’appalto, per l’affidamento delle strutture sanitarie di riabilitazione, riguarda anche un antico (24 anni) servizio che tocca un segmento particolarmente delicato della sanità, vale a dire il Laboratorio ausili per l’Apprendimento e la Comunicazione (LAAC). Una “cellula” di cui pochi sanno l’esistenza e che verrebbe toccata in modo probabilmente decisivo, visto il capitolato d’appalto che la riguarda. Ma prima di analizzare le ragioni e le criticità dell’appalto specifico, è forse meglio fare chiarezza su ciò di cui si sta parlando.
Il Laboratorio Ausili per l’Apprendimento e la Comunicazione (LAAC) è situato presso il presidio di San Felice a Ema. Il suo esordio, nel 1997, è stato contrassegnato da una felice collaborazione fra gli operatori della Coop Di Vittorio e le educatrici ASL, che in questi anni ha fatto crescere il progetto, con la volontà di migliorarlo via via per rendere il servizio sempre più efficace. Tant’è vero che gli operatori si sono autoformati in un settore fino ad allora monopolio delle aziende venditrici di ausili, ma non solo: hanno formato operatori ASL, insegnanti di sostegno, partecipato a convegni. Hanno seguito lo sviluppo della tecnologia dalle prime tastiere modificate fino ai puntatori oculari utilizzati per la comunicazione e per molto altro, hanno permesso la comunicazione a pazienti affetti da SLA o altre gravi malattie neurodegenerative.
Già, perché lo scopo del laboratorio, come ben sanno le associazioni che da anni seguono il lavoro del LAAC, fra cui segnaliamo Aisla e Vita Indipendente, è quello di fornire ausili mediante i quali i disabili affetti da gravi e a volte invalicabili problematiche di comunicazione possano arrivare al valicamento delle barriere. Per fare qualche esempio: se un bambino con gravi disabilità motorie riesce ad azionare giochi o altro, e quindi agire nel mondo che lo circonda, quasi certamente c’è stato un intervento del LAAC; se in una scuola si vede un alunno che utilizza un Pc con strumenti alternativi alla tastiera, come ad esempio dei pulsanti, lì c’è quasi certamente stato un intervento degli operatori e delle operatrici del LAAC; se ci sono alunni che riescono a comunicare attraverso strumenti alternativi come un tablet, magari comandato dagli occhi, dietro c’è il lavoro del LAAC. Se adulti colpiti da gravi patologie come le SLA, che impediscono loro di interagire con il mondo circostante e di comunicare, riescono invece a farlo utilizzando strumenti come strane tastiere, puntamenti oculari, mouse comandati con la testa, strani congegni attivabili con il mento, un gomito o un ginocchio, ecco lì sicuramente c’è un intervento del LAAC; e se poi li vedete riuscire ad utilizzare uno smartphone o comandare a distanza oggetti della casa, anche lì è passato quasi sicuramente un operatore del LAAC.
Ovviamente, si tratta di interventi complessi, che richiedono non solo tempo, ma incontri e prove, verifiche e personalizzazini degli ausili, e infine adeguamenti che rincorrono la patologia, spesso in evoluzione, o le esigenze di crescita, quando si tratta di bambini. Senza parlare del mondo emozionale che gira attorno alla tecnicalità, le aspettative, la felicità quando si riesce a trovare lo strumento giusto, sia per gli operatori sia per l’utente che finalmente riesce semplicemente a far comprendere una sua decisione o una richiesta.
Dunque, un’attività in cui rientrano anche profili che, oltre a una altissima competenza e formazione continua, riguardano la capacità da parte degli operatori di comprendere ed essere compresi.
Se questo è il quadro, le aspettative, per quanto riguarda il capitolato del nuovo appalto, sembravano andare per il verso giusto. Infatti, si aspettava una ulteriore professionalizzazione del LAAC, magari con l’aggiunta di figure professionali capaci di coprire nuove competenze, aggiuntive del patrimonio di esperienza, studio, tecnica e umanità che in 24 anni si è formato. Nessuno però aveva previsto ciò che reca il capitolato di gara: le nuove figure ci sono (esattamente si tratta di un ingegnere e di una logopedista), ma in compenso su 4 operatori se ne tagliano 3. E le educatrici ASL, da due si riducono ad una.
“Il conto è presto fatto – spiega Paola Sabatini, Cub Sanità – nel leggere il nuovo capitolato verifichiamo che dei 4 operatori attualmente presenti per un totale di quasi 6000 ore all’anno, ne resterebbe soltanto 1 dato che sono previste solo 1440 ore per la figura di operatore tecnico esperto nel settore degli ausili informatici . Un ingegnere part-time e una logopedista part-time (per un totale di 1920 ore) dovrebbero sostituire la professionalità di quasi 24 anni di lavoro e di esperienza sul campo dei 3 Operatori e Operatrici che resterebbero fuori, e comunque resterebbe, anche con la loro presenza, una carenza rispetto all’attuale di oltre 1500 ore annuali. Ben venga l’introduzione di altre figure professionali e specialistiche all’interno del servizio, ma riteniamo inaccettabile l’estromissione dallo stesso di almeno 3 operatori che vi operano da più di 25 anni e che sono diventati anche punti di riferimento per molti operatori e servizi della riabilitazione, oltre che per familiari e associazioni”.
Insomma, se la ratio del nuovo capitolato è quella di qualificare ulteriotmente il LAAC, ben venga; ma se per far questo si buttano dalla finestra esperienza, competenza, rapporti con le famiglie e le associazioni, allora “il prezzo da pagare sembra francamente un po’ troppo alto”.
“Non sappiamo perchè la Commissione Tecnica della ASL abbia ipotizzato l’estromissione degli operatori che da sempre ci lavorano, non sappiamo se sia stata presa reale visione della preziosa attività del LAAC , dato che nella gara di appalto la descrizione dell’attività del LAAC si limita a poche righe, perdendo la complessità del lavoro svolto- dicono dalla Cub – Non sappiamo se la Regione Toscana e il suo Assessorato alla Sanità che in questi anni ha investito anche in termini economici, ad esempio per quanto riguarda gli ausili altamente tecnologici per le malattie neurodegenerative , sia al corrente del futuro di questo servizio e della difficoltà di mantenerne la continuità”.
Di sconcerto e preoccupazione di fronte al nuovo corso parla anche Barbara Gonella, presidente di AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica) Firenze, una delle associazioni più importanti sul territorio fiorentino in tema di disabilità comunicativa, che spiega: “In realtà, nessuno di noi prevedeva questa novità, in quanto ci si aspettava una gara di routine, semmai impreziosita dall’aggiunta di altre professionalità. Inoltre, ci facciamo portavoce del disorientamento degli utenti, che si chiedono come potranno fare senza un’assistenza uguale a quella cui sono abituati. Diminuendo le ore del servizio e le unità del personale, l’utenza rimane senza alternative, e viene lasciata scoperta”. Anche perché l’utilizzo degli ausili richiede una assistenza tecnica molto assidua: si passa infatti da ausili semplici, come la tabella, a quelli più complessi come il puntatore oculare, che richiede un’assistenza tecnica molto presente. Dei servizi del LAAC beneficiano, solo per quanto riguarda il territorio fiorentino, una media di circa una settantina di utenti all’anno. “Come AISLA Firenze abbiamo intenzione di attivarci presso l’ASL Toscana Centro , per segnalare il grave disagio che il nuovo bando rischia di produrre all’utenza. Vorrei ricordare che per molte persone l’assenza di ausili o la mancanza di assistenza su questo punto rischia di tagliarli fuori dal mondo”. E purtroppo, questa non è per niente la solita metafora.
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