Diritto all’abitare e politica, è la casa la punta dell’iceberg del disagio

Firenze – Si parla di politiche abitative e di diritto alla casa, e la sala della casa del popolo di San Bartolo a Cintoia è gremita. La maggior parte, assegnatari dell’Erp fiorentino, fra cui la neonata associazione delle autogestioni, ma anche cittadini curiosi di sapere come risponderanno, di là da quel tavolo, i politici. Perché se la problematica del diritto alla casa è negletta nei discorsi ufficiali di questo periodo, tuttavia tutti sono consapevoli che è dalla politica che devono venire le risposte.

E’ stato proprio questo, il motivo che ha spinto il Sunia, il sindacato più rappresentativo  degli inquilini, a organizzare, su input della sua segretaria Laura Grandi, un tavolo a cui si sono seduti gli esponenti dei partiti che dovranno correre la volata delle elezioni. Molti, ma non tutti: assente ad esempio in massa il centrodestra, che pure, proprio su queste tematiche, ha impostato buona parte della sua campagna elettorale, cercando di battere il centrosinistra sul suo terreno; mancano anche gli esponenti del Movimento 5 Stelle. Così, al di là del tavolo, sono seduti Elisabetta  Cianfanelli, di Insieme, Cateria Biti, Pd,attualmente presidente del consiglio comunale fiorentino, la consigliera comunale Miriam Amato, che si presenta nelle liste di Potere al Popolo, e Filippo Fossati, candidato nelle liste di Leu.

folla
La domanda, al di là delle sfumature e dei distinguo, è per tutti una, fondamentale: come fare a dare sostanza a quel diritto che si chiama abitare? Cosa è stato fatto e quanto no? E soprattutto: cosa fare nel futuro? Ed è chiaro che per tutti il diritto alla casa, all’abitare deve essere rivisto e integrato. Perché, anche se tante cose sono state fatte, e le ricorda Caterina Biti, rammentando il piano casa e le nuove possibilità a livello finanziario aperte dalla politica abitativa messa in atto dal centrosinistra, tuttavia è altrettanto chiaro che non solo tutto ciò non basta, ma che non si pone neppure come minima soluzione al problema. I numeri, del resto, la dicono lunga: 750mila domande di casa popolare, 700mila che stanno arrivando all’esecuzione immobiliare, per intenderci, che hanno la polizia fuori dalla porta. Senza contare tutti quelli che vivono nelle occupazioni, mentre dall’altra parte, in Italia, si calcolano in 7 milioni gli alloggi vuoti. Un problema, quello dell’abitare, che investe in buona parte anche il problema delle tensioni sociali, dal momento che,  quando viene a mancare, mette in atto una serie di conseguenza che vanno a svuotare di fatto, il concetto di cittadinanza. Tant’è vero che, come dichiara nel suo intervento Filippo Fossati, di Liberi e Uguali “è tempo che anche in Italia si cominci a dare importanza al diritto all’abitare come parte imprescindibile dei diritti di cittadinanza, come quello alla salute”. Considerazione che invece, come ricordano in molti, è ben presente a livello europeo, tant’è vero che la disciplina delle case “pubbliche” è non solo molto più sviluppati nei paesi europei in particolare nordici, ma sono molte di più le unità famigliari che ne usufruiscono. Insomma, il fatto che in Italia ci sia un’80% circa di proprietari di case in realtà è il segnale che ancora adesso la precarietà dell’abitare è tale, nel nostro paese, che il primo investimento cui si pensa, una volta giunti a un minimo livello di sussistenza è di assicurarsi un tetto sulla testa.

Un tetto sulla testa che in Italia, ad onta di tutte le misure prese anche dagli ultimi governi, sembra diventare sempre più precario.  Mette il dito diritto nella piaga Elisabetta Cianfarelli, di Insieme, quando ricorda che al primo punto del programma sostenuto dal suo partito, alleato del Pd, c’è proprio la riproposizione di un piano casa: una sorta di allargamento per dieci anni del piano casa già prospettato dal governo, che vede 500milioni di investimento per 10 anni, ad anno. Un piano che metta insieme anche qualità dell’abitare e soprattutto la ferma negazione alla tentazione di creare, su esempio europeo, dei “ghetti” che rischiano di far saltare equilibri sociali e di essere dannosi proprio per quell’integrazione che è una dei dati più interessanti e “bollenti” del momento. Tant’è vero che a un primo accenno al problema “migranti” tutta la sala esplode.

Già, perché al di là delle case che non ci sono, delle difficoltà, delle manutenzioni, delle richieste, la questione della convivenza con i migranti, “con le altre culture”, rischia per un momento di far venire fuori tutta l’intensità e il livore che solo una guerra fra ultimi riesce a scatenare. La parola risolutiva proviene proprio da una delle zone di Firenze più “assaltate” da tentazioni di razzismo e spostamenti a destra, vale a dire le Piagge. E a pronunciarle, è un vecchio gestore delle autogestioni, che richiama tutti all’ordine: “il problema non è il colore – dice – ma è che il rispetto delle regole deve essere di tutti. Bianchi, neri o gialli che siano”. Perché alla fin fine, il problema è proprio questo: le regole devono essere il vademecum per tutti. E su questo, tutti applaudono.

Ma il vero problema, quello che amareggia, e non mancano di dirlo, le persone presenti, “è sentire sempre gli stessi discorsi, sempre in campagna elettorale”. Come dire, le cose che dite sono belle, ma le metterete in pratica? Severi soprattutto verso la rappresentante del Pd: “E’ dieci anni che siete al governo, come mai queste cose non le avete fatte?”.

Fra le voci nuove, Potere al Popolo, con Miriam Amato, riscuote un certo interesse: è la Costituzione stessa, dice, che dà gli strumenti per cercare di trovare soluzioni strutturali al problema. E se una di queste soluzioni è sicuramente la necessità di trovare, una volta “finita” la Gescal, un nuovo e specifico gettito per l’edilizia popolare, tuttavia anche la funzione sociale della proprietà privata, di cui nella Costituzione stessa, deve giocare la sua parte. “Vale a dire – non manca di specificare Amato – anche giungere alle requisizioni, come insegnò La Pira, in caso di emergenza”.

Soluzioni che non vengono accolte dall’esponente del Pd, Caterina Biti, che, sottolineando con forza le misure prese dal centrosinistra, mette in luce come la casa sia un diritto da “contornare” con tutta una serie di misure che riguardano, ad esempio, il contributo affitti, l’aiuto alle famiglie, ai figli. “Abbiamo fatto – dice – siamo consapevoli che bisogna fare molto di più”. Perciò, oltre al contributo affitti, anche il fondo per le morosità incolpevoli, oltre a intervenire sul rapporto stato-regioni, sia per il censimento alloggi, sia perchè si capisca come fare per quanto riguarda le strategie di recupero e la mappatura delle abitazioni, passi fondamentali per mettere in atto politiche ad hoc. Un problema, quello dell’emergenza abitativa, che, sottolinea Biti, è necessario risolvere con un impegno nella legalità e non attraverso le occupazioni abusive, che deve essere affrontato responsabilmente e con serietà, cambiando le norme.

Infine, il candidato di Leu, Filippo Fossati, che avanza due proposte: l’una, andare “dalle banche”, l’altra, accolta al volo nel corso dell’assemblea stessa, quella di fare in modo che, sia presente una rappresentanza degli inquilini per “le assegnazioni fisiche”. Un punto importante, quest’ultimo, perché sarebbe “un modo per evitare la creazione di ghetti, senza togliere a nessuno il diritto alla casa conquistato con l’attesa sulla lista”.

Non solo. Intanto, un primo passo “una manovra da attivare subito, un punto di programma parallelo agli investimenti”, riguarda il piano di vendita del patrimonio immobiliare pubblico: “Quello che si prende – dice Fossati – venga destinato all’edilizia popolare e all’affitto calmierato. Questa è una scelta politica che un governo potrebbe mettere in atto dal giorno dopo. Del resto, se è per tutti una priorità, quella abitativa, perché non farlo?”. E anche sulla vendita del pubblico, qualche distinguo lo pone. Ad esempio, una certa attenzione nelle vendite, come quando si aliena un edificio pubblico in San Frediano e si scopre che se ne fa edilizia temporanea per i turisti. In piena zona Unesco e dimenticando la grande operazione delle Murate, dove è stato ristrutturato e restituito a nuova vita un carcere medioevale capace di mantenere la residenza nel centro storico.

sala sunia 2
Poi, la questione che riguarda il patrimonio immobiliare delle banche. “Perché non ragionare su questo? – dice ancora Fossati – tutti siamo a conoscenza del fatto che le banche, in conseguenza della crisi, hanno incamerato un grosso patrimonio immobiliare (attraverso le esecuzioni immobiliari, per esempio) che devono rendere strumento finanziario. In realtà, per utilizzarlo, lo vendono a prezzo molto basso, corrispondente al valore reale e non a quello di mercato, a fondi d’investimento. Allora, perché non fare in modo che sia lo Stato ad acquistarlo, quel valore reale beninteso, per reimmettere questo patrimonio immobiliare nel circolo dell’Erp e degli alloggi ad affitto calmierato?”. Una proposta che ha anche un altro aspetto, che riguarda i privati. Infatti, le banche possono non avere interesse in realtà ad incamerare altri immobili con le esecuzioni immobiliari già aperte. Dunque, si potrebbe pensare ad una ricontrattazione del mutuo, sulla base, però, del valore reale dell’immobile. Per fare questo, conclude Fossati, ci vogliono, oltre alla volontà politica e a una scelta politica precisa, un governo capace di “pesare”.

 Tirando le fila, un piano casa sì, ma dice il Sunia “strutturale”, non “straordinario”. Gettito certo, un elemento fondamentale per tenere in piedi una politica abitativa. Intanto, e parliamo solo della Toscana, ogni mese gli sfratti sono 1700, 130 sfratti al mese a Firenze. Le famiglie, da conti del Sunia, consumano, per l’abitare, comprese spese di canone e di condominio e mettendo le utenze, il 40% del loro reddito, sempre più basso grazie alla precarietà del lavoro e al calo degli stipendi. Ed è solo la punta dell’iceberg.

 

 

 

 

 

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