Firenze – Si è consumato ieri un primo incontro che ha ripreso il confronto fra dipendenti comunali e pubblica amministrazione riguardo al contratto decentrato. Risultato? Secondo quanto emerge, negativo.
E’ soprattutto una proposta dell’amministrazione, quella su cui la reazione di lavoratori, sindacati e Rsu è stata unanime: la richiesta dell’amministrazione comunale di “azzerare anche tutti gli accordi sulla parte normativa siano essi generali che di settore”.
Ricapitolando, alcuni punti sono emersi con chiarezza, secondo quanto spiegato dalla nota dell’Usb: intanto, che le risorse del fondo “risultano sempre essere insufficienti per dare alcune minime risposte da un punto di vista salariale al personale dell’Ente, che in questi anni ha subito una forte perdita economica con la cancellazione di quasi tutti gli istituti del salario accessorio. Infatti ormai la stragrande maggioranza del personale è ridotta al minimo tabellare previsto dal Contratto Nazionale, contratto scaduto peraltro nel 2009”.
E cos’altro? Questo: “L’Amministrazione ha chiesto ieri pomeriggio di azzerare anche tutti gli accordi sulla parte normativa siano essi generali che di settore. Questo significherebbe – spiega Stefano Cecchi dell’Usb – cancellare del tutto le norme che regolano il quotidiano rapporto di lavoro, quindi anche la vita di oltre 4.000 dipendenti, significa tanto per esemplificare, cancellare l’accordo sulla tipologia degli orari di lavoro,sulla flessibilità, sui buoni pasto, sui carichi di lavoro di settore ecc… insomma dare mano libera all’Amministrazione nella gestione non contrattata del nostro di lavoro”. In pratica, dice Cecchi, “si tratta di una prima iniezione di Jobs Act nel Comune di Firenze, che ha dato i natali politici all’attuale Capo del Governo”.
La reazione dei sindacati è stata unanime: condanna e sdegno, contro le proposte dell’amministrazione (che sono state, ovviamente, rifiutate) , ma “lo sdegno non basta”, dice Cecchi. Che rilancia: “Occorre da subito la mobilitazione di tutti i lavoratori, perché qui ed ora è in gioco non solo il salario per altro fortemente decurtato, ma l’esigibilità dei diritti conquistati faticosamente negli anni”.