Dipendenti comunali, s’avvicina la data del non ritorno

Firenze – Di chiaro, c’è solo la data del non ritorno, ovvero quella in cui gli stipendi dei dipendenti comunali verranno decurtati se lo stesso Comune non sospende l’efficacia degli atti, vale a dire il primo gennaio 2015. Sul banco, le lettere di messa in mora che giunsero a circa 3233 dipendenti del Comune di Firenze, a partire dal 5 settembre 2013, in cui venivano richieste cifre fra i 100 euro (in questo caso non vi era ricorso a comunicazione scritta) fino a 18mila euro, e che riguardano 9 diverse indennità per le quali in precedenza era già stato sospeso il pagamento. La scelta era stata giustificata dall’amministrazione come seguito ineludibile all’ispezione del ministero dell’Economia e Finanze del 2009 e agli atti conseguenti emessi dalla Corte dei Conti. 

 A poco più di un anno dall’accaduto, molta acqua sembrava passata sotto i ponti. In particolare, pareva (questo ad agosto scorso) che si fosse proceduto a una sorta di “confronto” fra amministrazione e Rsu, che sembrava aprire spiragli interessanti in favore dei lavoratori, in particolare a seguito del decreto Salva Roma e delle successive circolari e atti legislativi. Non solo, lo scorso mandato si era chiuso con l’approvazione in consiglio comunale e a larga maggioranza di una mozione molto chiara, in cui si chiedeva alla giunta di difendere “tutti gli accordi sindacali oggetto di rilievi da parte del Ministero e della Corte dei Conti e schierandosi al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori per evitare la restituzione di parte del salario accessorio percepito si chiedeva il ritiro del procedimento avviato con le lettere di messa in mora”, come ricorda il capogruppo di Firenze riparte a Sinistra Tommaso Grassi, che proprio oggi ha diffuso una nota in cui si chiede conto dell’applicazione di quella delibera consiliare. Tant’è vero che solo a metà ottobre si parlava apertamente di un atteggiamento “possibilista” in favore dei dipendenti (ovvero, revoca delle lettere di messa in mora) da parte sia dell’assessore al personale Federico Gianassi che del direttore generale di Palazzo Vecchio Giacomo Parenti. 

E invece, le parole sono una cosa, i fatti, come notorio, un’altra. Stando a quelli odierni, niente è cambiato nella sorte dei quasi 3500 dipendenti messi in mora. L’ultimo confronto sindacati- amministrazione è rimasto quello di fine agosto, nonostante, come ricorda l’Usb, l’incontro si fosse chiuso con la rassicurazione degli esponenti dell’amministrazione “di farsi sentire entro 15 giorni”. Nessuna decisione è stata presa, le lettere di mora stanno arrivando piano piano alla scadenza oltre cui saranno irrevocabili. E, aggiunge l’Usb “non solo mancano le indicazioni amministrative tecniche, ma manca anche la volontà della politica”. Insomma, Palazzo Vecchio, quando di tratta dei suoi dipendenti in mora, sembra affetto da dilazionite acuta. Del resto, erano in molti ad attendere con ansia che il sindaco Nardella nella sua conferenza stampa di venerdì sulla riorganizzazione della macchina comunale parlasse della loro sorte. Invece, come dice una dipendente comunale sollevando un mormorio di assenso: “Niente su di noi. Anzi, niente di niente”.  

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