Firenze – Mancanza di mezzi, di volontari, o forse di tutt’e due. In ogni caso, un’incredibile avventura, o meglio disavventura, per una paziente dimissionata da Chirurgia generale all’ospedale di Torregalli a Firenze. Si sta parlando di un problema che, a detta degli stessi operatori sanitari, si verifica piuttosto facilmente, con grande disagio sia per il paziente, quasi sempre rifocillato e con le dimissioni in tasca sin dalle prime ore del pomeriggio, sia per il parente in attesa di accompagnare il proprio caro a casa con l’ambulanza, e riguarda i tempi di attesa del mezzo.
Infatti, mentre si è più o meno preparati ai tempi “tecnici” dell’ospedale, è veramente impossibile prevedere che, dopo i fogli, le visite, gli appuntamenti di rito capiti anche di dover aspettare l’ambulanza per il rientro fino a otto ore, e qualche volta oltre.
“Il problema – dice un parente della signora – non è solo quello dell’attesa. É soprattutto la mancanza di informazioni a rendere tutta la situazione insopportabile. Pensi che dopo aver atteso dalle 12,15 (da quando ho ricevuto l’informazione delle dimissioni) alle 18 e 20 l’arrivo dell’ambulanza, sentendomi dire che gli operatori ospedalieri non potevano sapere quando i volontari sarebbero giunti, finalmente alcune infermiere impietosite sono venute a dirci che avevano sollecitato (e continuato a sollecitare) il “servizio”, ma che il numero dei volontari, delle emergenze e dei mezzi non consentiva altro che l’attesa”. Così, nonostante le sollecitazioni siano continuate, l’ambulanza è giunta alle 20.30, minuto più minuto meno.
Sia come sia, la situazione, dopo otto ore di attesa, conduce allo sfinimento sia della paziente, sempre in ansia per l’eventuale arrivo dell’ambulanza, sia dell’eventuale parente accompagnatore, sia dello stesso personale infermieristico, mortificato e messo a disagio dalle continue e giustificate richieste di informazioni.
“Lo stato di incertezza – concludono i parenti – è tale che per paura di perdere il momento in cui i barellieri arrivano, non si va né a bere né a mangiare, e poco anche in bagno. Non è possibile che capiti questo negli ospedali toscani”.
Eppure, come fa notare un altro parente “con le attuali tecnologie basterebbe poco, un programma di tracciabilità, una cabina di coordinamento, che possa dare se non la certezza, almeno un limite ragionevole contenuto ad esempio in due ore di attesa. E soprattutto, informazioni. Se bisogna aspettare perché è giusto che abbiano la precedenza le urgenze, basterebbe che qualcuno fosse in grado di dire a chi è in attesa che almeno per le prossime due ore ci si può allontanare. Non oltre sei ore di incertezza a partire dalle 14 di oggi, lasciando stare il fatto che, avvertiti delle dimissioni, ci siamo precipitati qui alle 12.30”.