Dibattito: il percorso verso la democrazia dell’Italia “tagliata in due”

Il libro tratto dai diari di Benedetto Croce dell’editore TheDotCompany

E’ stato oggetto di dibattito e confronto, venerdì primo settembre alla Festa dell’Unità di Reggio Emilia, il libro “Quando l’Italia era tagliata in due”, editore TheDotCompany. Si tratta della riedizione del diario che Benedetto Croce tenne nei nove mesi che vanno dal luglio 1943 al giugno 1944, nel momento in cui l’Italia si presentava divisa fra l’occupazione nazifascista al centro-nord e le truppe alleate al Sud.

La presentazione e il dibattito sono stati introdotti dall’assessore del Comune di Reggio Emilia Lanfranco De Franco, che ha sottolineato “l’importanza che nella Festa si sia mantenuto uno spazio importante come la biblioteca e i dibattiti che vi si svolgono”. In particolare, ha sottolineato anche l’interesse culturale, storico e politico della ricerca svolta dall’Editore reggiano Armando Sternieri circa le radici della democrazia, svolta in particolare con la collana “Democratica”, diretta da Valdo Spini, in cui s’inserisce la pubblicazione del volume oggetto del dibattito, che segue altre pubblicazioni importanti come “Democrazia Clandestina”, di Lussu.

Prendendo la parola e dopo avere sottolineato i motivi che hanno spinto la Casa Editrice verso la pubblicazione di un tesoro di testi importanti e spesso misconosciuti, che rischiano di scomparire, e che fanno parte della cultura democratica del Paese e non solo, l’editore Armando Sternieri , riferendosi al diario di Croce, ha sottolineato non solo il valore di un testo che dà una visione diretta delle grandi vicende che videro l’Italia giocare un ruolo importante pur nella sconfitta, ma anche la presenza della prefazione affidata all’on. Pierluigi Castagnetti. “Per noi è motivo di grande orgoglio avere iniziato con Pierluigi Castagnetti una collaborazione – ha spiegato – perché credo sia stato e sia tutt’ora un punto di riferimento per tanti nel nostro Paese, dal momento che ha mantenuto la barra sempre ferma su una serie di valori e principi che condividiamo”.

Ed è stato Castagnetti, autore della prefazione del libro tratto dai diari di Croce, “Quando l’Italia era tagliata in due”, a mettere l’attenzione su alcuni snodi fondamentali sia della vicenda storica, sia della complessa personalità del filosofo.

Intanto, “non si può e non si deve tacere il primo periodo di fascinazione verso Mussolini e il suo nuovo ordine delle cose”. Non dimentichiamo, sottolinea Castagnetti, che, nel momento in cui si svolgono le vicende materia dei diari, Croce è ritenuto senza se e senza ma un antifascista da tutte le forze che intervengono al tavolo in cui si costruirà il futuro d’Italia. Eppure non era sempre stato così. Anzi.

“Non dimentichiamo che Croce rimase vicino a Mussolini anche dopo l’uccisione di don Minzoni e dopo quella di Giacomo Matteotti. Si pone un problema: gli intellettuali sono capaci di vedere ciò che accade nella Storia, o sono dei narratori di quello che è accaduto? Perché l’atteggiamento di Benedetto Croce è lo stesso di quello di Karl Schmidt, di Heidegger, di Thomas Mann ….. sto parlando di giganti della cultura tedesca ed europea, che all’inizio sono stati suggestionati dal nazismo”.

Un tema infinito, che dovrà essere senz’altro approfondito, ma che rischia di non rendere giustizia agli intellettuali che si pongono fuori dal sistema, come ad esempio, nel periodo storico dell’affermarsi del fascismo, i fratelli Rosselli a Firenze, Antonio Gramsci e Piero Gobetti, solo per citarne alcuni. Intellettuali che non si fecero irretire dal fascismo, sulle cui idee si ricostruì a Liberazione avvenuta, molto dell’Italia nuova.

Tornando alla figura di Croce, Castagnetti nel suo intervento ne mette in luce un altro aspetto, per niente scontato: la sua universale autorevolezza, riconosciutagli non solo dagli stessi rappresentanti dei partiti antifascisti, ma anche dalla Casa Savoia e dagli stessi Alleati. Per quanto riguarda la Monarchia, è nota la volontà del filosofo di salvaguardare l’istituzione col sacrificio del Re, che avrebbe dovuto abdicare per salvare la dinastia. L’escamotage cui si ricorse, la Luogotenenza per il figlio Umberto in attesa del referendum popolare, ideata De Nicola, sostenuta da Croce e Sforza, vide il Re contrario fino all’ultimo.

Colpisce in ogni modo “il riconoscimento da parte di tutti i partiti antifascisti dell’autorevolezza a Benedetto Croce di maneggiare le sorti del Paese, trasformando il suo salotto in una sorta di piccolo Quirinale”. Tant’è vero che il ruolo del filosofo fu talmente pregnante da non solo promuovere e coordinare, ma persino “stendere il programma del nuovo Esecutivo”. Se infine un elemento emerge chiaro dagli scritti del filosofo, la cronaca di quei nove mesi (nonimestre, lo chiama Croce) è il suo tentativo, come ricorda l’on. Castagnetti, di “avviare il percorso che avrebbe dovuto portare l’Italia a una democrazia vera, solida e liberale”. Un obiettivo pressante per chi aveva anche rivestito il ruolo di ministro nell’ultimo governo Giolitti, e quindi rappresentava l’estrema testimonianza di un sistema che, pur con tutti i suoi meriti, non era riuscito a salvaguardare il regime democratico dalla dittatura. In questo suo tentativo, fu accompagnato, ricorda l’on. Castagnetti, da “uomini di altrettanto spessore democratico che, non a caso, avranno poi un rilievo ugualmente importante nei primi anni di vita della Repubblica, come, fra gli altri, Enrico De Nicola e Carlo Sforza”.

 Un’Italia tagliata in due, dunque, in cui la cesura si avverte in modo anche un po’ urticante, per chi ha famigliarità con le vicende che nel contempo si stavano sviluppando nell’altra parte d’Italia, quella ancora occupata dal nazifascismo. Di questo, si occupa l’intervento dello storico Massimo Storchi, particolarmente addentro alle vicende del ‘900 italiano.

“Mi piace evidenziare un paio di cose – dice Storchi – il diario mi ha dato l’impressione degli ultimi giorni prima di Pompei. Questo era un mondo che era finito, ma che, per i paradossi di cui è piena la storia, si trovava ad avere un ruolo importante. Del resto, è trasparente la riflessione di Croce, presente nella pagina del 1 marzo 1944, in cui la continuità col mondo precedente è anelata e auspicata. Ma non era più così, quel mondo era ormai scomparso”. Scomparso, dentro il fuoco e le stragi, il sentiero di sangue e violenza che percorreva il centro nord della penisola, nei momenti in cui il salotto di casa Croce continuava a ricevere emissari delle potenze alleate e vecchie glorie dei tempi di prima, oltre ai nuovi rappresentati dei partiti antifascisti. Il più nuovo fra i quali, al di là della posizione di Palmiro Togliatti che corrispondeva a logiche di geopolitica più ampie e alla necessità del Pci di essere accettato al tavolo in cui si davano le carte del futuro d’Italia, era proprio quel Partito d’Azione con cui spesso il vecchio liberale polemizza duramente. 

Scomparso dunque, il vecchio mondo liberale di Croce, ma, a differenza di quanto profetizza il filosofo, dopo non c’è il vuoto. “Dopo, arriva una classe dirigente politica giovane, formatasi nella guerra partigiana, concreta, che cercherà di dare una nuova opportunità al Paese. Quella classe che impersonerà il Vento del Nord, che sebbene imbrigliato velocemente, tuttavia spazzò via con impeto i vecchi bizantinismi e schemi dell’antico sistema. Cominciando dalla monarchia”.

Un Vento che tuttavia non ebbe il tempo e il modo di spezzare la continuità burocratica della macchina amministrativa italiana, particolarmente nei suoi apparati repressivi. Un’eredità con cui il nuovo Stato si troverà ben presto a fare i conti.

In foto da sinistra Pierluigi Castagnetti e Massimo Storchi

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