D’accordo, avranno il chiodo fisso dei tagli e del ricorso agli ammortizzatori sociali ma da qui a credere che siano letteralmente posseduti dal demonio ce ne passa. Gli imprenditori, anche sedicenti cattolici, quando c’è da far quadrare i conti accantonano la sbandierata pietas cristiana (spesso anche una più protestante visione di mercato) ma teorizzare che abbiano bisogno di un sacrosanto esorcismo, è difficile da accettare. Eppure è quello che ha cercato di sintetizzare don Ermes Macchioni, 64enne allievo del più noto Padre Amorth, sacerdote dal ’75, da tempo studioso di problematiche spiritistiche, esorcista ufficiale della diocesi reggiano-guastallese. Che ha preso alla lettera il passaggio evangelico del Discorso della Montagna (in Luca e Matteo): “Non potete servire a Dio e a Mammona”.
Che ha recentemente dato alle stampe un libello vendutissimo nelle librerie locali, “L’Esorcista – la mia lotta contro il demonio” dove spiega la genesi del suo avvicinamento culturale e di fede a queste “scottanti” tematiche e mette in guardia dalle pratiche esoteriche di qualsiasi tipo, per lui vera e propria anticamera del disturbo ossessivo. A sua volta prodromica alla possessione vera e propria. Questo Malleus Maleficarum in salsa nostrana è però farcito di episodi francamente poco realistici almeno per l’uomo del 2014: come quello della benedizione dell’erba della campagna limitrofa che stava causando la morte del bestiame, o quello di una ragazza di S.Martino in Rio, capace di strisciare come serpente infido sotto gli inginocchiatoi dei banchi della chiesa (come si sa alti pochissimi cm), o ancora gli attacchi diabolici che lui stesso, incamminatosi sul sentiero della lotta al Grande Divisore, avrebbe subito. Sotto forma di grosse mani incorporee che nottetempo avrebbero cercato di strozzarlo (Padre Pio veniva invece sbattuto direttamente contro i muri della sua cella), o anche attentati automobilistici, circostanza che va per la maggiore nella recente filmografia horror. E infine la storia di alcuni ragazzetti, disturbati da non meglio precisati spiriti maligni dopo essere entrati in un cimitero con atteggiamenti di scherno.
Ma la perla, in senso negativo almeno per noi, di questo Rosario di luoghi comuni sulla tentazione, la vessazione e l’infestazione, sono le citazioni di presunti avvenimenti legati alla salute delle persone. Don Macchioni in alcuni passaggi lascia intendere che alcune forme tumorali possono essere correlate a fenomeni di contatto con gli Abitatori delle Tenebre. In altri reputa possibile la “fattura d’amore” composta da peli pubici. E possiede un pezzo di stoffa a forma di slip trovato in un cuscino di una donna che ha subito un intervento di isterectomia, con sopra il nome di chi aveva imposto alla poveretta la presunta fattura. Insomma tutto l’armamentario o quasi della superstizione medievale (nella sua accezione negativa) senza però l’alto contesto letterario del Decamerone.
Don Macchioni è dunque certo che Lucifero e le sue legioni siano ampiamente diffusi e radicati in ampi strati della società, senza distinzione di sesso, età e religione. E anche se il suo alla fine è una sintesi positiva, perché il Demonio è già stato vinto da Gesù Cristo, lo vede un po’ troppo spesso. Perché se può anche essere affascinante l’idea che “il più bel trucco del Diavolo sta nel convincerci che non esista”, come scriveva Charles Baudelaire, crederlo sparso in ogni dove, non aiuta altrettanto il vero credente a distinguerlo dagli Angeli.