Firenze — Una diagnosi più accurata della sclerosi multipla, grazie a una nuova metodologia di analisi delle immagini di risonanza magnetica che permette di distinguere con precisione questa patologia da alcune fra quelle che più frequentemente la mimano, le malattie infiammatorie delle piccole arterie cerebrali. E’ il risultato dello studio internazionale coordinato dall’Università di Firenze, descritto sull’ultimo numero della rivista scientifica Annals of Neurology.
Lo studio multicentrico guidato da Luca Massacesi, ordinario di Neurologia del Dipartimento di Neuroscienze Psicologia Area del Farmaco e Salute del Bambino dell’Ateneo fiorentino e direttore della struttura organizzativa dipartimentale Neurologia 2 dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Careggi, ha dimostrato che il cosiddetto “segno della vena centrale”, già identificato come un indicatore della sclerosi multipla, permette di escludere con sicurezza la diagnosi di altre malattie autoimmuni del sistema nervoso centrale con quadri clinici, decorso e lesioni cerebrali analoghi.
I ricercatori hanno analizzato le lesioni del sistema nervoso centrale di 83 pazienti e hanno dimostrato che la tecnica di risonanza magnetica che visualizza il segno della vena centrale individua – con una precisione del 100% – tutti i pazienti affetti da Sclerosi multipla e tutti quelli con vasculopatie infiammatorie.
“La sclerosi multipla è la più frequente malattia invalidante dei giovani, in cui meccanismi patogenetici autoimmunitari determinano lesioni infiammatorie-demielinizzanti nella sostanza bianca del sistema nervoso centrale e sintomi neurologici caratteristici – spiega Massacesi -. La diagnosi della malattia viene fatta sia clinicamente che attraverso esami strumentali o di laboratorio, in particolare con la risonanza magnetica dell’encefalo e del midollo spinale. Tuttavia spesso tale diagnosi è resa difficile dalla somiglianza delle caratteristiche della Sclerosi multipla con quelle di alcuni tipi di vasculopatie, sempre del sistema nervoso centrale, dei giovani adulti – prosegue il docente -. Escludere queste ultime con certezza è infatti di regola complesso perché i marker diagnostici disponibili non sono specifici e sono necessarie pratiche invasive”.
“La nostra osservazione – conclude Massacesi – consentirà di migliorare l’accuratezza della diagnosi per ciascun paziente, con conseguenti vantaggi nella scelta e nella tempistica delle terapie necessarie”.