Mentre l’Europa ci impone l’aumento dell’aliquota Iva – e questo sì che è un problema serio – nei prossimi giorni non si parlerà d’altro che del videomessaggio di Berlusconi: ogni passaggio sarà vivisezionato, analizzato, interpretato. Il fatto è che il Cavaliere nella sostanza non ha detto nulla di nuovo rispetto a quanto va ripendo da anni, ovvero da quanto è iniziata quella che lui chiama la “persecuzione giudiziaria”. Fatte salve l’ufficializzazione della rinascita di Forza Italia, annunciata da tempo, e la chiamata alle armi da campagna elettorale, le parole di Berlusconi non spostano di un millimetro la colonnina di mercurio del termometro politico. Anzi, non fanno che confermare la contraddizione di fondo alla base delle larghe intese.
E’ ormai evidente che Berlusconi non aprirà la crisi perché sa che la sua sorte (di senatore) è segnata, ma allo stesso tempo non rinuncia a fornire la corda alla quale il governo Letta presto o tardi finirà appeso. E’ un’illusione pensare che il leader del centrodestra fuori da palazzo Madama, agli arresti domiciliari o ai servizi sociali, non continuerà a tenere sotto scacco l’esecutivo. Perché il partito, che si chiami Pdl o Forza Italia, resta saldamente nelle sue mani e in Italia è più importante controllare un partito che governare.
La palla torna ancora una volta nel campo del Pd: si può governare insieme a un pregiudicato che va in televisione a dire che “la sinistra che usa la magistratura per scopi politici”. Perché la sinistra che utilizza i magistrati come “braccio armato” è tornata ad essere il nemico numero uno, altro che large intese e senso di responsabilità. Ma anche questa non è una grande novità.
Mai nominato da Berlusconi, resta sullo sfondo il governo Letta alle prese con i diktat di Bruxelles, i conti che non tornano, il Pil che precipita, la ripresa che non arriva. E un Paese che più che di stabilità avrebbe bisogno di essere governato per non finire nel baratro.