Desmond Tutu, la coscienza della rinascita africana

Pisa – Si è spento all’età di 90 anni l’arcivescovo anglicano Desmond Tutu. La sua fama internazionale è legata al ruolo che ha rivestito nel movimento per porre fine al brutale sistema di apartheid del Sudafrica. Insieme a Nelson Mandela, con il quale ebbe una forte amicizia, Tutu è stato una delle figure di spicco nella battaglia per abbattere il sistema razzista e fascista dei bianchi, in vigore dal 1948. Ha sempre ripudiato ogni forma di violenza professando uguaglianza e tolleranza. Inconfondibile il sorriso e la piccola statura (“5 piedi e 4 pollici”).

Nato nella tranquilla cittadina agricola di Klerksdorp, nel nord del paese a circa 200 km da Johannesburg. Figlio di un preside e di una domestica, ha completato gli studi di teologia al King’s College di Londra. Sacerdote dal 1960 e vescovo dal 1976. Nel 1986 è il primo arcivescovo nero di Città del Capo. Nel 1994 con Mandela divenuto presidente Tutu è chiamato a supervisionare la Commissione “per la verità e la riconciliazione”, che esamina i crimini commessi durante l’apartheid, da entrambi le parti.

Compito difficile che tocca corde sensibili. Se il nomignolo di Mandela era Madiba quello affettuosamente usato per Tutu dalla gente sudafricana è The Arch (L’Arco). Nonostante la malattia diagnosticata ai primi anni ’90 non smette di adoperarsi per i diritti umani, contro la povertà. Insignito del premio Nobel per la pace nel 1984. Nel 1996 si batte perché la nuova costituzione non includesse normative discriminanti sull’orientamento sessuale.

Dieci anni dopo il Sudafrica è il sesto stato al mondo a riconoscere legalmente il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Nel 2013 dichiara apertamente che avrebbe “preferito andare all’Inferno piuttosto che in un Paradiso omofobo”. Le sue parole alzano, ovviamente, letteralmente un vespaio. Due anni dopo con un atto di sfida alle regole del sacerdozio ordinario darà la benedizione al matrimonio della figlia Mpho Tutu con un’altra donna.

Non ha risparmiato critiche sprezzanti al partito di governo dell’African National Congress, denunciando la deriva di corruzione raggiunto dal sistema politico. L’apice dello scontro con i vertici dell’ANC arriva quando inizialmente non viene invitato ai funerali di Mandela. Nel 2015 lancia una campagna per l’ambiente, esortando i leader mondiali ad utilizzare le energie rinnovabili. Descriverà i cambiamenti climatici come “una delle più grandi sfide morali del nostro tempo”.

Sostenitore della morte assistita e della nascita di un stato palestinese. Mandela di lui una volta disse: “A volte stridente, spesso tenero, mai spaventato e raramente senza umorismo, la voce di Desmond Tutu sarà sempre la voce dei senza voce”. Tra i tanti messaggi di cordoglio pubblicati in queste ore oltre a papa Francesco spiccano Barack Obama, che lo definisce: “Una bussola morale”. L’arcivescovo di Canterbury Justin Welby in sua memoria ha scritto: “profeta e sacerdote, uomo di parole e di azione”. E il Dalai Lama che riconosce in lui: “un vero filantropo”. Per tanti africani ha rappresentato la coscienza di quel continente.

Alfredo De Girolamo  Enrico Catassi

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