Firenze – “Non esiste troppo cinema francese, non più. Se penso ai grandi registi che avete avuto, mi domando perché fate un festival di film francesi”: con una serie di battute come questa Gérard Depardieu si è presentato sul palco della Compagnia per presentare il film Tour de France in concorso al festival del cinema francese France Odeon. Con lui, il regista Rachid Djaidani che ha dato vita a un duetto con “lo zione” pieno di spirito e di creatività che ha molto divertito gli spettatori della sala appena inaugurata dalla Fondazione Sistema Toscana.
Lo stesso spirito e la stessa freschezza mostrata dal film indipendente al quale Depardieu ha prestato gratuitamente la sua arte. Nella convivenza forzata fra un operaio ex detenuto che si è improvvisato artista sulle tracce di Claude Joseph Vernet pittore del XVIII secolo autore di vedute di marine e di porti, e Faruk, un rapper di origine magrebina perseguitato da un concorrente invidioso, il regista ha rappresentato le crisi della società francese sempre più multiculturale e multietnica percorsa da drammatiche tensioni e violenze.
Il conflitto fra i due si stempera progressivamente dimostrando la verità di quanto dice Faruk (l’esordiente rapper egiziano Sadek): “Noi non siamo diversi , ma solo divisi”. Dell’integrazione non solo possibile ma addirittura capace di dare vita a grandi frutti artistici è testimone il rapporto fra Depardieu, attore di successo, grande professionista delle scene, e il giovane Sadek: “Nessun atteggiamento arrogante, gli ho semplicemente detto che niente è più facile che fare l’attore”, ha minimizzato. In realtà tutto il film si regge sull’interpretazione del francese che è riuscito a trasmettere all’altro i fondamenti del suo mestiere e portandolo dunque alla sua altezza interpretativa.