Denatalità ed economia, Livi Bacci: intanto recuperiamo gli anziani

La domanda di lavoro straniero, già elevata, continuerà ad aumentare

Nel momento in cui la generazione del baby boom sta raggiungendo  80 anni, tutti i paesi sviluppati sono colpiti da un invecchiamento storico, accelerato dal recente calo del tasso di natalità. Il Giappone è il paese più vecchio del mondo, quasi il 30% della sua popolazione ha più di 65 anni. Secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, l’Italia – seconda sul podio – raggiungerà lo stesso livello a metà degli anni ’30, la Germania nel decennio successivo, e tutti i paesi sviluppati ci saranno durante gli anni ’60.Ne parla il quotidiano francese Le Monde in un’inchiesta di questi giorni. Per capire cosa sta accadendo in Italia e a metter a fuoco prospettive e rimedi abbiamo intervistato Massimo Livi Bacci, uno dei massimi esperti di questioni demografiche, presidente onorario della International Union for the Scientific Study of Population (IUSSP).

Lei sta sostenendo che attualmente ci siano in Italia più donne nate nel 1936 che bambine con meno di un anno. Un annuncio da rabbrividire. Abbiamo capito bene? 

Ha capito benissimo. E’ un modo veloce per sintetizzare l’intensità del processo d’invecchiamento del paese. Fino agli ’60, erano 900mila-un milione i bambini che nascevano ogni anno; queste generazioni, assai numerose, sono approdate alle età che (genericamente) chiamiamo anziane. Dagli anni ’70 in poi, le nascite sono andate diminuendo, e sono state appena 379mila nel 2023. Ecco perché le bisnonne (o potenziali tali) nate nel 1936, nonostante l’azione della mortalità, sono oggi numerose quanto le loro bisnipoti…Lo stesso si può dire per i bisnonni uomini, con qualche aggiustamento di età.

Quali sono gli ultimi numeri della denatalità? Cosa ci dice sul 2023 e adesso sul 2024?

Anzitutto il termine “denatalità” non va bene. Non c’è il termine omologo “de- mortalità”. Come ho detto, le nascite nel 2023 sono state 379mila, contro 400mila nel 2022, 500mila nel 2014, 600mila nel1983 …. e oltre un milione (picco del dopoguerra) del 1964. Nei primi 5 mesi del 2024, c’è stata una lieve, ulteriore caduta.

Quando è iniziata la decrescita della popolazione? Ha proceduto lineare negli anni o e andata avanti per picchi e soste? 

La popolazione del paese diminuisce dal 2014, e nonostante l’immigrazione (più numerosa dell’emigrazione), la discesa procede senza scosse.

Quali sono le cause secondo lei? Scarso sostegno economico da parte dello Stato alle famiglie con figli?  Mancanza di servizi per le necessita quotidiane? Continuo aumento del costo della vita? Precarietà, retribuzioni insufficienti, tra le più basse d’Europa? Difficoltà di conciliare vita e lavoro, specie per le donne che spesso perdono il lavoro all’arrivo di un figlio. Oppure, pur conservandolo, non trovano servizi che permettano loro di reinserirsi nel mondo del lavoro e poi quando, cresciuti i figli raramente ce la fanno, finiscono con avere salari e pensioni più basse a causa della discontinuità di carriera? E, ancora, incide tuttora una troppa scarsa cultura della divisione delle responsabilità genitoriali che scarica gran parte del lavoro familiare sulle donne? Poi ingiustamente incolpate, più loro degli uomini, di non volere figli?

Tutti i fattori che lei ha così bene ricordati premono per limitare la propensione delle giovani donne – e dei giovani uomini – a mettere al mondo figli. Ma ascolti il paradosso: anche se tutti questi fattori negativi fossero rimossi per incanto, la natalità (forse) recupererebbe qualcosa, ma temo solo spiccioli. Mi spiego meglio: perché una popolazione resti in equilibrio, occorrerebbe che le donne (e i loro compagni) mettessero al mondo una media di 2 figli, mentre oggi siamo a 1,3 (più di un terzo in meno). La media dell’Europa è poco oltre 1,5; in Francia, e in taluni paesi del Nord – che hanno politiche sociali molto favorevoli per le famiglie con figli, e da oltre mezzo secolo, 1,6-1,7. Anche in questi casi più fortunati siamo ben al disotto del cosiddetto “livello di rimpiazzo” pari a 2. Ma se giriamo lo sguardo sul resto del mondo, troviamo la Corea del Sud a 0,8 (!), la Cina a 1,1, metà dell’India a 1,6. Quasi tutto il continente americano è mediamente sotto il livello di rimpiazzo (seppur lievemente). Insomma, la bassa o bassissima natalità sta facendo il giro del mondo…non è una specialità made in Italy

Oppure, come pure qualcuno azzarda, non contano nel non fare figli tanto le difficoltà economiche quanto una nuova cultura edonistica che genererebbe una minoranza, ma sempre più ampia, di convinti child free indisponibili a mettersi tra i piedi bambini che richiedono impegno e attenzione?

Se posso permettermi, non userei l’espressione abusata “cultura edonistica”. Però sì: possiamo dire che il senso materno o paterno viene appagato anche da un figlio unico, e che gran parte dell’umanità, in questa fase storica, partecipa di uno Zeitgeist che non incita alla prolificità, e che non fa dei figli un assoluto fondamento del proprio orizzonte di vita.

 C’entra qualcosa anche la paura di un futuro incerto, ormai oscurato dalle ombre della guerra, la crisi climatica, la minaccia di povertà, l’incertezza sulla possibilità di sopravvivenza della terra?

Può essere.

Comunque i ricchi hanno più figli dei poveri? O no?

Nei paesi più sviluppati le differenze sono minime, e scarsamente significative.

Quali sono, alle condizioni presenti, le previsioni per il futuro? La decrescita andrà avanti o si fermerà?

A livello mondiale, la crescita della popolazione sta rapidamente rallentando; le ultime proiezioni delle Nazioni Unite suggeriscono che la popolazione raggiungerà il suo picco attorno ai 10 miliardi (2 più di adesso) verso gli anni ’80, oscillando successivamente attorno a quella cifra. Però nessuno ha la sfera di cristallo: staremo a vedere. Per quanto riguarda l’Italia, a meno di non immaginare un’immigrazione numerosissima (ma non ci sono certo le premesse politiche!), la riduzione della popolazione continuerà sicuramente nei prossimi decenni. Ma, se bene amministrato, non è detto che sia un disastro.

Veniamo alla domanda clou. Di decrescita demografica in decrescita, scatterà mai un’ora X in cui senza l’apporto di mani e cervelli venuti da fuori l’economia italiana potrebbe fermarsi per mancanza di sufficienti addetti?

Quell’ora X è già scattata da anni

Quanti sono adesso gli immigrati nel nostro paese? Basterebbe includerli tutti nel mondo del lavoro o, invece di diminuirne il numero come si affanna a volere il governo, gli immigrati dovrebbero aumentare? Esiste un calcolo di quanti in meno saremo tra dieci anni e di quanti immigrati in più eventualmente servirebbero all’economia italiana?

L’Istat s’incarica, anno dopo anno, di aggiornare le previsioni demografiche per il nostro paese. Nei prossimi vent’anni, continuerà a diminuire la popolazione autoctona in età di lavoro a un notevole ritmo. Di conseguenza la domanda di lavoro straniero, già elevata, continuerà ad aumentare. Questo ben lo sa il Governo Meloni, che nel decreto flussi dello scorso anno ha previsto entrate regolari per oltre 400mila persone non comunitarie nel triennio 2023-25 (molti di più di quanto abbiano fatto i governi precedenti). Ma questo è ancora troppo poco.

Visto che gli anziani aumentano e i giovani diminuiscono, quale potrebbe essere l’effetto del mancato ricambio generazionale sul sistema sociale, previdenziale e sanitario?

Non occorre essere degli esperti per dire che queste tendenze implicano un appesantimento dei conti pubblici, contro il quale tutti i governi lottano strenuamente. Aumentano i pensionati, gli anziani bisognosi di cure, soprattutto quelli non autonomi e con malattie croniche e invalidanti – ad esempio le demenze senili, che raddoppieranno nel prossimo quarto di secolo; aumenta la richiesta di servizi erogati dal sistema pubblico. La via maestra, per i prossimi decenni, è quella di recuperare ad attività utili – culturali, sociali,  e anche produttive, milioni di anziani che nella loro gran maggioranza, fino ai 70-75 anni, sono in buone condizioni psico-fisiche. Un recupero basato sulla volontarietà delle persone, sulla flessibilità, e sulla sburocratizzazione. D’altro canto, anche i progressi medici, sanitari e tecnologiche possono permettere di erogare buone e migliori cure senza aggravare i bilanci pubblici. E’ questa la scommessa dei decenni futuri: far sì che gli anziani vivano meglio, producano di più e costino di meno.

Non le risulta incomprensibile in questa situazione l’atteggiamento anti ius soli, ma addirittura anche anti ius scholae, del governo? Stessa domanda sul progetto di Meloni di smontare l’assegno unico, ovvero il bonus famiglia.

Nel 2015, un disegno di legge analogo ebbe larga maggioranza alla Camera, ma fu affondato in Senato nel 2017 per calcoli meramente elettorali. L’immigrazione è necessaria, lo sanno tutti, ma ne vorremmo solo i benefici senza farci troppo carico degli oneri (casa, formazione, scuola, diritti sociali). Questa schizofrenia dilaga in tutti i paesi sviluppati, non solo in Italia. La riforma della cittadinanza per i giovani è necessaria, ma è facile manipolare l’opinione pubblica contro la legge, che pure è moderata, di buon senso e necessaria. 

Ci sono differenze pur nella generale decrescita della popolazione tra regioni e città d’Italia, e se sì, perché?

Le differenze ci sono, ma sono minime, e occorrerebbe molto spazio per descriverle.

L’impressione, avventurandosi in altre città d’Europa è di incontrare per strada molte più carrozzine che qui? Vero o falso? Anche in questo caso, se vero, perché?14) Cosa si può fare nell’immediato e nel lungo periodo, da parte delle istituzioni locali come del governo, per invertire la tendenza?

Falso. Mi correggo: a Lagos probabilmente incontra più carrozzine che in Italia, in Corea molte meno….

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