Predicano bene. Vogliono tagliare le spese superflue. Sono accaniti propositori della spending review. Altrui. E’ infatti pronto e sui tavoli dei Ministeri dell’Interno e del Tesoro il testo del Ministero degli Affari regionali per far sì che un maggior numero di comuni italiani si possa dotare della non necessaria figura del Direttore generale. Abbassando la soglia, elevata dall’ex ministro Giulio Tremonti, del numero dei residenti.
Se fino a ieri cioè solo i comuni con oltre 100mila abitanti potevano dotarsi del direttore, domani potrebbero farlo quelli dai 50mila in su. In pratica un altro centinaio di città, con buona pace di chi chiede un dimagrimento delle spese superflue negli enti locali. Gran fautore dell’infornata della pletora dei nuovi direttori è quel ministro Graziano Delrio che già tentò l’operazione in qualità di presidente Anci. Braccio tecnico invece il suo Capo di gabinetto Mauro Bonaretti, guardacaso ex direttore generale del comune di Reggio (111mila euro di stipendio annuo) e fino allo scorso maggio segretario Andigel, l’associazione dei direttori generali degli enti locali.
Il direttore generale è una figura manageriale atipica, legata a doppio filo con il primo cittadino che lo nomina, con la funzione di controllo e coordinamento delle operazioni interne all’amministrazione pubblica: ruolo che nel computo degli stipendi base varrebbe quanto 5 o 6 dirigenti eletti con concorso e già presenti in organico. Con stipendi che possono andare fino ai 250mila euro all’anno.
E’ opportuno che Delrio cerchi di tagliare le Province e al contempo lavori per dotare i comuni di costosissime figure professionali non necessarie. E che il suo braccio armato sia quel Bonaretti già suo direttore generale in comune a Reggio e ai vertici dell’associazione nazionale dei direttori generali?