Delocalizzazioni, l’emendamento del governo “un passo avanti” per Giani

Firenze – Un passo avanti c’è, secondo il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, ma non è ancora del tutto sufficiente.  A mancare, ancora, una peina garanzia deilavoratori delle grandi aziende in caso di improvvise cessazioni o delocalizzazioni. Il presidente della Regione Toscana prende posizione sull’emendamento del governo al decreto antidelocalizzazioni, presentato in commissione bilancio, per essere approvato in sede di Finanziaria e su cui i lavoratori di Gkn hanno espresso in queste ore la loro contrarietà.

“Ho sostenuto con forza la necessità di una norma che mettesse un freno alle delocalizzazioni selvagge e alle chiusure di aziende dall’oggi al domani – afferma Giani – per questo ritengo che l’emendamento contribuisca comunque a far fare un passo avanti a questo importante strumento. Detto questo, non posso non ascoltare le critiche nel merito di alcuni aspetti specifici e le proposte costruttive che vengono dai lavoratori della Gkn attraverso il Collettivo di fabbrica, cui rinnovo il mio sostegno e che ringrazio per la tenacia e la lucidità con cui sta portando avanti questa battaglia che è anche nostra. Si tratta di osservazioni che vengono da chi sta vivendo sulla propria pelle gli effetti di una decisione che li ha lasciati a casa da un giorno all’altro, senza preavviso e che, per questo, meritano l’attenzione del governo. In particolare credo vada posta l’attenzione sulle potenziali implicazioni dell’emendamento per quanto riguarda il diritto dei lavoratori a difendersi attraverso norme contrattuali o facendo ricorso alla magistratura, così come sulla necessità di dare priorità alla continuità o rilancio produttivo rispetto ad una monetizzazione dei licenziamenti”.

Per approfondire questi aspetti il presidente Giani si è detto quindi disponibile a favorire un incontro su questi temi fra rappresentanti del Governo e Collettivo Gkn.

La norma riguarda le aziende con più di 250 dipendenti, vale a dire 4mila in tutto il paese, solo lo 0,1% delle aziende del paese e a cui si può facilmente sfuggire preparando la crisi aziendale. “Una delle differenze base con la proposta di legge preparata dal Collettivo di fabbrica e presentata da vari parlamentari tra cui il Senatore Mantero sta nelle finalità del piano – si lgge in una nota del Collettivo di Fabbrica – mentre per nel testo del Collettivo l’azienda che chiude deve presentare un piano di continuità produttiva e occupazionale, in quello del Governo si prevede praticamente la sola mitigazione sociale dei licenziamenti. La continuità occupazione e produttiva diventa infatti una prospettiva da indicare, al massimo una eventualità”.
L’altra differenza sta nelle sanzioni. “In caso l’azienda non rispetti o non presenti il piano – continua la nota – che è soltanto di semplice mitigazione dell’impatto sociale dei licenziamenti, le sanzioni sono irrisorie. Ben al di sotto delle peggiori aspettative. L’azienda può incappare semplicemente nel raddoppio del cosiddetto ticket di licenziamento in caso di mancata presentazione o rispetto del piano o del 50% in caso il piano non sia sottoscritto dalle organizzazioni sindacali. Si sta parlando di un massimo circa di 3000 euro a lavoratore. Con 600.000 euro circa in più sui ticket licenziamento chiudevi Gkn Firenze. Inoltre non c’è nessun riferimento ai contributi pubblici presi da un’azienda, continuando con la tradizione dei bonus a pioggia e senza vincoli”.
“Il collettivo di fabbrica è venuto a conoscenza dell’emendamento del Governo da canali giornalistici, non per via ufficiale – sottolinea Dario Salvetti delegato RSU Gkn – non si tratta di una norma antidelocalizzazioni, come propagandato dal Governo, ma per proceduralizzare le delocalizzazioni. Vorremmo essere chiari: questa norma avrebbe chiuso Gkn, imposto la soluzione di Melrose e non avrebbe reso possibile nemmeno l’articolo 28. Il Governo sta al di sotto di quanto fatto da un semplice collettivo di fabbrica, i soliti “quattro operai a cui non tenete testa”. Il 9 luglio siamo stati lasciati a casa con modalità atroci, ma ancora prima dei metodi, via sms, email o whatsapp, c’è il problema del licenziamento in sé. E in tutto questo ci chiediamo dove sia lo Stato: dove le politiche industriali , dove le misure che andrebbero messe in campo dalle istituzioni per garantire la continuità produttiva di uno stabilimento e il benessere collettivo che ne deriva. Il punto non è solo cosa fa la multinazionale che scappa, ma che cosa fa lo Stato che resta. Molti del Partito Democratico e del Movimento 5 Stelle sono venuti in Gkn a dichiarare solidarietà, il momento della verità è venuto, ora sta a loro dimostrare coerenza e onestà intellettuale. Cinque mesi di assemblea permanente hanno posto in maniera irreversibile il dibattito di quale intervento statale e per fare cosa”.

 

 

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