Prato – Prende il via a Reggio Emilia il processo Saman con un rinvio al 17 febbraio prossimo. Cinque i familiari imputati, di cui solo tre presenti in aula: Danish Hasnain lo zio e i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq. Tutti e tre fuggiti poco dopo la scomparsa della ragazza 18enne e fermati nei mesi successivi tra Francia e Spagna. Assenti il padre, Shabbar Abbas, e la madre Nazia Shaheen, entrambi scappati in Pakistan poche ore dopo la morte della figlia, il primo maggio 2021, e rimasti latitanti per mesi. Il primo è stato arrestato il 15 novembre scorso ed è in attesa della pronuncia sull’estradizione da parte del tribunale pachistano mentre la madre è l’unica che non è ancora stata rintracciata.
Stralciata dal tribunale italiano la posizione del padre perché riconosciuto il legittimo impedimento e per lui il procedimento è stato rinviato al 17 febbraio e all’avvocato d’ufficio sarà proposto il collegamento a distanza. Inoltre la Corte di Assise di Reggio Emilia si è riservata la decisione su quali realtà associative ammettere e quali no come parti civili nel processo. Perchè ben 18 associazioni la cui mission è il contrasto alla violenza sulle donne ne hanno fatto richiesta e la Corte, dopo essersi aggiornata,ha rinviato la decisione di sette giorni. Privilegiate e non contestate dalla difesa Trama di Terre e Nondasola di Reggio Emilia a cui è stata riconosciuta la pertinenza territoriale; a queste si sono aggiunte anche altre due associazioni impegnate per i diritti delle donne a livello nazionale e alle quali è stata invece contestata la competenza territoriale come Differenza donna e Udi. E tra le richieste pervenute: l’Osservatorio nazionale sostegno vittime, Al posto tuo, Meta, Confederazione islamica italiana, Associazione italiana vittime di violenza,