Assolto con formula piena, per non aver commesso il fatto, ritenuto del tutto estraneo al delitto del dottor Carlo Rombaldi quella sera del maggio del ’92. Così la Corte d’Assise del Tribunale di Reggio dopo circa due ore e mezza di Camera di Consiglio ha mandato a casa, da uomo libero, l’ex vigile urbano di S.Stefano Pietro Fontanesi, dopo tre anni di processo che lo vedevano come unico imputato d’omicidio. Segno che giurati e Presidente si erano già fatti un’idea piuttosto precisa in queste lunghe settimane di dibattimento.
La Pm Maria Rita Pantanti aveva chiesto l’ergastolo, i difensori Giancarlo e Giovanni Tarquini la totale assoluzione. Nel corso delle due ultime giornate, durante le arringhe conclusive, le repliche e le contro-repliche, entrambe le parti avevano eccepito sul modo di interpretare rispettivamente accusa e difesa. In particolare Giancarlo Tarquini era arrivato a dire di non aver mai visto, nel corso della sua lunga carriera, arriva in Corte d’Assise un caso del genere sostanzialmente senza alcuna prova.
Il Pubblico Ministero ha cercato a più riprese di provare come l’arma del delitto fosse quella in uso al Fontanesi; ma le perizie “super partes” sono arrivate, chi più chi meno tutte, a decretare “l’inconcludenza” dell’esito, cioè l’impossibilità a dimostrarlo, quando non la improbababilità che la pistola del delitto fosse proprio quella dell’ex vigile. Venuto a mancare questo elemento centrale, che tre anni fa aveva fatto riaprire il caso, tutto il castello accusatorio è crollato.
Hai voglia a buttarla sulla personalità disturbata dell’oggi 70enne imputato, sulla sua depressione e sulla sua presunta aggressività repressa: questi sono elementi che non fanno di un uomo un assassino. Gli altri potenziali elementi indiziari infine troppo deboli. Il teorema Pantani si è dunque sciolto e con esso tutto il lavoro d’indagine degli uomini della Questura reggiana è stato messo fortemente in discussione. Resta al Fontanesi una condanna a 9 mesi per detenzione di munizioni non dichiarate e il pagamento parziale delle spese processuali. La Pantani ha annunciato che farà ricorso.
Vent’anni fa in via Fabio Filzi
La sera del 7 maggio 1992 il dottor Carlo Rombaldi, giovane e promettente chirurgo del Santa Maria Nuova, esce a mangiare una pizza “Da Donato” insieme ad un gruppo di colleghi. Dopo averli salutati, verso mezzanotte, fa rientro in via Fabio Filzi, dove vive con la moglie Aura Chierici e ai due figli di 4 e 11 anni. Ha appena parcheggiato l’auto in garage, quando sulla soglia qualcuno esplode contro di lui almeno tre colpi, uno dei quali perfora un polmone e si rivelerà fatale. Rombaldi viene trasportato in ambulanza al Santa Maria Nuova, dove viene operato dal suo primario, il dottor Prati. Ma le sue condizioni sono troppo gravi e muore nella notte.
Le indagini, guidate dal procuratore Bevilacqua, vanno in tutte le direzioni: esclusa la rapina – la vittima aveva ancora portafoglio e orologio – si ipotizza uno scambio di persona, la vendetta di un paziente, dissapori sul posto di lavoro. Ma nella vita di Rombaldi non c’è un’ombra, è irreprensibile sia nella sua professione che nel privato. Molte le piste, tutte finite nel nulla. E il mistero continua.