Cominciamo dal fondo, in tutti i sensi. Se è vero che raglio d’asino non giunge al cielo, è altresì vero che lo scrivente gianpar, da una parte non è propriamente un cherubino in excelsis, dall’altra i buu al suo indirizzo nell’atto di porre domande, né particolarmente scomode né inopportune, semplicemente domande, alla presentanda super coalizione di centrosinistra a sostegno di Marco Massari, sarebbero stati magari più consoni ad esempio in uno stadio (qualora non si dia naturalmente alcuna valenza razzista al becerume corale che accompagna spesso le partite di calcio) od alla prima di una qualsiasi opera di Verdi durante l’immancabile stecca del tenore per l’inorridirsi dei melomani da loggione. Meno, molto meno consoni invece ad una conferenza stampa.
Ma tant’è, a Reggio Emilia da un po’ di tempo a questa parte, fors’anche per il supporto morale di cui si pensa possano avere bisogno gli uomini e le donne che si affacciano per la prima volta o quasi nel pubblico agone e come tali assai poco avvezzi al plurisecolare confronto dialettico, è invalsa l’abitudine che conferenze stampa e momento pubblico con tanto di ultras di contorno, coincidano. Allora è bene che sappiano, lorsignori vocianti e spazientiti dalle domande scomode dei giornalisti e che, forti delle circostanze ambientali, ti urlano “bastaaa!” da dietro o di ben peggio a denti stretti, che si chiamano appunto “conferenze stampa” quei momenti, più o meno lunghi, più o meno preparati, in cui i latori di qualsiasi cosa da dire (e da loro stessi indette) se la vedono appunto con la stampa. E gli altri, se vogliono assistere, o tacciono o, se disturbati da narrazioni che non necessariamente seguano il filo dei loro desiderata, escono dalla sala per poi esternare garbatamente in altra sede il loro dissenso al reporter di turno. Lorsignori sappiano anche che il gianpar è detentore di tutti i peggiori difetti del mondo ma non ha alcun problema, dicasi alcuno, ad interloquire con chicchessia. Purtroppo per loro, il nostro mestiere non è quello di redigere dispacci (parliamo almeno di questa testata) a beneficio elettorale di una specifica formazione, bensì quello di rendere edotta l’opinione pubblica, o almeno provarci, di ciò che accade e magari di ciò che ci sta dietro.
Concediamo le attenuanti generiche, per i motivi di cui sopra e per la ancora parziale esperienza che il cerimoniere dell’inaugurazione della sede del Comitato massariano, il collega Diego Oneda (portavoce dello stesso Massari) ha accumulato nel gestire queste delicate si fa per dire circostanze. Il casus belli che ha scatenato le reprimende dei supporters delle retrovie all’indirizzo dello scrivente, è stato una innocentissima battuta sulla sede del Comitato (un tempo negozio di bombolette spray come ci ha spiegato fornendoci l’assist del mese, il coalizzato Cosimo Pederzoli di Sic!). “Da qui Pederzoli magari partiva per scrivere Abbasso Renzi (il riferimento della battuta del gianpar era alla vicinanza fisica ed alla lontananza politica del Pederzoli stesso con Maura Manghi di Italia Viva, seduta accanto a lui al tavolo della conferenza stampa) sui muri della città. Sarebbe bello- ha proseguito il vostro gianpar e non l’avesse mai detto! – che Massari allora facesse lo stesso vergando sulle facciate cittadine la frase Dio c’è”.
Il riferimento, filologicamente ineccepibile, era da una parte al dichiarato ateismo del Massari, dall’altra alla frase-clou pronunciata da Francesco Merli, in quel del Palabigi, “Dio è con Massari”. La battuta del gianpar, bella o brutta che fosse, a Massari (che detto tra noi pare empaticamente assai più evoluto di molti suoi fan) non è dispiaciuta. Mentre il Pederzoli ci ha tenuto ad escludere che scrivesse quelle frasi antirenziane, avendo di meglio da fare, come ripulire muri e staccionate di casa nostra dalle sempre più numerose svastiche e dilaganti croci celtiche. Per noi il “caso” è chiuso. E ci scusiamo pure per il pistolotto in diretta (forse un po’ lungo e un po’ pomposo) che il gianpar si è poi sentito in dovere di elargire alla presentazione massariana, a chi con estrema generosità affibbia del “fassista” al primo eccepente che passa il convento per poi cercare di zittire e intimidire i giornalisti che si danno a battute innocue ma non fedeli alla linea del partito.
Ciò detto, veniamo a questioni ben più serie. Lì per lì, vedendo la distesa generosa delle liste in campo per Massari e la variegata composizione di partiti che a livello nazionale o locale (nemmeno troppo lontano da Reggio) se le danno di santa ragione, con una teoria umana di 11 apostoli (in apparenza almeno per ora senza Giuda grazie al cielo), ci è sovvenuta l’immagine del capolavoro davinciano dell’Ultima Cena. Non fosse che la presentazione si è avverata a metà mattinata e non nel Cenacolo sul Monte Sion bensì in un negozio sfitto, ex sede di rivendita di bombolette, a metà di via Toschi. Ma qualcosa di comunque miracoloso era effettivamente nell’aria. Il fatto appunto che fossero seduti uno accanto all’altro una sfilza di soggetti politici e culturali ontologicamente pressoché antitetici. A partire, in ordine di apparizione o quasi, da Elena Mazzoni dei 5stelle, il partito che per mesi rivolgendosi al Pd reggiano per i fatti di Bibbiano, tuonava “mai col partito dei ladri di bambini” (ed in effetti poi i pentastellati a Reggio Emilia si sono suddivisi grossomodo in tre tronconi, dunque molti di loro col PD non ci andranno affatto). Passando per la vicinanza fisica tra gli esponenti del listone di centro composto da +Europa, Italia Viva e Psi con quelli di Sic!, formazione di sinistra radicale. I primi vanno in piazza per Israele, i secondi per la Palestina.
Ma la vera notizia, per una volta senza che fossimo noi a dover esplicitare il retroscena, ce l’ha fornita il calendiano Claudio Guidetti. Mentre la sala della presentazione pullulava di ex dirigenti della Cgil, all’ennesimo quesito dell’immolando gianpar, su cosa pensasse del rapporto tra il suo leader, Carlo Calenda appunto, ed il segretario nazionale Cgil, il pure reggiano Maurizio Landini (Calenda e Landini ormai si parlano solo tramite avvocati nelle aule dei Tribunali), Guidetti ha così sentenziato: “Sul caso Stellantis (quello che ha portato Landini a querelare Calenda, il quale ha dichiarato e ripetuto che Landini ha smesso di fare opposizione sia a Elkann che a Stellantis per avere paginate e interviste benevole da Repubblica, proprietà di Elkann, come è noto, ndr) la penso esattamente come Calenda. Ma essendo io un imprenditore sono a fianco del sindacato su diverse battaglie comuni volte a migliorare gli ambienti di lavoro”. Come tutto ciò sia possibile, cioè che i calendiani reggiani, che hanno una così mediocre opinione del segretario generale della CGIL, vadano d’amore e d’accordo col candidato sindaco l’ex figiciotto Massari, amico di Delrio sì, ma schleiniano doc e da sempre col cuore che batte forte a sinistra, rientra in quella stessa casistica sovrannaturale di cui si diceva poco sopra. Anche se, lo ricordiamo per gli smemorati, in effetti Guidetti riemerse dall’oblio pubblico che perdurava da oltre una decade, proprio organizzando un paio di convegni in città, tra i quali uno sulle cosiddette morti bianche, cioè quelle sul lavoro. E che emanava un forte odore di captatio benevolantiae verso il sindacato a un km di distanza. Poco meno di un anno fa. Fu da allora che 7per24 mangiò, con larghissimo anticipo la foglia e rivelò al suo sparuto quanto competente pubblico, come in sostanza Guidetti avesse già in tasca un pre-accordo col Pd a prescindere dal nome del candidato sindaco. Nella speranza di un bell’assessorato. Guidetti in questo senso è rimasto fedelissimo alla linea ed anche dall’ex regno delle bombolette spray, già paradiso di Pederzoli, si è sperticato nel tessere gli elogi del Massari, “il migliore dei candidati possibili”.
Sul tema del lavoro, sarebbe già un buon banco di prova per la tenuta della coalizione che si candida alla guida della città, conoscere i pareri dei singoli capolista sui nuovi referendum proposti dalla Cgil. E che vede già in nettissima antitesi la Cisl. Impossibile che li firmino Guidetti e la renziana Manghi. Dunque, metà di qua, metà di là. Lanfranco de Franco (accettiamo scommesse) li firmerà, ma cosa farà il segretario provinciale Pd Massimo Gazza, un tempo leader dei renziani reggiani che si batterono così orgogliosamente per abolire proprio quell’articolo 18 che ora la Cgil vuole ripristinare? E Delrio li firmerà? Così come sarà interessante vedere cosa farà Sic! se nessuno o non tutti i suoi cavalli di battaglia elettorali, stop al Bosco urbano di Baragalla, il cosiddetto Parco della droga in zona stazione e divieto d’esercito sempre in Stazione, dovessero trovare sfogo nell’ipotetica giunta Massari. Dignità vorrebbe che chi va in un organo di governo e prende metaforicamente sberle fumanti su tutte le battaglie identitarie ne traesse le conseguenze dimettendosi, ma a Reggio la politica fa miracoli. Anzi, è proprio Massari, come ha detto lo stesso Cosimo Pederzoli, che “fa i miracoli e mette assieme chi la pensa diversamente” su quasi tutto.
Nel frattempo, almeno una richiesta di 7per24 è stata soddisfatta dall’agone in corso: quella di alzare il volume della polemica, pena arrivare a inizio giugno sempre più mosci ed annoiati. E qualcuno ha cominciato a farlo. Ad esempio il sindaco uscente Luca Vecchi che in un’intervista ha detto come “dietro a Tarquini ci sono Orban e Le Pen”. Sarà. A parte Salvini però, sia la Meloni che Forza Italia oggi sono atlantisti e assolutamente in linea con la Von der Leyen e il Ppe. Vedremo cosa faranno se in novembre il nuovo presidente USA sarà il mefitico Trump, quello che stravedeva per “Giuseppi” Conte. Semmai è dall’altra parte, nella coalizione di Massari, che sopravvivono coloro che strizzano l’occhio a Putin e perfino ad Hamas e all’ayatollah Khamenei. Tarquini sull’argomento ha risposto a Luca Vecchi per le rime, finalmente la campagna elettorale inizia dunque a farsi un po’ intrigante.
Insomma su tutto pende un diciamo così vizio d’origine. Che la qui presente testata va puntigliosamente rimarcando da mesi e mesi. E che, sempre prendendo spunto dalla conferenza di presentazione delle liste massariane nell’ex negozio sfitto, torniamo a ri-sottolineare servendoci di alcune frasi rilasciate da chi in quella sede ha aperto le danze, ovvero il segretario Gazza. Quando ha detto che “non lo ha mai convinto l’idea che fosse il Pd a dare le carte”. Le carte non le ha indubbiamente date il Pd. Ma men che meno le hanno date i partiti del campo extralarge. Massari non lo ha scelto il partito, perché si è presentato alla direzione Pd quale candidato unico. Sempre Gazza qualche tempo fa aveva sentenziato: “Massari è stato il candidato col maggior consenso”. Ma non si sa bene chi abbia deciso che fosse lui ad aver maggior consenso rispetto ad altri, non solo Lanfranco de Franco ma altri nomi autorevoli entrati nel dibattito politico quali Annalisa Rabitti o Francesco Merli ed usciti alla velocità della luce. Tutti cioè sanno, lo sussurrano anche i sassi (con la s minuscola), che Massari è stato scelto da uno sparuto gruppo di persone: Delrio, Castagnetti e il ristretto entourage di Luca Vecchi, 4-5 ex politici provenienti dalla sinistra del vecchio Pci. E di cui Gazza e Cantergiani sono stati esecutori in virtù delle cariche politiche ricoperte. Il gruppo che la sempre qui presente testata ha chiamato il Pattone creando un neologismo ormai di diffusione popolare, ancorché da non utilizzare nelle conferenze stampa miste con ultras presenti per non solleticare in loro il più classico dei buuu. Più o meno gli stessi politici che 20 anni fa sconfissero Antonella Spaggiari esiliandola dai vertici degli allora Ds e della città.
Il Pattone porterà dunque il merito della, secondo noi probabile, vittoria di Massari alle amministrative incassandone i dividendi sul piano delle influenze nei posti di comando. Ma sarà anche responsabile interamente dei problemi di navigazione che lo stesso Massari incontrerà guidando una maggioranza molto eterogenea, pure troppo, per usare un eufemismo. Questa modalità di scelta del candidato sindaco un po’ “carbonara” indebolirà ulteriormente il Pd (rispetto a quello uscito dalle urne del 2019) perché il caminetto dei presunti saggi a discapito dello strumento identitario e fondativo delle primarie, causerà un ulteriore snaturamento del partito. Già oggi molto più simile ai Ds di D’Alema rispetto al Pd “libero da ideologismi”, come lo definì Veltroni al Lingotto nel 2007. Un Massari scelto infatti da un selezionatissimo cenacolo di persone, non tutte iscritte al Pd, coi partiti-ini del campo extralarge di cui vedasi abbondantemente sopra niente affatto coinvolti nella scelta del nome. Ma che si limitano a trattare le cariche. Beati loro. Noi ci prepariamo invece ai prossimi buuu in conferenza stampa.
Manghi (Iv), Massari, Cangiari (Verdi), dietro a lui Miglioli (Possibile), Mazzoni (M5S), e Gazza, forse intento a messaggiarsi con Delrio?