Firenze – Al Viminale i partiti della maggioranza di governo hanno aperto un tavolo di discussione per le modifiche al Decreto Sicurezza, emanato a ottobre del 2018. A distanza di quasi un anno dall’insediamento del nuovo governo, il tema dell’immigrazione è tornato a far parte dell’agenda politica, proprio nel momento in cui la paura dello straniero e dell’immigrato è stata quasi dimenticata per lasciar spazio all’enorme crisi economica e sociale che la pandemia ha causato.
Nulla è stato ancora deciso e prima di ottobre la legge non arriverà in Parlamento, nel frattempo però sono state condivise le linee guida su cui si baseranno le modifiche al Decreto. Uno tra questi è il ripristino dei centri di accoglienza e protezione per i richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), al fine di incentivare il processo di integrazione, sfruttando di più i modelli decentrati locali piuttosto del modello di grandi centri SPRAR, difficili da gestire.
Rimane, seppure diminuita nella pena, la criminalizzazione delle ONG, che soccorrendo migranti in mare non avvertono lo Stato di bandiera; invece, di grande interesse è la proposta di ampliamento delle protezioni sussidiarie e speciali con la possibilità poi di essere convertibili in permessi di soggiorno di lavoro.
A prescindere dal fatto dell’orientamento politico di cui si fa parte e quindi si voglia festeggiare o meno la decisione della maggioranza di governo, i punti che il Decreto Sicurezza aveva lasciato scoperti erano molti, facendo sì che la percezione di paura per la presenza dello straniero diminuisse ma allo stesso tempo aumentasse il problema reale.
La chiusura dei centri SPRAR senza offrire un servizio alternativo, in linea con l’allora decreto di sicurezza, ha portato i rifugiati richiedenti il permesso umanitario nel giro di 24 ore aumentando la quantità di immigrati stranieri nel nostro paese. Infatti le attività di accoglienza sono state sobbarcate dai CAS (centri di accoglienza straordinari), che come dice la parola stessa, erano strutture non dedite a coprire interamente quel ruolo.
L’avvocato del Foro di Firenze, Eugenio Alfano, responsabile Asgi Toscana e responsabile coordinamento rifugiati e migranti in Amnesty International, commenta la situazione attuale riguardante l’ordinamento giuridico in tema di immigrazione e le conseguenze che il Decreto Sicurezza ha comportato sul piano giurisdizionale.
Quali sono i sistemi di protezione per i richiedenti asilo attualmente riconosciuti nel nostro ordinamento?
Prima del decreto Sicurezza erano vigenti tre tipi di protezione per i richiedenti asilo: lo status di rifugiato sancito dalla Convenzione di Ginevra del 1951 adottato per le persone che hanno il fondato timore di subire persecuzioni di tipo personali, la protezione sussidiaria garantita dall’ordinamento europeo per coloro provenienti da paesi di violenza indiscriminata e il permesso per motivi umanitari, una norma in bianco che richiamava gli obblighi costituzionali e internazionali dell’Italia, a tutela di molteplici situazioni fragili e disumane.
Cosa ha comportato l’abrogazione dell’ultima tipologia di protezione?
L’abrogazione dell’ultima tra queste ha introdotto nuove forme di permesso di soggiorno: quello per protezione speciale, quello per cure mediche e per calamità naturali, che però non possono sostituire quello precedente, perché mentre la protezione di carattere umanitario poteva essere convertita in permesso di lavoro le altre tre terminano al finire dell’emergenza. Inoltre per il permesso di soggiorno per cure mediche all’interno del decreto non viene specificato se il soggetto interessato può lavorare generando ulteriori problemi, poiché ci sono malattie che permettono di lavorare, pur nel frattempo curandosi nel paese ospitante. L’unico permesso di soggiorno che può essere rinnovabile e convertibile in permesso di soggiorno per lavoro è quello per valore civile.
Perché è così importante che un permesso di soggiorno sia convertibile in permesso di soggiorno per motivi lavorativi?
Permessi di soggiorno non rinnovabili generano insicurezza e sono contrari alla nostra costituzione, poiché aumentano il rischio di irregolarità, oltre a essere incostituzionali dati gli art 2, 3, e 10 della nostra carta costituzionale. La logica costituzionale che veniva usata prima del 5 ottobre rimandava ai principi costituzionali, sopra citati, che riconoscendo i diritti inalienabili dell’uomo ne garantiva l’attuazione per assicurare “un’esistenza libera e dignitosa”.
Insomma, nessuna esagerazione se si è parlato di “cancellazione dei diritti” e “restringimento delle libertà individuali”, eppure abbiamo aspettato quasi un anno per una riforma di tali decreti. D’altronde siamo abituati a vedere ristretti i diritti dei migranti, l’avvocato Eugenio Alfano ricorda la riforma Minniti-Orlando che ha istituzionalizzato l’abolizione del ricorso in appello per le domande dei richiedenti asilo.