Danza: nell’universo di Shiva si rappresenta la tragedia umana

Firenze –  La circolarità dell’esistenza umana nel continuo nel continuo rigenerarsi alla fine si rompe: la nascita, anzi le nascite hanno una fine. Ma questa perdita rende inutile tutto quello che abbiamo vissuto? No, se siamo riusciti a entrare in sintonia con tutto ciò che è vita, se abbiamo dato il nostro contributo alla grande ruota infinita.

La sapienza indiana si mescola con quella occidentale, così come la musica e i gesti e i movimenti della danza, nello spettacolo  presentato al Teatro della Compagnia dall’ Attakkalari Centre for Movement Arts di Bangalore. Bhinna Vinyasa , il titolo della pièce traducibile appunto con “assemblaggi multipli” , del coreografo indiano Jayachandran Palazhy, è stato coprodotto insieme a Fabbrica Europa e del festival internazionale 2017 è stata degna conclusione per l’intenso messaggio artistico.

La sua realizzazione a Firenze in prima europea è frutto di un progetto speciale “Indian Move in Florence” che Maurizia Settembri , direttrice artistica per la sezione danza del festival fiorentino, vede come “un nuovo format sulle performing arts internazionali e sulle arti a 360 gradi che ogni anno proporrà un focus su un Paese di un Continente altro”.

Gli assemblaggi di Jayachandran sono perfettamente riusciti anche grazie all’aiuto del drammaturgo Andrés Morte. I diversi linguaggi, le diverse culture si compongono in una serie di atti singoli danzati da sei ballerini (Meghna Nambiar, Sylvester Mardi, Hema Bharathi Palani, Parth Bharadwaj, Anindita Ghosh, Snigdha Prabhakar), su un suggestivo sfondo di luci che si muovono:  di caratteri di tante lingue del mondo, di  numeri, di fili e geometrie luminose realizzati da Shymon Chelad e Andrea Narese. La musica composta da Martin Lutz si carica di forza tellurica grazie alle sonorità elettroniche  che sostengono una partitura che si rifà alla musica popolare indiana. E’ la voce che viene dalla terra e che risuona nei corpi maschili e femminili.

Shiva Nataraja (re della danza) che crea danzando il mondo circolare nella cultura indiana abbraccia progressivamente tutte le culture che sono passate per il grande continente indiano. Il  Buddha delle tante diverse posizioni statuarie, come la danza classica dei dominatori inglesi. In questa epopea circolare i danzatori attraversano tecniche, stili e concetti artistici che solo apparentemente appaiono lontani. Uno degli episodi che più hanno catturato gli spettatori è il gioco dei piedi dei  ballerini sdraiati dietro dei cubi bianchi lasciando visibili solo i piedi che si muovono perfettamente nelle sette posizioni della danza classica.

Non sono lontani perché è sempre Shiva che li comprende nel suo mondo circolare. “Anche gli dei ballano”, ha detto Jayachandran nel presentare il suo spettacolo. E tuttavia in questa circolarità perenne dell’universo si rappresenta anche la tragicità occidentale della finitezza dell’individuo, quando il corpo, “l’ultimo territorio su cui abbiamo un certo controllo”, svanisce.  Alla fine non resta che il dolore.

 

Foto: ATTAKKALARI:  Bhinna Vinyasa_©

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