Firenze – Virgilio Sieni ci dispensa dei momenti di grande intensità artistica con una continuità creativa impressionante. Dagli attrezzi dello spettacolo della tradizione teatrale italiana ora, per esempio, ha tirato fuori Pulcinella, personaggio che poteva finora apparire lontano dalla sua poetica, per raccontarci una nuova parabola di gesti e movimenti.
Che ne è della maschera napoletana protagonista della sua ultima coreografia Pulcinella Quartet di scena in questi giorni al CANGO di Firenze? Anche la sua sorte è quella di una metamorfosi nella contemporaneità grazie alla eccezionale capacità del coreografo fiorentino di frantumare il suo soggetto in centinaia di azioni dinamiche, per poi ricomporle in una forma unitaria diversa che parla direttamente a ciò che sta dentro a ciascuno di noi uomini del millennio delle angosce e delle insicurezze.
Il quartetto dei ballerini ci racconta una ricerca di equilibrio mai raggiunto fra il corpo, che è costretto a obbedire alle regole imposte dalla maschera (non a caso la più grottesca, quella con il naso a becco all’ingiù), e una mutata consapevolezza interiore che lo spinge a strapparsi dai rigidi limiti dello stereotipo.
Pulcinella Quartet è dunque la messinscena di una sofferta presa di coscienza, con momenti di autentico pathos e altri di altrettanto autentica tammuriata napoletana quando i Pulcinella infelici si pongono di fronte agli spettatori, accettando il ruolo comico-tragico del loro travestimento che poi è quello che il pubblico si aspetta. Nella comprensione di ciò che avviene sulla scena lo spettatore è accompagnato dalla musica di Michele Rabbia, eseguita dal vivo dall’autore, che alterna sonorità rarefatte ad altre lancinanti, bassi continui da opera napoletana ad accenni melodici fino ai ritmi travolgenti della comicità momentaneamente ritrovata.
Bellissimo è il momento iniziale della danza: i quattro danzatori (Claudia Caldarano, Lisa Labatut, Maurizio Giunti, Davide Valrosso) sono come bloccati, non riescono a entrare in scena. Continuano a uscire e subito a nascondersi dietro le quinte. Non si sentono nel ruolo che devono interpretare e non riescono a mostrare il loro volto mascherato agli spettatori. Il vostro Pulcinella non siamo noi. Un senso di solitudine e di estraneità li travolge. Ciascuno di loro, da solista, prova a fare la sua parte fino al momento nel quale si ritrovano tutti insieme, ma l’estenuante performance che ne segue, fatta di girotondi frenetici, trasmette un desiderio di fuga.
Così come fortemente espressivo è il finale con i quattro danzatori che aprono le braccia come grandi crocifissi: come una resa, ma anche positivamente come un abbraccio al pubblico che li ha capiti.
Fino a domenica 26 marzo.
(foto Virgilio Sieni)