Firenze – Si balla e si canta, si fa all’amore e ci si diverte con il corpo e la fantasia: tutto per allontanare il pensiero della morte. E’ una Ballata sul filo dell’esistenza percorsa ogni istante dal senso della fine, quella che interpretano i personaggi delle novelle del Decamerone raccontati dalla coreografa Marina Giovannini e dalla regista e musicista Letizia Renzini. La stessa che balliamo tutti i giorni noi contemporanei con l’unico esile vantaggio di non avere la morte alle porte di casa come i nostri antenati che furono massacrati dalla pesta nera.
Nell’ambito del Festival la Democrazia del Corpo diretto da Virgilio Sieni, al Cango è andata in scena ieri sera 18 dicembre una performance che completa il progetto Decameron 2.0, che Giovannini e Renzini hanno presentato al festival di Spoleto, come 11° Ballata e 101° novella di Boccaccio. L’ultimo intenso approfondimento dell’ispirazione del maestro di Certaldo che penetra in un’unica danza di uomini e donne che vanno alla ricerca di attimi di vita con gesti e movimenti nei quali la disperazione si maschera di indifferenza.
Una “Lebenstanz” che può essere vista simmetricamente come una “Totentanz”, come sincronici e simmetrici sono i movimenti dei due uomini (Jari Boldrini e Maurizio Giunti) e delle due donne (Marina Giovannini e Lucrezia Palandri) negli impressionanti quadri iniziali.
Per portarci in questa umanità gaudente e condannata senza colpa, la Renzini ha scelto un’atmosfera da “discoteca” a cavallo degli anni 70 e 80 quando si ballava sull’orlo del vulcano con Heart of Glass dei Blondie, il brano che apre lo spettacolo in un arrangiamento che ne mette in evidenza lo spirito disimpegnato venato di melanconia del genere disco pop .
Allo stesso modo, con lo scopo di ipnotizzare le proprie angosce, questa atmosfera è resa alla fine con i dischi rosso cangiante che iniziavano e concludevano i concerti psichedelici per esempio delle band della West Coast di quegli anni. Nel mezzo il canto trecentesco della Renzini sulle parole di Boccaccio: il canto del piacere e del gioco che anestetizza la sofferenza dello spirito. “E’ il canto della resistenza: resistere e andare, nonostante tutto”, ha detto la musicista nel dialogo con il pubblico che è diventato un appuntamento immancabile al termine degli spettacoli del Cango.
Particolarmente riuscita la parte della performance nella quale i quattro corpi si intrecciano fra di loro in innumerevoli pose tenere e lascive, drammatiche e disperate come particolari di un grande immaginario giudizio universale.
Applausi e approvazione da parte del pubblico. Anche stasera al Cango alle 21.