Firenze – Un gran bel modo di ricominciare la vita quotidiana dopo la pausa estiva quello di immergersi nell’ampia offerta di Fabbrica Europa, il festival internazionale che fa di Firenze una delle città aperte alle avanguardie delle arti contemporanee.
Tra gli spettacoli di danza del week end settembrino spicca lo studio compositivo “X” di Olimpia Fortuni e Katatonic Silentio nel chiostro dell’Accademia delle Arti e la coreografia “Party Girl” di Francesco Marillungo al Teatro Cantiere Florida. Entrambe le opere sono ispirate a una poetica neo-espressionista che guarda a una società nella quale la pandemia e i venti di guerra hanno gettato semi di ribellione contro il torpore alienante indotto da valori esclusivamente materialistici.
Realizzata in coproduzione con Sosta Palmizi, “X” (per) è concepita dalla coreografa come un’offerta per “chi partecipa, chi ospita, chi assiste”, un ponte di comunicazione come risulta evidente dall’introduzione nel colonnato esterno dell’Accademia. La danzatrice e la musicista si presentano unite in una sorta di intensa condivisione dell’ispirazione che poi trasmettono al pubblico invitato a entrare nel chiostro per assistere allo svolgimento del tema proposto.
Alla base del concetto coreografico c’è il richiamo alle pratiche sciamaniche come strumento per recuperare la consapevolezza profonda di se stessi. Guidata, quasi invasata, dagli impressionanti suoni elettronici e naturali della partner musicista, Olimpia si ispira agli archetipi di Artemide, simbolo della capacità femminile di accettare e superare qualsiasi sfida, della luna, la Grande Madre, e dei punti cardinali. I suoi movimenti caratterizzati da una energia irrefrenabile hanno trovato una perfetta corrispondenza con le sculture classiche del chiostro, scena ideale per questa ricerca di un’umanità autentica, primigenia.
“X” è sostanzialmente un grido di liberazione dalla gabbia soffocante nella quale si dibatte l’umanità di oggi. L’abbraccio conclusivo fra le due protagoniste dopo l’estenuante ricerca di una via d’uscita alla sofferenza interiore, è il momento della pacificazione e del compimento.
Un finale dello stesso segno, l’uscita dalla gabbia della prepotenza e della cieca, sottomissione è proposto da Party Girl di Francesco Marillungo. Qui non è la musica dura e lancinante a segnare la vita delle tre danzatrici (Agnese Gabrielli, Roberta Racis, Barbara Novati), ma gli ordini imperiosi di una voce fuori campo, che attraverso gli “stop” e i “go” si impadronisce dei loro corpi e li usa come marionette e manichini in una sorta di set televisivo a uso e consumo degli spettatori. Sulla scena, in una posizione simmetrica a quella delle interpreti, tre televisori rappresentano l’aspetto distante e alienante della loro esistenza.
Sono tre “sex-workers”, diventate tali perché oggetto di una violenza che è ancora più subdola perché non viene vissuta come tale dalle sue vittime, ma obbedisce alle regole senza morale né umanità del business. Regole che vengono accettate dalle tre interpreti che paiono felici di sottomettere le loro volontà e le loro fisicità. Fino al momento in cui qualcosa si inceppa in questo meccanismo ambiguo e ambivalente. Nasce così la ribellione che in un primo momento si esprime con l’esplosione degli impulsi e dei desideri materiali e poi gradualmente si stempera in una ritrovata consapevolezza di sé che rifiuta tutto quello che era stato loro imposto. Partiti con “Don’t say no”, tranquillizzante musica disco, la performance si chiude con un pezzo di Lucio Battisti, “Ancora tu”: dunque sei tornata, ti sei liberata dalla gabbia dello sfruttamento e del denaro facile, sei Agnese, Roberta e Barbara che spengono la telecamera e sbattono la porta in faccia ai loro carcerieri.
Foto: Olimpia Fortuni e Katatonic Silentio (ph. Luca Del Pia)