Poi, un bel giorno…il sole ha iniziato a splendere sul rodeo e sul suo anoressico, scarnificato, moribondo protagonista, un Matthew McConaughey come non lo avete mai visto. Bravissimo, talmente perfetto da ricordarci il compianto Heath Ledger ed affiancato da un Jared Leto in stato di grazia, il più bell'uomo-donna che sia mai apparso sullo schermo, talmente affascinante nel suo sanguinante, gioioso, dilaniante dolore…da far invidia persino al meraviglioso Cillian Murphy ventottenne di quel piccolo diamante firmato Neil Jordan ed intitolato Breakfast on Pluto.
Il canadese del Quebec Jean-Marc Vallée (cinquant'anni lo scorso anno), praticamente ignoto al grande pubblico italiano, dirige mirabilmente la forzatissima "coppia di fatto per business" McConaughey-Leto con il medesimo grado di illuminazione raggiunto dal grandissimo Darren Aronofsky con Mickey Rourke nel Leone d'Oro The Wrestler, regalandoci un candidato purosangue agli Oscar 2014. Tra l'altro, visto che "Dio non gioca a dadi", era stato proprio Aronofsky a dirigere Leto nel suo eccezionale quanto inesorabile Requiem for a Dream…ed in entrambe le pellicole si trattava del ruolo di un eroinomane all'ultimo stadio. Sono già trascorsi quattordici anni da allora. Jared è cresciuto e la sua interpretazione dell'angelico/a Rayon che, ogni giorno, decide se vivere o lasciarsi morire…rasenta la perfezione ed a proposito di sforzi titanici, abbiamo dimenticato di menzionare un "sottilissimo" particolare: nel film che state per vedere, il peso totale dei due protagonisti, ottenuto attraverso un pericoloso e radicale digiuno…ammonta a 115 chili! Dimenticate, quindi, prove eccezionali come quella di De Niro in Toro scatenato. Qui siamo decisamente dalle parti di Christian Bale ne L'uomo senza sonno, prestazione fisica estrema che sembrava impossibile da riprodurre.
A pensarci bene, era destino che riuscissero finalmente a produrre e girare Dallas Buyers Club proprio ai giorni nostri, in un periodo storico in cui i media, l'opinione pubblica e la popolazione, specialmente dalle nostre parti, sembrano aver perso la nozione di quale nemico pericoloso ed implacabile sia ancora l'AIDS.
20 anni di attesa per riuscire a realizzare questo gioiello in soli 25 giorni di riprese, 5 in meno di quelli che vengono dati di prognosi al protagonista. Ron Woodroof, cui questa intensa ed immensa storia è stata dedicata, senza la cui testimonianza questo film non sarebbe mai nato, visse in realtà ben sette anni dalla diagnosi, per poi spegnersi nel settembre 1992 e fu di esempio per migliaia di persone che avevano perso ogni speranza di combattere il virus dell'HIV. 117' di immenso, meraviglioso cinema…in attesa di una potenziale e meritatissima pioggia di Oscar.
Massimo Frezza
(Caporedattore Binario Loco, Redattore Spettacoli per Prima Press, Ufficio Stampa Irish Film Festa)