Dalla Sinistra un piano di requisizioni per affrontare il Covid

Firenze – Banche, Curia, assicurazioni. Ovvero, ancora di più in tempi di emergenza, patrimonio immobiliare. Grande patrimonio immobiliare. E, nel momento in cui i privati hanno messo a disposizione i propri alloggi solitamente affittati ai turisti e il Comune di Firenze rintraccia posti in albergo per le famiglie, gli operatori sanitari, coloro che non possono passare la quarantena in casa perché non hanno gli spazi necessari, c’è chi si chiede perché non mettere a disposizione anche quegli immobili.

Organizzata da Firenze Città Aperta, in collaborazione con il gruppo consiliare di Palazzo Vecchio Sinistra Progetto Comune, si è svolta ieri, martedì 31 marzo, alle 11, la conferenza stampa telematica che ha presentato le proposte per reperire 1.000 posti letto per la quarantena all’interno del nostro Comune: si tratta di un piano straordinario di utilizzo della proprietà pubblica e di requisizioni necessarie per la gestione dell’emergenza. All’incontro hanno partecipato  Antonella Bundu e Dmitrij Palagi, consigliera e consigliere comunale di Sinistra Progetto Comune, Francesco Torrigiani, co-portavoce dell’Associazione Firenze Città Aperta, Tommaso Grassi, primo redattore della proposta che sarà presentata.

Il Comune di Firenze, tramite una convenzione della Regione con gli alberghi, ha comunicato di avere reperito alcune centinaia di camere, al prezzo giornaliero tra 30,90€ i 38€ oltre al costo dei servizi necessari. Ma, dicono i convenuti, pur essendo una misura utile, non c’è dubbio, sarebbe stata adeguata ad una situazione ordinaria.  “Siamo in una situazione di emergenza dove ogni euro deve esser speso ottenendo il massimo beneficio, tramite l’utilizzo di ogni strumento messo a disposizione dalla normativa emergenziale, comprese appunto le requisizioni”.

Le proposte e un piano di requisizioni potrebbero appuntarsi su una lista, stilata in prima battuta dall’ex consigliere comunale della Sinistra Tommaso Grassi. “Ovviamente c’è bisogno di attenzione e studio – dicono i convenuti – non ogni immobile va bene, non qualunque spazio può essere utile ad ogni tipo di situazione e persona da accogliere. Ovvero se per le famiglie che hanno necessità di spostarsi dall’abitazione per stare lontano dal familiare contagiato (in Cina il 77% dei contagiati lo sono stati da familiari), dopo un periodo di sorveglianza, andrà bene qualsiasi alloggio, in qualunque struttura, cosa diversa sarà per i contagiati confermati che avranno bisogno di alloggi autonomi, che permettano una autonomia totale, in edifici adatti a limitare al massimo i contatti con l’esterno. Tra questi due casi estremi avremo bisogno di strutture per le persone sottoposte a sorveglianza attiva che, seppure con limitazioni, potranno essere accolte in strutture temporanee dove poter ruotare gli ospiti per il periodo dei 14 giorni di monitoraggio”.

Non solo, potrebbe anche esserci la necessità di affrontare la crisi per quelle famiglie e persone che dovessero essere contagiate trovandosi in strutture collettive, come alberghi popolari, RSA o centri d’accoglienza. “A tutela di chi ci lavora e di chi è accolto non si può pensare che siano abbandonati a sé stessi, come esseri umani di serie B. I dati della Lombardia mostrano come le RSA siano strutture ad altissimo rischio di mortalità”.

Ed ecco le proposte: utilizzare gli immobili vuoti  di proprietà pubblica, dai 10 alloggi popolari (vuoti) di via dei Pepi non alienati dal comune di Firenze al fondo di investimento, l‘ospedale militare di San Gallo (secondo i consiglieri ancora in mano a Cassa Depositi e Prestiti, anche se un progetto vorrebbe vederci realizzato altro); l’ospedale di San Giovanni di Dio in Borgo Ognissanti  (in ristrutturazione dal 2018), le tante Caserme dismesse, le proprietà che la Regione Toscana ha messo in vendita (utili nel medio periodo). Ragionando con un lasso temporale più lungo, vengono tirate in ballo anche Villa Basilewsky  eVilla Fabbricotti. Senza dimenticare gli Studentati pubblici o in convenzione,lasciati vuoti dalle studentesse e dagli studenti fuori sede tornati al luogo di residenza: è a tale fine prioritaria una ricognizione – non in alternativa ma quantomeno prima di spendere soldi per convenzionarsi con strutture private-  con le Forze dell’Ordine (per la Caserma di Castello-Allievi Carabinieri), con l’Università degli Studi, con l’Azienda Regionale al Diritto allo Studio, con l’Educandato statale di Poggio Imperiale”.

La richiesta al sindaco è che si attivi immediatamente con il presidente della Regione e il Ministro della Difesa, “per non giungere al possibile ricorso a soluzioni come i container nella zona di viale Guidoni, non prima di aver verificato la fattibilità di una requisizione a norma di legge, per interesse pubblico, di quelle strutture che sul territorio ci sono e sono destinate a rimanere vuote anche durante questa crisi, per l’immobilismo e la passività dell’Amministrazione in generale”.

Infine, le requisizioni. “Nella normativa governativa di emergenza è la soluzione primaria. Chiediamo di effettuarle”. Come? Intanto, i proponenti ritengono necessario predisporre un Piano di Requisizioni, da sottoporre al Prefetto, “che possa affrontare progressivamente l’incremento, impossibile da prevedere, delle criticità e delle emergenze che includa anche strutture dismesse come l’ex clinica Santa Chiara di Piazza Indipendenza e le quasi 200 strutture prefabbricate del campeggio di Rovezzano, se proprio dovremo dedicare spazi in container alle famiglie in difficoltà”.

Ultima proposta: requisire “gli STUDENT HOTEL del nostro territorio, a partire da quello di Viale Lavagnini. Queste strutture, come si stanno rendendo conto ben prima di noi altri Paesi europei che stanno procedendo alla requisizione di queste attività, hanno una organizzazione perfetta per affrontare una crisi epidemiologica. La Cina, che viene spesso citata come esempio da seguire, ha istituito dopo 8 giorni dalla prima emergenza strutture di quarantena centralizzate, utilizzando alberghi e dormitori per studenti. Si tratta, di norma, di strutture costruite per una doppia funzione. La prima è costituita da appartamenti di medie dimensioni autonomi e con limitati spazi in comune, che possono avere cucina e bagni indipendenti, l’altra con camere da albergo, con percorsi distinti e adatti ad isolare completamente o ridurre i contatti con l’esterno delle persone senza penalizzare eccessivamente le persone. Inoltre, in alcuni casi vi sono anche vere e proprie strutture a supporto della residenza che in un momento come questo possono rivelarsi molto utili”.

Costi delle requisizioni – Infine, i costi. “Precisiamo che nel decreto è prevista una indennità del 0.42% mensile del valore dell’immobile, e non del valore dell’attività che si svolge all’interno. Facciamo un esempio: un immobile di 10 milioni di euro costerà 42.000,00€ al mese, poco più del costo che il Comune sta sostenendo per le casette prefabbricate a Novoli. Come abbiamo già detto, questo dimostra che prima di arrivare a spendere quei soldi ci sarebbero state molti altri interventi fattibili, con risultati quantomeno paragonabili”.

Tirando le fila, “ben vengano le casette prefabbricate e gli accordi con gli albergatori –  dicono gli esponenti della sinistra – ma ci sarebbero tante altre possibilità: un piano d’emergenza è quello che serve, che sappia utilizzare ogni strumento, non pensare all’oggi ma al peggio che potrebbe accadere domani. Così davvero si tutela una comunità, si mira a soddisfare l’interesse pubblico della cittadinanza che si è chiamati ad amministrare, e in una ottima sintesi di solidarietà e reciproco supporto si riesce anche ad essere di aiuto per quelle popolazioni che oggi, e domani, saranno più colpite dalla crisi economica, sociale e sanitaria che stiamo vivendo”.

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