L’idea di scrivere questo pezzo sulle lettere dei condannati a morte della Resistenza mi è venuta leggendo un saggio di Francesco Cassano. Scrive l’Autore, a proposito di una sua conferenza agli studenti delle scuole superiori: Uno dei libri più venduti in quell’anno era “La casta”, un ritratto crudo e impietoso dell’incredibile selva di privilegi di cui i politici italiani si sono circondati in questi decenni (commento mio: denuncia sacrosanta, bisogna però evitare di cadere nel qualunquismo, molti politici sono onesti e lavorano nell’interesse di noi tutti). La mia intenzione però era quella di dimostrare che la politica può essere qualcosa di molto diverso … Pensai di leggere alcuni brani delle “Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana”… Quei documenti li avevano invece messi di fronte a una passione civile che per molti loro coetanei del ’43-45 era stata così importante da sacrificarle la vita”.
E’ una lettura che io feci molti anni fa, insieme a quelle dei condannati a morte della Resistenza europea. Le lessi con commozione anche ai miei figli. Ora ne riprendo qualche brano, penso che pochi fra i lettori le conoscano, e vale proprio la pena di conoscerle.
Albino Albico, di anni 24, operaio fonditore, organizzatore dei GAP di Baggio (Milano), torturato dai fascisti della “Muti”, fucilato il 28 agosto 1944: Carissimi mamma, papà, fratello sorella e compagni tutti, mi trovo senz’altro a breve distanza dall’esecuzione. Mi sento però calmo e muoio con l’animo tranquillo. Contento di morire per la nostra causa: il comunismo e per la nostra cara e bella Italia. Il sole risplenderà su noi “domani” perché tutti riconosceranno che nulla di male abbiamo fatto noi. Voi siate forti come lo sono io e non disperate. Voglio che voi siate fieri ed orgogliosi del vostro Albuni che sempre vi ha voluto bene.
Raffaele Androni, di anni 20, meccanico, partigiano nella brigata Garibaldi, zona di Firenze, catturato da reparti della “Muti”, fucilato il 3 maggio 1944: Cari miei, sono le ultime ore della mia vita e le ho dedicate tutte a voi e a Dio. …. Per la mia famiglia, per la mia Patria, dico però con sincerità che ho amato l’una e l’altra con amore più di quegli uomini che oggi mi tolgono la vita. …. Vi ho tutti qui nella mente. Lilia, tu prega per me ed io per voi. Tanti baci ai piccoli: Ugo, Licia. Tanti baci a voi tutti, addio per sempre.
Arnoldo Avanzi, di 22 anni, impiegato, appartenente alla 77° brigata SAP, arrestato da elementi della Brigata Nera, torturato, fucilato il 17 aprile 1945: Carissimi, non piangetemi, sono morto per la mia idea, senza però far nulla di male alle cose ed agli uomini. Non odio nessuno e non serbo rancore per nessuno, ci rivedremo in cielo.
Giordano Cavestro, di 18 anni, studente, partigiano nella zona di Parma, fucilato il 4 maggio 1944: Cari compagni, ora tocca a noi. Andiamo a raggiungere gli altri tre gloriosi compagni caduti per la salvezza e la gloria d’Italia. Voi sapete il compito che vi tocca. Io muoio, ma l’idea vivrà nel futuro, luminosa, grande e bella. Se vivrete, tocca a voi rifare questa povera Italia che è così bella, che ha un sole così caldo, le mamme così buone e le ragazze così care. La mia giovinezza è spezzata ma sono sicuro che servirà da esempio.
Bruno Cibrario, di 21 anni, disegnatore, partigiano nelle SAP operanti a Torino, fucilato dai militi della GNR con altri nove partigiani: Sandra carissima, dopo appena sette giorni dal mio arresto mi hanno condannato a morte, stamani. Non mi dispero per la mia sorte. Ho agito in piena coscienza di ciò che mi aspettava. Il tuo ricordo è stato per me di grande conforti in questi terribili giorni. …. Tu sei la prima ragazza che abbia detto qualcosa al mio cuore……Io ti amo, ti amo disperatamente….. La nostra idea trionferà ed io avrò contribuito un poco. Sii felice, è il mio grande desiderio. Bruno.
Costanzo Ebat, di 33 anni, tenente colonnello d’artiglieria, partigiano nel Lazio, torturato, fucilato il 3 giugno 1944 insieme ad altri cinque: Mario, mio piccolo Ninì, come vedi il tuo papalino se ne va senza poterti parlare come vorrebbe, ma ti scrive ancora una volta, una letterina solo per te, come sempre tu mi chiedevi. Il mio sogno era quello di vederti crescere, di istruirti a tuo modo; forgiarti alle tue idee e ai tuoi sentimenti. Ma tutto è perduto. … Sappi, e non dimenticarlo, che il tuo papalino se ne va sorridendo, fiducioso e senza un attimo solo di debolezza, da uomo forte di nervi e di animo, sicuro di aver fatto fino all’ultimo istante il suo dovere verso la Patria amata. Sii un uomo forte e fiero, buono e giusto. Ti bacia tanto teneramente. Il tuo papalino Costanzo.
Walter Fillak, di 24 anni, studente, comandante della VII divisione Garibaldi, impiccato il 5 febbraio 1945: Mia cara mamma, è la mia ultima lettera: Molto presto sarò fucilato. Ho combattuto per la liberazione del mio Paese e per affermare il diritto dei comunisti alla riconoscenza ed al rispetto di tutti gli italiani. Muoio tranquillo perché non temo la morte. Il mio abbraccio a te e a Liliana, saluta la mia fidanzata Ines. Addio. Walter.
Paola Garelli, di 28 anni, pettinatrice, partigiana nelle SAP in Liguria, fucilata il 1 novembre 1944: Mimma cara, la tua mamma se ne va pensandoti e amandoti, mia creatura adorata, sii buona, studia ed ubbidisci sempre agli zii che t’allevano, amali come se fossi io. Io sono tranquilla. … Abbraccio con il pensiero te e tutti, ricordandovi. La tua infelice mamma.
Oggi possiamo trovare i nomi di alcuni di questi ragazzi sulle insegne delle strade di molte delle nostre città e dei paesi; a volte anche sulle lapidi che ricordano eccidi di partigiani.
Delle lettere europee ne ricorderò solo una, quella di una ragazza russa, perché mi ha particolarmente commosso. Era una partigiana in un gruppo di giovani che, dietro le linee nemiche, compivano azioni di sabotaggio contro i tedeschi; all’inizio del 1943, catturata e a lungo torturata, poco prima della fucilazione scrisse: Addio, mamma, tua figlia Liuba se ne va nell’umida terra.
Erano tempi eccezionali. E ragazzi coraggiosi hanno offerto il loro estremo sacrificio per tener fede ai loro ideali.
In questi tempi meno eccezionali ricordiamo una citazione da Don Lorenzo Milani:
A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca?